loredanafina

Dal libro: "MOS ME LE non lasciarmi" di Caterina Camarda- Ed. Color&more - (le pagine più interessanti) 3^ PUBBLICAZ.


Pag. 25Un rumore mi svegliò, qualcuno aveva chiuso la porta ma senza girare la chiave, ormai non serviva più. Mi ritrovai in camera stesa sul letto, forse ero svenuta, non ricordavo più cosa fosse successo dopo lo sparo, fuori era quasi buio e il vassoio della cena era sulla scrivania. Cercai di alzarmi, mi faceva male la testa e sentivo il corpo pesante, scesi dal letto ma la caviglia mi tradì e caddi a terra. Mentre massaggiavo il piede mi resi conto di non avere più le scarpe, qualcuno me le aveva tolte e le aveva fatte sparire, non erano nè a terra nè sotto il letto e al loro posto c'era un paio di ciabatte bianche da infermiere. Mi alzai lentamente, presi il bicchiere di acqua e zucchero dal comodino e lo bevvi tutto."Sono in un covo di assassini..." pensai, "e ho ammazzato un uomo..." tremavo, "ammazzeranno anche me..." ero sconvolta.Mi guardai gli abiti, erano sporchi di sangue e appiccicati addosso, inoltre da due giorni indossavo la stessa roba, puzzavo di sudore e mi sentivo tra i capelli l'odore acre di quell'uomo, così pensai di farmi una doccia, credendo che per quel giorno il peggio fosse passato. Non era così. Stavo uscendo dal bagno con l'accappatoio addosso mentre mi strofinavo i capelli con un asciugamano, posavo appena il piede a terra, " Ciao bella..." La guardia del corpo del capo era lì davanti a me, il capo era dietro di lui, al centro della stanza, non li avevo sentiti entrare. Feci un passo indietro lasciando cadere l'asciugamano, ma lui mi bloccò contro la parete dell'antibagno, il suo viso sfiorava il mio."Che...che vuoi fare..." balbettai spaventata.Mi prese di peso stringendomi le braccia al busto."No! No!" cominciai a urlare cercando di divincolarmi, "Lasciami!" il cuore in gola.Mi scaraventò sul letto, le gambe penzoloni, poi salì su di me tenendomi ferma e, quando il capo si mise sopra le mie cosce, lui si spostò indietro oltre la testa, in ginocchio, tenendomi per i polsi. Non riuscivo a muovermi."C'è ancora una cosa che non hai capito bene...." disse lui piano slegando la cintura dell'accappatoio.Tremavo in preda al panico, non potevo credere che stesse accadendo davvero."Adesso ti spiego cosa devi fare quando te lo chiedo..." Aprì lentamente l'accappatoio mentre io mi dimenavo, i suoi occhi erano spalancati e le labbra gonfie, cominciò a passare le sue mani dappertutto."No! No!" urlavo cercando di liberarmi."Tienila ferma!" ordinò e il ragazzo strinse ancora più forte la presa."Aaah!" urlai dal dolore, mi sentii quasi spezzare le braccia all'indietro.Si stese sopra di me, tentò di baciarmi le labbra ma io girai la testa di scatto, lui me la bloccò  di lato leccandomi prima la guancia poi la bocca e insistendo per farmela aprire ma io serravo forte, le lacrime agli occhi. Poi portò le sue labbra più in basso, baciando e leccando ogni parte del mio corpo. Io urlavo, mi dimenavo, lo pregavo di lasciarmi stare, poi lo insultavo e di nuovo lo pregavo, ma lui andava avanti imperterrito, completamente assordato dall'eccitazione.Improvvisamente si tirò su e slacciò i pantaloni, poi mi allargò le gambe."Oddio, no!" scoppiai a piangere, "Non farlo! Ti prego, non farlo! Non farlo! urlai singhiozzando disperata.Ma lui era ormai in preda al delirio e spinse forte, così forte da togliermi il respiro per qualche istante, sentii un dolore che non avrei mai pensato di poter sentire. Inarcai la schiena e buttai la testa ll'indietro, sbattendola ripetutamente, poi, contro le ginocchia del ragazzo che mi teneva i polsi.Credevo non sarebbe finita mai, invece finì. E quando ebbe finito si girò a riposare un momento sul letto, al mio fianco. Io chiusi le gambe. Avevo smesso di urlare, avevo smesso anche di piangere, non mi dimenavo più, così il ragazzo mollò i miei polsi e scese dal letto, posai le mani sul bassoventre girandomi di lato e stringendomi su me stessa. Anche il capo scese dal letto, si diede una pulita con l'angolo dell'accappatoio e tirò su i pantaloni, poi guardò in alto sopra la scrivania con un ghigno, quindi si sistemò i capelli e uscì. Io non mi mossi, rimasi così, tutta rannicchiata sul letto, per parecchio tempo anche dopo che i due se ne furono andati. Volevo solo morire.