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UNA SOTTILE LINEA NERA


La sua mano ferma seguiva una linea invisibile. Sembra facile pelare una carota, ma rischi sempre di lasciare qualche brandello di pelle. Errore gravissimo,  perché poi sfigurerebbe, una volta bollita. Rimarrebbe una sottile linea nera, inspiegabile, esteticamente blasfema.Elena sapeva tutto questo e le sue mani seguivano una linea, invisibile anche se ben delineata nella sua mente. Era un passaggio ripetuto, metodico, inespressivo. E lei ne era consapevole. La cucina era silenziosa, i bambini erano usciti con la zia e lei poteva godersi quella serenità che in fin dei conti non aveva mai cercato. Elena era una ragazza energica, piena di vita, non era mai doma e dove c'era una festa c'era sempre lei...lontano dalla tranquillità, lontano dal silenzio che ora la violentava. Perché era li?Si era sposata con Guido nove anni prima, era stato tutto cosi bello, così veloce che trovarsi ora li, con quella  sottile linea nera da evitare, le sembrava cosi importante. Forse lo era. L'importanza delle piccole cose evita  guai irreparabiliMa lei pensava che sua madre, buona a dare consigli a chiunque passasse nel raggio di cinque metri, aveva fallito gran parte della sua vita, assecondando un marito minimo, involontario, che aveva pensato bene di annullare anche lei. Però lei era li, con quella carota, con quelle piccole cose che evitano guai irreparabili. Il silenzio rendeva il suo cuore la cosa più rumorosa dell'ambiente, inquieto e ripetitivo come il movimento della sua mano.A interrompere quel silenzio il rumore di una bicicletta, doveva essere il signor Edoardo che come ogni giorno usciva per andare a prendere il giornale. Perché andasse a quell'ora li Elena doveva ancora spiegarselo, era costatemente presente ogni giorno in quel minuto, in quel secondo, lui era li. In un ripetersi fastidioso e irreparabile. Come la mano di Elena, abbandonata a se stessa e ora priva di ogni istinto se non quello di far rigare dritto quel matrimonio.Lei amava Guido, lei non aveva mai amato nessuno oltre lui e a volte si chiedeva se quello era amore o semplice rifugio per sfuggirle. Ma era una domanda come le altre, era una domanda a cui negava risposte evidenti.Guido sarebbe tornato di li a poco, l'orologio segnava le 17.00, il sole di quel cielo d'aprile entrava ancora a far parte della sua cucina, le carote erano quasi finite. Nessuna riga nera per il momento. Elena sorrise compiaciuta.La macchina di Guido però cominciava a tardare e lei cominciò a muoversi nervosamente nella stanza.Ora le carote stavano cocendo dentro l’acqua che era quasi arrivata ad ebollizione, nessuna traccia di sottili linee nere per fortuna, ma Elena ora non dava più importanza a questa cosa. Ad un tratto la macchina arriva. Elena corre in giardino, noi restiamo qua per non disturbarli. Se guardiamo dalla finestra possiamo scorgere il viso di lui abbastanza scosso, un occhiata alla macchina per vedere se ha avuto un incidente. Nulla. Ora stanno parlando, le mani di Elena tremano vistosamente. La fermezza con cui prima sbucciava le carote ora è sparita.La pentola continua il suo percorso e i due continuano a discutere sempre più animatamente. Il tempo vola, quando ad un certo punto la porta sbatte.Elena è rientrata piangendo. Uno sguardo dalla finestra e vediamo Guido che fa retromarcia nel vialetto e si immette sulla strada. Una sgommata ci da la conferma della sua partenza.Le carote sono ormai cotte, Elena si avvicina alla pentola offuscata dalle sue lacrime e dal vapore delle carote comincia a scolarle.Il fumo piano piano scompare, lasciando le carote li, ferme in quel colapasta giallo che avevate comprato l’anno prima.Adagia le carote nel piatto e tra le lacrime di chi non si rassegna riesce a scorgere una sottile linea nera. Un errore, un fatale errore che aveva compromesso tutto il lavoro che con tanta cura lei aveva fatto.