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IL CANTAUTORE


Il cantautore era seduto sul letto, lo sguardo assente, il ventre duro da conati di vomito. Aveva ancora la musica in testa, ma l'avrebbe voluta scacciare, dimenticarla per sempre, la stanza era buia, solo una piccola luce sopra al comodino. E la musica continuava. Il cantautore borbottava frasi incomprensibili. Nella sua assenza c'era un forte dolore, un milione di domande in una testa senza neppure una risposta. Il cantautore non era solo, ma lui non lo sapeva ancora. Stanza 219. La notte aveva deciso di entrare nella storia e quell'uomo solo, ma non troppo, aveva deciso di fargli da tramite. Fissò la walther ppk, la sua pistola, ma con aria amichevole, come se volesse offrirle da bere. Rialzò lo sguardo e si accorse di quell'ombra, un ombra che lo aveva seguito dalla hall alla sua camera. Ma rimase tutto sfuocato. L'odore di lei ancora lo affascinava, perché forse lei lo aveva stregato e lui ne sentiva tutto lo strazio dentro. In questi casi un uomo sa come comportarsi, ma lui era più di un uomo e aveva più possibilità. Una era di fronte a lui. La voce che proveniva da quell'ombra era cupa, lenta ma allo stesso tempo rassicurante. Forse non era quello il momento di decidere, era troppo fragile, però decise. Mentre l'ombra, pacata lo rassicurava, prese la pistola, un gesto fulmineo, senza pensiero. E si sparò. Ci fu però un istante, una frazione di secondo prima dello sparo in cui sentì l'ombra farsi carne afferrargli il braccio e spingere con lui il grilletto, dopo che lui però aveva levato il dito. Provare dolore era l'unica sua preoccupazione, ma ne aveva provato già tanto prima, quel dolore che ti logora da dentro, quel veleno che ti fa morir piano piano. Morì in silenzio. Poi lo showman dice "lo spettacolo deve continuare" tutti applaudono e un ombra in platea sorride compiaciuta.