loredanafina

SEGUE AI LETTORI 2


Quell'11 Settembre pensavo al mio bambino (il suo cancro che le avevano da poco diagnosticato) , dunque, e superato il trauma mi dissi:"Devo dimenticare ciò che è successo e succede" Devo occuparmi di lui e basta. Sennò lo abortisco". Così, stringendo i denti, sedetti alla scrivania. Ripresi in mano la pagina del giorno prima, cercai di riporportare la mente ai miei personaggi. Creature d'un mondo lontano, di un'epoca in cui gli aerei e i grattacieli non esistevan davvero. Ma durò poco. Il puzzo della morte entrava dalle finestre, dalle strade deserte giungeva il suono ossessivo delle abmulanze, il televisore lasciato acceso per l'angoscia e lo smarrimento lampeggiava ripetendo le immagini che volevo dimenticare. E d'un tratto uscii di casa. Cercai un taxi, non lo trovai, a piedi mi diressi ver le Torri che non c'erano più, e.....Dopo non sapevo che fare. In che modo rendermi utile, servire a qualcosa. E proprio mentre mi chiedevo che-faccio, che-faccio, la Tv mi mostrò i palinsesti che pazzi di gioia inneggiavano alla strage. Berciavano Vittoria-Vittoria. Poi qualcuno mi raccontò che in Italia non pochi li imitavano sghignazzando bene-agli-americani-gli-sta-bene e allora, con l'impeto d'un soldato che si lancia contro il nemico, mi buttai sulla macchina da scrivere. Mi misi a fare la sola cosa che potevo fare. Scrivere. Appunti convulsi, spesso disordinati, che prendevo per me stessa cioè rivolgendomi a me stessa. Idee,  ragionamenti, ricordi, invettive che dall'America volavano in Italia, dall'Italia saltavano nei paesi mussulmani, dai paesi mussulmani rimbalzavano in America. Concetti che per anni avevo imprigionato dentro al cuore e dentro al cervello dicendomi tanto-la-gente-è-sorda, non- ascolta, non-vuole-ascoltare. Sgorgavano come una cascata d'acqua ora. Ruzzolavano sulla carta come un irrefrenabile pianto. Perchè vedi: con le lacrime io non piango. Anche se un violento dolore fisico mi trafigge, anche se una pena lancinante mi strazia, dai miei sacchi lacrimali non esce nulla. Si tratta d'una disfunzione neurologica, anzi d'una mutilazione fisiologica, che mi porto dentro da oltre mezzo secolo. Cioè dal 25 settembre 1943, il sabato in cui gli Alleati bombardarono per la prima volta Firenze e commisero un mucchio di errori. Anzichè centrar l'obbiettivo cioè la ferrovia che i tedeschi usavano per il trasporto delle armi e delle truppe, colpirono il quartiere attiguo e l'antico cimitero di piazza Donatello. Il Cimitero degli inglesi, quello dove è sepolta Elizabeth Barrett Browning. Io ero col babbo presso la Chiesa della Santissima Annunziata che da piazza Donatello dista appena trecento metri, quando le bombe incominciarono a cadere. Per sfuggirvi ci rifugiammo lì, e chi lo conosceva l'orrore d'un bombardamento?  Ad ogni scarica le solide mura della Chiesa oscillavano come alberi investiti dalla bufera, le vetrate si spaccavano, l'impiantito sobbalzava, l'altare dondolava, il prete urlava:"Gesù! Aiutaci, Gesù!". D'un tratto presi a piangere. In maniera tacita, bada bene, composta. Niente gemiti, niente singhiozzi. Ma il babbo se ne accorse lo stesso e credendo di aiutarmi, povero babbo, fece una cosa sbagliata. Mi tirò uno schiaffo tremendo. Dio, che schiaffo. Peggio. Mi fissò negli occhi, mi sibilò: "Una ragazzina non piange". Così dal 25 settembre 1943 non piango più. Ringraziare il cielo se all'occorrenza mi si inumidiscono gli occhi, mi si chiude la gola. Però dentro piango più di chi piange con le lacrime, e ciò che scrissi in quei giorni era davvero un irrefrenabile pianto. Sui vivi, sui morti. Su quelli che sembrano vivi ma in realtà sono morti come gli italiani che non hanno le palle per cambiare, diventare un popolo da trattar con rispetto. Ed anche su me stessa che, giunta all'ultima fase della mia vita devo spiegare perchè in America ci sto in esilio e perchè in Italia ci vengo di soppiatto.Poi, piangevo da una settimana, il direttore del giornale venne a New York. Ci venne per convincermi a rompere il silenzio che avevo già rotto, e glielo dissi. Gli mostrai addirittura gli appunti convulsi, disordinati e lui s'infiammò come se avesse visto Greta Garbo che tolti gli occhiali neri si esibisce alla Sala in licenziosi strip-teese. o come se avesse visto il pubblico già in fila a comprare il giornale, pardon, per accedere alla platea e ai palchi e al loggione. Infiammato mi chiese di continuare, cucire tutto con gli asterischi, farne una specie di lettera rivolta a lui, mandargliela appena pronta. E pungolata dal dovere civile, dalla sfida morale, dall'imperativo categorico, accettai._______________________________