Legrottaglie ha fede: "Gioco, lo vuole Dio"
UDINE - Nicola Legrottaglie, il calciatore in forza alla Juventus, non
perde occasione per raccontare quanto la fede in Cristo lo abbia reso
una persona diversa e precisa all'inviato de La Stampa «la fede mi ha
cambiato la vita, perché Dio ha preso in mano la mia vita».S'era
perso per strada, Nicola Legrottaglie, nella vita e sul prato, poi ha
trovato il suo navigatore: «La Bibbia è il mio gps, me la porto sempre
dietro. Se non l'avessi sarei come un uomo senza cibo». Il
discotecaro che conobbe Gesù, per lui, non è un aneddoto che fece
notizia, due anni fa, ma un'esperienza da vivere tutti i giorni, da
atleta di Cristo: «La fede mi ha cambiato la vita, lo dico con
presunzione, anche quella trascorsa con il pallone, perché Dio ha preso
in mano la mia vita».Così, anche il cammino nel calcio diventa
una parabola cristiana, nelle sue parole: Chievo, Juve e Nazionale, poi
giù, Bologna e Siena e di nuovo in alto, in bianconero e in azzurro.
«Quando un figlio sta smarrendo la strada, i genitori lo puniscono e lo
perdonano: Dio ha fatto così come me». Ha fatto le sue penitenze,
risalendo nella Juve della serie B, poi in A e, stasera in Nazionale,
con la fondata speranza di giocarsela da titolare.«Se mi danno
l'opportunità - dice il difensore - devo giocarmela, perché il treno
non passa due volte». Anche se per lui, in fondo, questa è la seconda
occasione che gli capita, perché già s'era issato in alto, fino al quel
30 aprile 2003, pure con un gol nella partita contro la Svizzera.
Stavolta, all'orizzonte dei 32 anni, è un'altra vita, un'altra persona,
però: «Lippi ha sempre avuto fiducia in me, anche nei momenti brutti -
continua - e io posso solo ripagarlo sul campo. E poi devo ringraziare
la Juve e Ranieri». La casa dove s'è rilanciato, lavorando sodo, quando
stavano per spedirlo in Turchia, al Besiktas. E dove, anche quest'anno,
si sta guadagnando il posto: «So che nessuno ce l'ha assicurato - disse
a inizio stagione - e io sono un esempio di questo: lo scorso anno sono
partito ultimo e poi ho giocato sempre». Ranieri non se n'era
dimenticato: «Mi chiedevo che cosa gli fosse successo in quegli anni -
spiega il tecnico bianconero - perché uno non può disimparare a giocare
e quando arrivai alla Juve, Bettega mi disse che Nicola era uno che
aveva le qualità per starci, a questi livelli». Invece, all'inizio,
pareva sulla pista di decollo, con il ritorno di Criscito e l'acquisto
di Andrade: tutta gente sparita. Lui, no. Legrottaglie, ogni tanto, ci
ripensa: «Mi fermo a riflettere che avrei potuto essere in Turchia e
invece ora sono qui in Nazionale: se ripenso a dove ero tre anni fa, mi
viene da sorridere e da riflettere. Prendere le batoste, serve:
guardate il carattere che s'è formato nella Juve durante l'anno della
B. E se siamo qui, se sono qui, vuol dire che il lavoro paga».Perché
tre anni fa, girato a gennaio a Bologna poi a Siena, si sentiva
disperso: «Tante volte mi è mancata la fiducia in me stesso - racconta
- pensando che, forse, non ero poi così bravo. Non avendo fede,
capita». Quella che gli ha svoltato la vita: «Ero cambiato e fossi
tornato o no alla Juve o in Nazionale, sarei stato felice lo stesso.
Poi è chiaro che sono un uomo, quindi è nella mia natura sbagliare:
però so cosa è giusto e cosa non lo è. Prima ero rancoroso, adesso
perdono. E vivo meglio». Il che non vuol dire smettere di
lottare: «Per me il calcio è molto importante. Devo ricambiare il
Signore, facendo la sua volontà: e se sono arrivato qui, è perché qui
mi ha guidato». Davanti a Lippi, che ieri gli ha parlato a lungo prima
dell'allenamento, e in Champions con la Juve: «Lo Zenit era
l'avversario che non avrei voluto affrontare, ma noi vogliamo arrivare
avanti». Caduta e riscatto, li ha ritrovati nelle sacre scritture.
«Vangelo di Matteo, capitolo sei, versetto 33», cita praticamente a
memoria: «"Mettete il regno di Dio e la giustizia al primo posto e
tutte le altre cose saranno sopraggiunte". È quello che è capitato a
me».di: Massimiliano Nerozzida: lastampa.itdata: 10 settembre 2008