loredanafina

dal libro: UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA di Tiziano Terzani - Ed Longanesi Milano


TERZA PUBBLICAZIONE PAG. 17Non persi mai fiducia nei medici a cui mi ero affidato, anzi. Ma più li conoscevo, più sentivo che erano come violini cui mancava una corda e che loro stessi erano intrappolati in una visione estremamente meccanicistica del problema e perciò della sua soluzione. Alcuni capivano le mie perplessità e si divertivano a certe mie osservazioni. Ad esempio: perchè non rivedere le parole con cui ci si esprime? Potrebbe servire, dicevo. Tutto il linguaggio che circonda questa malattia è un linguaggio di guerra e io stesso all'inizio l'avevo usato. Il cancro è un "nemico" da "combattere"; la terapia è una "battaglia". Il "male" è sempre visto come qualcosa di estraneo che viene dentro di noi a far pasticci e che quindi va distrutto, eliminato, cacciato via. Già dopo alcune settimane di frequentazione col cancro, quella visione non mi piaceva, non mi soddisfaceva più.A forza di starci assieme, quel mio interno visitatore mi pareva fosse diventato parte di me, come le mie mani, i piedi e la testa su cui, a causa della chemioterapia, non avevo più un capello. Più che dargli addosso, a quel cancro, nelle sue varie incarnazioni, mi veniva da parlarci, da farmelo amico; se non altro perchè avevo capito che in un modo o in un altro lui sarebbe rimasto lì, magari sonnolento, a farmi compagnia per il resto del cammino."La mattina quando vi alzate, fate un sorriso al vostro cuore, al vostro stomaco, ai vostri polmoni, al vostro fegato. Dopo tutto, molto dipende da loro", avevo sentito dire da Thuch -Nhat Hanh, un famoso monaco buddista vietnamita, passato una volta da Delhi a parlare di meditazione. Non sapevo, allora, quanto quel consiglio mi sarebbe stato utile. Ogni giorno mi misi a sorridere all'ospite dentro me. Più stavo con la scienza e la ragione, più mi cresceva dentro la curiosità per la magia e la follia delle "alternative" che avevo scartato all'inizio. Non certo perchè credessi di aver sbagliato strada (è la prima che suggerirei a tutti di prendere in considerazione), ma perchè sentivo che quella strada, pur essendo probabilmente la migliore, aveva i suoi limiti e che altrove, percorrendo altre vie, potevo trovare qualcos'altro: non certo qualcosa di "alternativo", ma forse qualcosa di complementare.E così, appena i medici-aggiustatori di New York mi dissero di aver completato le loro riparazioni e che per tre mesi non volevano rivedermi - tre mesi! mi parevano un'eternità -, corsi via in quella direzione._________________________________PAG. 18Dopo tutti i colpi che gli avevo inferto, dovevo ridare al mio organismo un pò di pace; dovevo disintossicarlo da tutti i veleni che gli avevo somministrato come cura e sopratutto dovevo mettere la mia mente, abituata ormai alla solitudine, in sintonia con il mondo. Viaggiare era per me il modo più ovvio di farlo. Così mi misi in cammino con l'idea di andare a vedere tutti gli altri tipi di medicine, di cure e di miracoli che avrebbero potuto servire al mio caso.La prima cosa che feci fu tornare in India dove la vita è sempre più naturale, dove l'umanità è ancora la più varia, dove il tempo è più lungo, dove il vecchio sopravvive accanto al nuovo e dove il vivere e il morire sembrano essere un'esperienza più antica che in ogni altra parte della Terra. __________________________________ PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO