loredanafina

dal libro: UN ALTRO GIRO DI GIOSTRA di Tiziano Terzani - Ed Longanesi Milano


QUARTA  PUBBLICAZIONE PAG. 20 Decisi di passare tre mesi in un ashram a studiare un po' di sanscrito e a riflettere su quella che è ovviamente la sola, grande domanda che l'uomo si è sempre posto e che è al centro del Vedanta, la parte finale dei Veda, il succo filosofico delle più antiche scritture sacre dell'India: "Io, ci sono?" Siccome la risposta non era certo "Io sono un giornalista del tal giornale, l'autore di quel libro, o l'ammalato di quella malattia", provai anche formalmente, a non essere più quel che ero stato, a non chiamarmi più col mio nome, a non avere un passato e a diventare semplicemente "Anam", il Senzanome: un nome approssimativo, mi parve, per concludere una vita tutta spesa a cercare di farmene uno!E' uno strano esperimento quello di non esssere più il sè a cui si è abituati, di non poter più ricorrere a quel che si è stati, a quel che si è fatto, a dove si è nati o a chi si conosce, per identificarsi, definirsi e stabilire dei rapporti, anche elementari, con chi si incontra. E' un esercizio, questo, da provare: magari durante le vacanze! PAG. 21 Come tanti altri, sono uno che senza troppi pregiudizi, senza paura del nuovo o del ridicolo, cerca. Cercando, ho forse trovato la cura perfetta per il mio cancro? Certo no, ma almeno ora son sicuro che quella cura non esiste, perchè non esistono scorciatoie a nulla: non certo alla salute, non alla felicità o alla saggezza. Niente di tutto questo può essere istantaneo. Ognuno deve cercare a modo suo, ognuno deve fare il proprio cammino, perchè uno stesso posto può significare cose diverse a seconda di chi lo visita. Quel che può essere un amedicina per uno può essere niente o addirittura un veleno per l'altro: specie quando si lascia il campo, in qualche modo collaudato, della scienza e ci si avventura in quello, ormai affollato, di profittatori, ciarlatani e impacchettatori d'aria fritta, delle "cure" alternative.Son tornato, dopo tanto viaggiare, al punto di partenza? A credere solo nella scienza e nella ragione? Son tornato a pensare che il modo occidentale di affrontare i problemi è il migliore? Niente affatto. Ora più che mai penso che miente è da escludere a priori e che è sempre possibile trovare qualcuno o qualcosa di prezioso nei luoghi e nelle circostanze più imprevedibili. I miracoli? Certo che esistono, ma sono convinto che ognuno deve essere l'artefice del proprio miracolo. Sopratutto sono convinto che la nostra conoscenza del mondo e di noi stessi è ancora estremamente limitata e che dietro le apparenze, dietro i fatti, c'è una verità che davvero ci sfugge, perchè sfugge alla rete dei nostri sensi, ai criteri della nostra scienza e della nostra cosiddetta ragione.Indubbiamente l'Occidente ha fatto grandi progressi nel conoscere il corpo, anche se mi lascia sempre più perplesso il fatto che alla radice della nostra medicina c'è l'anatomia, una scienza fondata sulla dissezione dei cadaveri, e mi chiedo come sia possibile capire il mistero della vita partendo dallo studio dei morti.Ma l'Occidente non ha fatto alcun progresso, anzi, forse è andato a ritroso nella conoscenza di tutto quell'invisibile, immisurabile, imponderabile che sta dentro e al di là del corpo, che lo sostiene, che lo lega a tutte le altre forme di vita e lo rende parte della natura. Psicanalisi e psicologia sono scienze che si muovono ancora soltanto sulla superficie di quell'invisibile, come si sentissero imbarazzate davanti al gran mistero che nessuna scienza, proprio perchè tale, potrà mai affrontare. PAG. 22Per questo la ricerca medica non ha altra scelta che quella di scendere sempre più nel particolare, di passare dal piccolo al sempre più piccolo. Ma non dovrebbe una qualche altra ricerca non necessariamente scientifica, andare in senso opposto: dal più piccolo al grande?Forse perchè inconsciamente volevo vedere il mio problema anche in una dimensione diversa da quella della cellula impazzita, e forse perchè cercavo una soluzione diversa da quella di un interruttore guasto in un codice DNA, son finito in una piccola casa di pietra dalle pareti di fango nell'Himalaya. E là, col cuore più leggero che abbia mai avuto, senza desideri, senza ambizioni e con una grandissima pace addosso, ho visto sorgere il primo sole del nuovo millennio come fosse quello della Creazione, mentre alcune delle pià alte vette del mondo uscivano da un'oscurità cosmica per accendersi di rosa come per ridare speranza nell'eternità del mascere e del morire. Mai prima avevo sentito gli dei così vicini.Per settimane e settimane, a volte con un sole primaverile, a volte con la neve alta un metro fuori dalla porta e i lecci e i rododendri come immobili giganti di ghiaccio, sono stato ospite di un ultraottantenne, coltissimo indiano che nella sua vita non ha fatto nient'altro che riflettere sul senso della vita e che, dopo aver incontrato tutti i grandi maestri del suo tempo, vive lì da solo, convinto che il vero, grande Maestro è quello che ognuno ha dentro di sè. La notte, quando il silenzio è talmente denso che sembra rimbombare, si alza, accende una candela e ci si siede dinanzi per un paio d'ore. A che fare?"A cercare di essere me stesso", hi ha risposto. "A sentire la melodia"  PAG. 23Ogni tanto, dopo la sua passeggiata del pomeriggio nella foresta sulle orme del leopardo che una notte gli aveva mangiato il cane da guardia, saliva le mie scale di legno e io su una piccola bombola a gas riscaldavo l'acqua presa da una fonte vicina per preparare due tazze del tè cinese che mi porto sempre dietro."Tutte le forze, quelle visibili e quelle invisibili, quelle tangibili e quelle intangibili, quelle maschili e quelle femminili, quelle negative e quelle positive, tutte le forze dell'universo hanno fatto sì che noi due in questo momento potessimo sederci qui, dinanzi al fuoco del camino, a bere tè", diceva, scoppiando in una risata che di per sè era una gioia. E da lì, citando Plotino o Boezio, le Upanishad, un verso della Bhagavad Gita, di William Blake o di un mistico sufi, partiva per delle sue personalissime teorie sull'arte e la musica o per una confessione del suo "peccato originale": quello di aver sempre considerato l'"essere" molto più importante del fare"."E la melodia?" gli ho chiesto un giorno."Non è facile. Bisogna prepararsi e a volte la si sente: è la melodia della vita dentro, la vita che sostiene tutte le vite, la vita dove tutto ha il suo posto, dove tutto è integrato: il bene e il male, la salute e la malattia, la vita interna dove non c'è nascita e non c'è morte".  PAG. 24 Col passare dei giorni, da solo a guardare le straordinarie montagne, sempre li, immobili, simbolo della più grande stabilità, eppure anche loro continuamente diverse e impermanenti come tutto in questo mondo, e con sullo sfondo la presenza di quella bella, vecchia anima incontrata per caso, ho sentito che quel mio lungo e tortuoso viaggio, cominciato nell'ospedale di Bologna, era finito.Ho deciso di raccontarne la storia, innanzitutto perchè so quanto è incoraggiante l'esperienza di qualcuno che ha fatto già un pezzo della strada per chi si trovasse ora ad affrontarla; e poi perchè, a penssarci bene, dopo un pò il viaggio non era più in cerca di una cura per il mio cancro, ma per quella malattia che è di tutti: la mortalità.Ma anche quella è davvero una "malattia"? Qualcosa di cui temere, un "male" da cui star lontani? Magari no."Immagina come sarebbe affollato il mondo se fossimo tutti immortali e dovessimo restare a giro per sempre, e con noi ci dovessero essere, anche loro immortali, tutti quelli che ci hanno preceduto nei secoli!", disse un giorno il mio vecchio compagno durante una passeggiata nella foresta. "Si tratta di capire che la vita e la moste sono due aspetti della stessa cosa."Arrivare a questo è forse la sola vera meta de viaggio di cui io stesso non so granchè, tranne che la sua direzione - ora ne sono convinto - è dal fuori verso il dentro e dal piccolo sempre più verso il grande. Le pagine che seguono sono il racconto dei miei passi incerti. _____________________________________ PROSSIMA PUBBLICAZIONE AL PIU' PRESTO.