loredanafina

Dal libro: "Diceria dell'Untore" di Gesualdo Bufalino- Sellerio Ed. Le pagine più interessanti. 12^ PUBB.


12^ PUBBLICAZIONE Di ritorno nella mia stanza mi buttai sul letto a pensare e m'addormentai a tradimento, con un braccio serrato sugli occhi. La stanza era scura quando mi svegliai. Scura e unida. Guardai fuori e vidi un cielo tanto nero, non capivo cos'era. Quand'ecco un odore che avevo già sentito prima, senza decifrarlo, entrare nel mio sonno, s'illuminò d'improvviso, e fu odore di piccola pioggia sull'erba, odore di nebbia, fioca aria di temporale lontano. Allora uscii sulla veranda e m'affacciai a guardare il giardino. Era buio, il giardino, ma distinsi il lustrare di una cesoia dimenticata nell'erba, percepii la soddisfazione delle radici dentro la terra bruna e bagnata. E' piovuto, ecco dunque l'autunno. Bisogna che parta, mi dissi, troppo tempo ho perduto fra i morti, simulandomi morto, scordandomi dell'ironia. E ripensai a un vecchio del mio paese, un Ecce Homo da Venerdì Santo, che pagavano per mimare ogni anno sul sagrato una posticcia Mort'e Passione. Amava, dopo la recita pavoneggiarsi un poco fra la folla nella divisa divina, prima di restituirsi alla sua bottiglia di peccato feriale. Chissà se è morto, mi chiesi, chissà se la parte è vacante...Intanto quieta quieta veniva giù di nuovo  la pioggia. Io restavo col capo sporto fuori a metà, sotto l'acqua che gocciava dai coppi del tetto, e mi sentivo stranamente lieto. O pago, piuttosto, mentre guardavo nel giardino il prato imbeversi ancora e l'acqua battere il suo mite alfabeto sulle sedie di ferro rovesce, sul fogliame e gli aghi degli alberi.E mi dicevo che l'estate era finita, e la mia gloria insieme. E che di tante febbri, e frasi, e fazzoletti zuppi di lacrime e sangue, perfino il ricordo presto si sarebbe consumato, una vacanza era stata, una debolezza del cuore che voleva educarsi a morire. Come tutte le grandi pesti, anche questa infima mia finiva con una pioggia. In compagnia dell'acqua che mi colava dai capelli e mi rigava le gote, il male si scorporava da me, se ne andava. Ma con esso ogni resto d'orgoglio; con esso, forse, la gioventù. Mi attendevano altre strade, domani. Facili, rumorose, comuni. Le mezze fedi, le false bandiere. Mi ci sarei rassegnato, che altro potevo fare? Poichè la seduzione del nulla era inutile, riluttando il cuore per tanti segni a farsene persuadere. E l'infelicità, col suo miele amaro, neppure essa serviva più._______________________________________________DA QUI IN POI SI SNODA L'ULTIMO MERAVIGLIOSO CAPITOLO DAL QUALE NON PUBBLICHERO' PAROLA ALCUNA, NEL RISPETTO DI QUEI LETTORI CHE DESIDERASSERO LEGGERE QUESTO LIBRO PER INTERO._______________________________________________                                   F I N E_______________________________________________PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO:DAL LIBRO "LA RABBIA E L'ORGOGLIO" DI ORIANA FALLACI (BUR RIZZOLI ED.)