loredanafina

SEGUE AI LETTORI 11


Dulcis in fundo, io campo sui miei libri. Sui miei scritti. Campo sui miei Diritti d'Autore e ne vado fiera. Ai miei Diritti d'Autore ci tengo anche se la percentuale che un autore riceve su ogni copia venduta è una percentuale davvero modesta anzi irrisoria.Una cifra che specialmente sui paperback (sulle traduzioni ancora peggio) non basta a compare mezza matita anzi un terzo di matita, da un foglio di Allah che vende le matite lungo i marciapiedi e che non ha mai sentito parlare di "Le Mille e una Notte". I miei Diritti d'Autore li voglio. Li ricevo, e del resto senza quelli, le matite lungo i marciapiedi dovrei venderle io. Ma non scrivo per soldi. Non ho mai scritto per soldi. Mai! Neanche quando ero giovanissima e avevo acuto bisogno di denaro per aiutare la mia famiglia a tirare avanti nonchè per mantenermi all'università, facoltà di Medicina, che a quel tempo costava parecchio. A diciassette anni fui assunta, come cronista, in un quotidiano di Firenze. E a diciannove o giù di lì fui licenziata in tronco per aver respinto il principio dell'orrenda parola "pennivendolo". Eh, si. Mi avevano ingiunto di scrivere un pezzo bugiardo su un comizio d'un famoso leader nei riguardi del quale, bada bene, nutrivo profonda antipatia anzi avversione. (Togliatti). Prezzo che, bada bene, non dovevo firmare. Scandalizzata dissi che le bugie io non le scrivevo, e il direttore (un democristiano grasso e borioso) rispose che i giornalisti erano pennivendoli tenuti a scrivere le cose per cui venivan pagati. "Non si sputa nel piatto in cui si mangia". Replicai che in quel piatto poteva mangiarci lui, che prima di diventare una pennivendola sarei morta di fame, e subito mi licenziò. La laurea in Medicina non la presi anche per questo. Ossia perchè mi trovai senza lo stipendio necessario a pagare le tasse dell'università. No, nessuno è mai riuscito a farmi scrivere una riga per soldi. Tutto ciò che ho scritto nella mia vita non ha mai avuto niente a che fare con i soldi. Mi sono sempre resa conto che a scrivere si influenzano i pensieri e le azioni di chi legge più di quanto si influenzano con le bombe o con le baionette, e la responsabilità che deriva da tale consapevolezza non può essere esercitata pensando ai soldi o in cambio di soldi. La straziante fatica che in quelle settimane distrusse il mio corpo malconcio non me la imposi certo in cambio di soldi. Tantomeno misi il mio bambino cioè il mio impegnativo romanzo a dormire per guadagnare più del poco che guadagno coi miei Diritti d'Autore e qui viene il bello.Viene perchè, quando il direttore infiammato piombò a New York e mi chiese di rompere il silenzio già rotto, non parlò di soldi. Ed io gli e ne fui grata. Giudicai addirittura elegante che egli non toccasse un simile tasto a proposito d'un lavoro che oltre a prender l'avvio da migliaia di creature incenerite si proponeva (da parte mia) di sturare le orecchie dei sordi, aprire gli occhi dei ciechi eccetera. Qualche giorno dopo la pubblicazione, però, mi fu detto a bruciapelo che il compenso per la straziante fatica era pronto. Un compenso molto-molto-molto-lauto. Così lauto (la cifra non la conosco e non la voglio conoscere) che sarebbe stato superfluo rimborsarmi le forti spese sostenute con le telefonate intercontinentali. Bè: sebbene comprendessi che secondo le leggi dell'economia pagarmi era giusto, (non a caso gli articoli scritti dai miei detrattori per quel giornale sono stati regolarmente e profumatamente pagati), il molto-molto-molto-lauto compenso io lo rifiutai. Tout-court. Meglio: prima di rifiutarlo provai lo stesso imbarazzo e lo stesso stupore del giorno in cui,quattordicenne, appresi che l'Esercito Italiano intendeva pagarmi il congedo di soldato semplice perchè avevo combattuto i nazi-fascisti nel Corpo Volontari della Libertà. (L'episodio di cui parlo nel piccolo libro a proposito dei soldi finalmente accettati per comprare le scarpe che nè io nè le mie sorelline avevamo). Bè... So che il direttore pentito c'è rimasto di sale come la moglie di Lot. Ma sia a lui che a chi legge l'eretica dice: ora le scarpe ce l'ho. E, se non le avessi, preferirei camminare scalza piuttosto che trovarmi in tasca i soldi di quell'articolo. Anche ad accettar mezza lira, mi sarei insudiciata l'anima. New York, novembre 2001                                      Oriana Fallaci                                        _____________________