Creato da lucignolo_fumante il 30/08/2005
UNA BUONA NOTIZIA PER UOMINI E DONNE SENZA SPERANZA. (La buona notizia è l'anticipata e compiuta promessa della Scrittura che il Messia senza peccato di Dio morì al posto dei peccatori condannati).
 

 

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Post N° 80

Post n°80 pubblicato il 15 Giugno 2006 da lucignolo_fumante

"IL PRIMATO DI PIETRO NON COINCIDE CON IL PRIMATO DI BENEDETTO XVI"





Il teologo valdese Ferrario commenta l'invito del papa a riconoscere "il primato di Pietro"

Roma . Nell'udienza generale di mercoledì scorso 7 giugno, Benedetto XVI ha auspicato che il primato di Pietro "possa essere anche sempre più nel suo vero significato riconosciuto dai fratelli ancora non in piena comunione con noi". Il valdese Fulvio Ferrario, docente alla Facoltà valdese di teologia, in un comunicato stampa diffuso lo stesso giorno ha commentato così le dichiarazioni del papa:

"Le affermazioni di Benedetto XVI non costituiscono una novità: di conseguenza neanche la replica evangelica potrà essere molto originale. Certo, la ricerca biblica recente su Pietro è in buona parte orientata a riconoscere che egli abbia avuto un ruolo particolare nel gruppo dei discepoli, prima e dopo la Pasqua. Ma questo riguarda, appunto, Pietro, non Benedetto XVI. L'idea di una 'successione petrina', comunque intesa, è completamente estranea al Nuovo Testamento. Per quanto riguarda il riconoscimento del papato da parte delle chiese evangeliche - prosegue Ferrario - il meno che si possa dire è che esso non è all'ordine del giorno. Gli evangelici ritengono che il 'custode della comunione con Cristo' sia lo Spirito Santo. Il papato rischia di essere un elemento di divisione, più che di unità e il dialogo ecumenico non può non tenerne conto".


Il dogma cattolico del primato papale risale al primo Concilio Vaticano del 1870. Joseph Ratzinger, dopo la sua elezione a papa nel 2005, aveva dichiarato che la promozione dell'unità dei cristiani sarebbe stata una delle priorità del suo papato.

MA IL PRIMATO DI PIETRO

 COINCIDE CON QUELLO DI BENEDETTO XVI?

OPPURE

NON ESISTE NESSUN PRIMATO?

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Commenti al Post:
giusyrossi
giusyrossi il 15/06/06 alle 10:27 via WEB
Infatti è cosi': Papa Benedetto XVI sta ricomponendo l'unità con le Chiese sorelle. Sta facendo più progressi questo Pontefice che il suo predecessore il quasi 30 anni. E' chiaro che i protestanti (e quindi i valdesi) non costituiscono chiese sorelle così come precisato dal Papa nell'udienza di ieri. Con i fratelli ortodossi l'unità è sempre piu' vicina.
 
 
lucignolo_fumante
lucignolo_fumante il 15/06/06 alle 13:52 via WEB
I Valdesi fanno parte del CEC(Consiglio ecumenico delle chiese), mentre gli evangelicali, ai quali io faccio parte, non interessa l'unità delle chiese e CON I CATTOLICI, in quanto l'UNITA' E' DA CERCARE SOLO NEL POPOLO DI DIO.
 
rainbow19
rainbow19 il 15/06/06 alle 11:06 via WEB
(mi scuso in anticipo se non cito i versi delle fonti evangeliche e se vado a memoria, i miei studi teologici risalgono a sei anni fa). Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. Non sono certa però che Gesù si riferisse alla persona di Pietro: la traduzione dall'aramaico deve aver travisato questo passaggio. Credo invece si riferisse a se stesso (la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d'angolo). Pietro (come Benedetto) sono uomini di talento, ma non infallibili. E per fortuna è così. Nessun primato và a loro. Ipotizzo che la volontà del Nazzareno fosse quella di 'raccomandarci' tutti allo Spirito Santo, nella luce della sua Grazia (in pillole: Spirito Santo/motore - Grazia/benzina). Ciò resta la mia personale idea, slegata da qualsiasi quisquiglia religiosa.
 
 
lucignolo_fumante
lucignolo_fumante il 15/06/06 alle 13:44 via WEB
INFATTI NESSUNO E' INFALLIBILE...SE NON DIO. Gesù ha detto a tutti i suoi fedeli (apostoli e discepoli) di predicare il Vangelo e che coloro i quali crederanno al loro "messaggio" saranno salvati, mentre quelli che lo rigetteranno saranno condannati. In sostanza questi ambasciatori di Cristo e notificatori della Sua Parola tengono simbolicamente "le chiavi dell’aldilà" in quanto mettono gli ascoltatori nella drammatica posizione della più importante libera responsabile scelta; se la persona accetta la predicazione si convertirà, sarà assolto dai suoi peccati, diventerà egli stesso un evangelizzatore ed infine entrerà in paradiso. Se invece la persona rigetta il messaggio cristiano, i suoi peccati rimangono a lui legati e le porte del cielo gli saranno chiuse. UN AFFETTUOSO SALUTO.
 
   
rainbow19
rainbow19 il 16/06/06 alle 10:51 via WEB
E' proprio questo il bello di Pietro: la sua invidiabile esperienza l'ha condotto ad un'evoluzione personale incrediblie. Parlava e ragionava da uomo perchè tale. Eppure si è impegnato a comprendere il messaggio di Gesù, ha sperimentato la paura sfociata nel suo tradimento. Infine il riscatto: la sua vita che diviene messaggio per i popoli. Per tutto questo io lo stimo. Ho una visione molto diversa dalla tua, la mia tendenza è di cogliere l'aspetto 'nutritivo' più che quello 'sostanziale' delle cose. P.S.: Noto che hai aggiunto nel post una domanda che rispetto ieri ne cambia il senso (le ultime due righe). Niente, credo sia più corretto evitare di farlo dopo che altri utenti hanno inserito le loro considerazioni. Saluto affettuoso a te!
 
stella_alpina72
stella_alpina72 il 15/06/06 alle 11:08 via WEB
il pesniero umanista di voler vedere tutti gli uomini fratelli a prescindere dal credo professato, è semplicemente un'ideologia che resterà ferma nel momento in cui si vive...mentre la fratellanza biblica è qualcosa che va ben oltre...che i cattolici romani si vantino pure di avere dei primati in terra, oltretutto solo coloro che conoscono la Parola sanno che sono fasulli, io credo nella fratenza eterna che unisce persone di popoli diverse in una sola famiglia quella di Dio, che certamente non è nel vaticano, nel suo popolo che vive e soffre per l'affermazione della sua fede donata da Dio...e purtroppo quello che nessun pontefice ne uomo che sia cattolico musulmano o ortodosso, ha compreso che non ci sarà mai vera pace fra popoli se prima non si ristabilisce la Pace con Dio...ecco il senso della fratellanza..le parole ad effetto umanistico lasciano il tempo che trovano...perchè di fondo c'è odio nei cuori e voglia di predominare come fa il cattolicesimo da anni, oggi ha cambiato strategia non più guerre con morti innocenti, ma subdolamente desidera raccogliere tutti sotto il suo ampio braccio per avere il PRIMATO....stiamo attenti a queste piccole paroline...la competizione è nemica di Dio... UNBACIONE FRATELLINO...
 
lucignolo_fumante
lucignolo_fumante il 15/06/06 alle 12:49 via WEB
NESSUN PRIMATO DI PIETRO Mai Pietro, con tutto il suo carattere estroverso, ha preteso di avere un primato. Nel medesimo cap. 16, ver. 23, di Matteo è scritto che Gesù rivolgendosi a Pietro gli disse: "vattene via da me, Satana, tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini". Gesù dovette restaurarlo tre volte nella missione dell’apostolato ("pasci le mie pecore" di cui al cap. 21, vers. 15-17 del Vangelo di Giovanni), dopo il triplice rinnegamento di Pietro (Matteo cap. 26, ver. 69-79). Gli "undici apostoli" e le centinaia di "discepoli" di Gesù, conoscevano bene che Cristo non aveva dato alcun primato nè a Pietro, nè a nessun altro. L’Evangelo di Giovanni, vescono dell’Asia minore, fu scritto verso l’anno 100 e l’autore conosceva bene anche la decrepita vecchiaia di Pietro costretto a stendere le mani perchè un altro lo cingerà e lo condurrà dove non vorrebbe andare (Giov. cap. 21, ver. 18). Al tempo degli apostoli: 1) furono i discepoli che fra due concorrenti "trassero a sorte e la sorte cadde su Mattia che fu associato agli undici apostoli" al posto di Giuda (atti cap. 1, ver. 26); 2) furono i semplici fratelli della chiesa di Gerusalemme che "quando Pietro fu salito a Gerusalemme questionavano con lui" (atti cap. 11, ver. 2); 3) Paolo rimprovera pubblicamente Pietro, da quanto risulta dal cap. 2, ver. 11 della lettera ai Galati: "Ma quando Cefa (Pietro) fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia perchè egli era da condannare"; 4) fu San Paolo che nella sua seconda lettera ai Corinzi (cap. 11, ver. 5) scrive: "Ora io stimo di non essere stato in nulla da meno dei sommi apostoli"; 5) nella "conferenza" di Gerusalemme fu Giacomo che dice: "io giudico che...", mentre le decisioni sono prese collegialmente, giusta quanto risulta dal cap. 15 degli Atti, ver. 13, 19, 22, 25: "Allora parve bene agli apostoli ed agli anziani con tutta la chiesa..."; 6) Pietro si qualifica semplice "servitore ed apostolo di G. Cristo" nella sua seconda lettera al cap. 1, ver. 1; 7) Paolo nella sua lettera ai Galati (cap. 2, ver. 1) scrive: "Paolo, apostolo (non dagli uomini, nè per mezzo d’alcun uomo, ma per mezzo di G. Cristo)". Le "chiavi" del regno dei cieli e dell’inferno sono insite nelle predicazioni del Vangelo. Il sacerdozio pagano, con i suoi altari ed i suoi sacrifizi, era considerato interprete ed intermediario del volere divino. Il sacerdozio cattolico fu posto in essere dalla curia romana nel 1160 per accoppiarlo con il sacrificio eucaristico (inventato nel sec. XI) e con la confessione e l’assoluzione dei peccati. Ai vescovi ed al papa fu attribuita la facoltà di consacrare altri sacerdoti, mentre la potestà sul tutto e tutti diventò un monopolio del pontefice romano. In proposito si ricorda che nel Vangelo non esiste casta sacerdotale. In particolare Gesù ha detto a tutti i suoi fedeli (apostoli e discepoli) di predicare il Vangelo e che coloro i quali crederanno al loro "messaggio" saranno salvati, mentre quelli che lo rigetteranno saranno condannati. In sostanza questi ambasciatori di Cristo e notificatori della Sua Parola tengono simbolicamente "le chiavi dell’aldilà" in quanto mettono gli ascoltatori nella drammatica posizione della più importante libera responsabile scelta; se la persona accetta la predicazione si convertirà, sarà assolto dai suoi peccati, diventerà egli stesso un evangelizzatore ed infine entrerà in paradiso. Se invece la persona rigetta il messaggio cristiano, i suoi peccati rimangono a lui legati e le porte del cielo gli saranno chiuse. Gli uomini potrebbero insegnare l’errore ma in tal caso guai a loro perchè in paradiso "nè vi entreranno essi, nè lasciano entrare quelli che cercano di entrare" (Matteo cap. 23, ver. 13). E’ ovvio che questa gratuita procedura di salvezza non è affidata ad una casta sacerdotale o ad una istituzione chiesastica, ma a tutti i cristiani (santi) secondo le capacità ed i talenti di ciascuno. Gesù disse a tutti coloro che avevano fede in lui: a) "io vi dico che tutte le cose che avrete legate sulla terra saranno legate nel cielo e che tutte le cose che avrete sciolte sulla terra saranno sciolte nel cielo" (Matteo cap. 18, ver. 18); b) "come il padre mi ha mandato anch’io mando voi: ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti" (Giov. cap. 20, ver. 19-23). Non prove storiche ma tradizioni e romanzi riportano che Pietro sia stato a Roma per 25 anni dal 42 al 67. Nella lettera ai Galati al cap. 2, ver. 6-9, l’apostolo Paolo scrive: "Ma quelli che godono di particolare considerazione (quali già siano stati a me non importa; Dio non ha riguardi personali) quelli, dico, che godono maggiore considerazione non m’imposero nulla di più; anzi quando videro che a me era stata affidata la evangelizzazione degli incirconcisi, come a Pietro quella dei circoncisi (ebrei) - (poichè Colui che aveva operato in Pietro per farlo apostolo della circoncisione aveva anche operato in me per farmi apostolo dei gentili) - e quando conobbero la grazia che m’era stata accordata, Giacomo, Cefa (Pietro) e Giovanni, che son reputati colonne, dettero a me ed a Barbara la mano di associazione perchè noi andassimo ai gentili ed essi ai circoncisi". Infatti troviamo Paolo in Grecia, Macedonia (Atti cap. 17, 18 e 20), in Italia, a Roma (Atti cap. 27 e 28), mentre Pietro era a Gerusalemme, Babilonia, ecc. In particolare: 1) Pietro era a Gerusalemme, dopo la resurrezione di Gesù (Atti cap. 1, ver. 14); 2) Pietro fu inviato dagli apostoli in Samaria, assieme a Giovanni (Atti cap. 8, ver. 14); 3) nell’anno 42 Pietro era a Gerusalemme, dove fu visitato da Paolo, tre anni dopo la conversione di questo, avvenuta nell’anno 39; 4) Pietro andò a Lidda (Atti cap. 9, ver. 32); 5) Pietro andò a Ioppe dove dimorò molti giorni (Atti cap. 9, ver. 43); 6) Pietro andò a Cesarea per alcuni giorni (Atti cap. 10, ver. 48); 7) Pietro ritorna a Gerusalemme (Atti cap. 11, ver. 2); 8) il re Agrippa, un anno prima della sua morte (45) fece arrestare Pietro in Gerusalemme (Atti cap. 12, ver.3). Dopo la sua liberazione, Pietro "se ne andò in un altro luogo" (Atti cap. 12, ver. 17), tanto piccolo da non essere nominato, come le piccole cittadine di Lidda e Ioppe; 9) nella conferenza di Gerusalemme "fu deciso che Paolo e Barbara salissero a Gerusalemme agli apostoli ed anziani" (Atti 15, ver. 2), dove c’era anche Pietro; 10) nell’epistola di Paolo ai romani, scritta nell’anno 58 da Corinto, l’apostolo si dichiara "pronto ad annunziare l’evangelo anche a voi che siete in Roma" avendo l’ambizione di predicare là dove Cristo non fosse stato nominato per non edificare sul fondamento altrui (cap. 1, ver. 15 e cap. 15, ver. 20). Alla fine dell’ultimo capitolo egli rivolge i suoi saluti a ben 26 componenti della comunità cristiana romana, ma fra essi il nome di Pietro non figura; 11) Paolo, arrivato a Roma nell’anno 61 "convoca i principali fra i giudei" (Atti cap. 28, ver. 17) i quali gli dicono di volere consocere quello che egli pensa di questa "setta" (cristianesimo), perchè "è noto che da per tutto essa incontra opposizione" (Atti cap. 28, ver. 22). Nessuna menzione di Pietro e del suo apostolato di ben 19 anni!; 12) dopo aver preso in fitto una casa di Roma per due anni (Atti cap. 28, ver.30), verso l’anno 63, Paolo scrisse una lettera ai Colossesi. Questa lettera termina con i soliti saluti di fratelli della chiesa di Roma e di compagni di prigionia. Nessun saluto e notizia di Pietro!; 13) alla fine della breve lettera (scritta a Roma nell’anno 67 e diretta a Filemone) Paolo, "vecchio" (cap. 1, ver.9), invia i soliti saluti dei componenti della comunità cristiana romana (vers. 23-24): nessuna menzione di Pietro; 14) la tradizione cattolica dice che Pietro fu martirizzato nell’anno 67 quando anche fu ucciso Paolo, il quale scrisse da Roma la sua seconda lettera a Timoteo. Al termine di questa lettera, Paolo, riferisce: "quanto a me io sto per essere offerto in libagione e il tempo della mia dipartenza è giunto" (cap. 4, ver. 6). "Luca solo è con me" (ver. 11)! "Tutti mi hanno abbandonato" (ver. 16). Nessuna notizia di Pietro! Infatti Pietro era a Babilonia (I lettera di Pietro cap. 5, ver. 13) sul campo che il Signore gli aveva affidato per predicare il Vangelo. FORSE SONO STATO UN PO LUNGHETTO....MA QUESTA E' LA VERITA' DELLE SCRITTURE.
 
glecie
glecie il 15/06/06 alle 13:58 via WEB
sei interessante...io amo Dio ...glecie ti aggiungo nei preferiti...torna a trovarmi
 
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LA SFIDA DI MICHEA http://digilander.libero.it/lucignolo_fumante/


L'Alleanza Evangelica Mondiale (AEM) e il Network Michea hanno organizzato una campagna globale per mobilitare i cristiani contro la povertà: la Sfida di Michea. Essa richiama un testo del profeta omonimo (6,8) in cui si sottolineano le condizioni per un autentico cammino di testimonianza: praticare la giustizia, amare la misericordia e camminare umilmente con Dio.

La Sfida di Michea mira ad incoraggiare il coinvolgimento cristiano nei confronti dei poveri allo scopo di spingere i governi a mantenere le promesse fatte con gli "Obbiettivi del Millennio per lo sviluppo sostenibile" e per dimezzare la povertà entro il 2015. Tutti i 191 paesi aderenti alle Nazioni Unite hanno sottoscritto questi obiettivi che comprendono l'eliminazione della povertà estrema e della morte per fame, l'impegno per un'educazione primaria per tutti, la promozione dell'uguaglianza dei sessi, la riduzione della mortalità infantile, la lotta all'AIDS e alle altre malattie, la salvaguardia dell'ambiente, un partnerariato mondiale per lo sviluppo. Questi obbiettivi sono raggiungibili, ma occorre che la società civile stimoli e incalzi i governi a mantenere le promesse fatte.

La Sfida di Michea è una campagna che porterà una voce profetica per i poveri e con i poveri a favore di uno sforzo globale per il raggiungimento degli "Obbiettivi". Inoltre, essa incoraggia l'impegno costante delle chiese e dei credenti all'interno della società e nei confronti dei governi affinché il tema della povertà sia sempre tenuto in considerazione.
In molti paesi del mondo, le Alleanza Evangeliche nazionali stanno promuovendo la Sfida di Michea, mobilitando così gran parte del popolo evangelico. In Italia, l'Alleanza Evangelica Italiana ha assunto la responsabilità della campagna per partecipare alle iniziative a sostegno dell'abbattimento del debito. Tra queste, c'è l'invito rivolto a singoli, chiese e gruppi a sottoscrivere l'Appello di Michea. L'obbiettivo è di raccogliere 25 milioni di firme per dare forza alla richiesta di agire contro la povertà.

LA TUA FIRMA CONTRO LA POVERTA' 

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