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Pregi e limiti della Modern Money Theory (MMT). Una critica costruttiva_Parte 1^

Post n°1264 pubblicato il 06 Dicembre 2012 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

di Emiliano Brancaccio

“Mezzogiornificazione” europea: Paul Krugman (1991) l’aveva preannunciata in tempi non sospetti ed altri, poi, l’hanno riesaminata e ne hanno studiato gli sviluppi. Con questa espressione possiamo intendere, sinteticamente, quei processi  di desertificazione produttiva, annientamento o assorbimento estero dei capitali nazionali ed emigrazione di massa dei lavoratori, che soprattutto a seguito della crisi economica stanno determinando profondi mutamenti nella struttura produttiva dei paesi periferici dell’Unione monetaria europea. La “mezzogiornificazione” indica, in sostanza, che il dualismo economico che ha duramente segnato la storia dei rapporti tra Nord e Sud Italia non costituisce più un caso particolare limitato al nostro paese, ma andrebbe ormai riletto come caso anticipatore ed emblematico di un dualismo molto più ampio, che si riproduce oggi su scala continentale tra i paesi del Nord e del Sud dell’Europa, e che rischia di compromettere gravemente i loro futuri rapporti economici e politici.

Non suscita quindi particolare meraviglia che i cittadini meridionali, oggi, risultino particolarmente sensibili ai mutamenti in corso negli assetti dell’eurozona. Subendo gli effetti del dualismo economico già da tempo, essi sembrano intuire più rapidamente di altri quali siano i rischi che l’Europa oggi sta correndo. Non credo sia del tutto casuale, dunque, che iniziative come questa, che mirano a diffondere maggior consapevolezza dei processi economici in atto, maturino proprio lì da voi, a Reggio Calabria, città estrema situata esattamente al centro del Mediterraneo, nei pressi di Scilla e al cospetto di Cariddi.

Con questo intervento audio da Napoli cercherò di non sottrarre tempo alle ulteriori relazioni dei colleghi Kelton, Auerbach e Black, di cui ho letto con interesse vari lavori e che saluto. Pertanto, in quel che segue mi limiterò ad accennare solo ad alcuni degli snodi concettuali e delle questioni aperte riguardanti la “modern money theory” (MMT), la “teoria della moneta moderna”, definita anche “teoria monetaria moderna”.

La prima questione verte sul concetto di “novità”. E’ lecito definire la teoria monetaria moderna una novità assoluta nel campo della teoria economica? Io credo di no: la teoria monetaria moderna non rappresenta un inedito. La mia posizione riflette per certi versi quella dell’economista canadese Marc Lavoie (2011). Secondo Lavoie le proposizioni chiave della teoria monetaria moderna possono essere ricavate dagli schemi tipici della tradizione Post-Keynesiana; in particolare, dalle versioni di quegli schemi dette del “circuito monetario”, che in Italia hanno avuto una certa diffusione grazie soprattutto al contributo dell’economista Augusto Graziani (2003).

Va ricordato, inoltre, che la teoria monetaria moderna eredita dalla più ampia tradizione dei filoni di pensiero economico critico una tesi cruciale, direi attualissima: una economia capitalistica di mercato, lasciata a sé stessa, a meno di un caso non è in grado di garantire la piena occupazione del lavoro e delle altre forze produttive esistenti, né nel “breve” né nel “lungo periodo”. Tra le numerose implicazioni di questa tesi vi è l’idea che il finanziamento monetario della spesa pubblica, a date condizioni, può determinare aumenti duraturi della produzione fisica e della stessa capacità produttiva, con effetti sull’inflazione che solo per caso risulterebbero proporzionali all’entità del finanziamento monetario della spesa.

Credo sia utile ricordare che questa tesi trova un rigoroso fondamento di teoria dei prezzi relativi e della distribuzione negli sviluppi della cosiddetta “teoria della produzione”, alla quale, tra gli altri, Leontief e soprattutto Sraffa hanno dato fondamentali contributi (cfr. Pasinetti 1975; Kurz e Salvadori 1995; cfr. anche Petri 2004). In particolare, è proprio alla luce della teoria della produzione che la tesi suddetta e le sue implicazioni possono essere estese al cosiddetto “lungo periodo”, e le obiezioni di Krugman (2011) alla MMT possono quindi essere efficacemente criticate.

Ora, questo rinvio alla storia, alla tradizione, al profondo substrato di pensiero critico sul quale la “teoria monetaria moderna” inevitabilmente poggia, è un fatto che magari potrà creare qualche imbarazzo tra gli apologeti di quella diffusa malattia politica che va sotto il nome di “nuovismo”, ma a ben pensarci dovrebbe esser considerato positivo. In particolare, dovrebbe essere considerato una vera fortuna da parte di coloro che intendano realmente contribuire alla edificazione di un fronte alternativo, autorevole e non evanescente, nella durissima battaglia delle idee in campo economico.

Il guaio è che il nuovismo è una malattia atavica e tenace. Mi vengono in mente, per esempio, gli agitatori russi che nel 1920 pretendevano di costruire una nuova cultura rivoluzionaria sulle rovine di quella vecchia, e si dichiaravano pronti a bruciare le opere rinascimentali di Raffaello pur di raggiungere il loro scopo. Dovette scomodarsi addirittura Lenin (1977) per spiegare che essi erano soltanto dei poveri illusi, per un motivo che in un’ottica storico-materialista risulta subito evidente: una nuova cultura, che possa dirsi realmente rivoluzionaria, non sbucherà mai fuori dal nulla ma potrà solo scaturire da uno sviluppo del sapere che l’umanità ha sedimentato nel corso della sua Storia. Nei tempi confusi che viviamo, che sono anche tempi di rivoluzioni di cartone, coltivo il sospetto che simili puntualizzazioni non siano del tutto banali.

Mi permetto di far notare, a questo riguardo, che anche gli aspetti apparentemente più sorprendenti, che sembrano un pochino più eretici, della teoria monetaria moderna, in realtà possono esser considerati dei casi molto particolari degli schemi Post-Keynesiani. Faccio un esempio: una tesi apparentemente sconcertante di alcuni esponenti della teoria monetaria moderna è che da un punto di vista logico verrebbe prima la spesa pubblica del governo, e solo dopo di essa potrebbero verificarsi il prelievo fiscale e i prestiti al governo da parte dei privati. In altri termini, secondo questa visione, se il governo prima non spende, non ci potrà essere né prelievo fiscale né prestiti privati allo stesso governo. Ora, l’idea secondo cui la spesa pubblica viene logicamente prima di ogni altra cosa, a prima vista sembra incredibile. Tuttavia, come Lavoie ha mostrato, essa deriva da una semplice convenzione contabile: alcuni teorici monetari moderni analizzano la banca centrale e lo stato come se fossero un unico settore consolidato. L’arcano è facilmente risolto, dunque. Tuttavia bisogna anche aggiungere che questo consolidamento, nella attuale realtà politico-istituzionale, non esiste. Magari è auspicabile, ma non esiste ancora. E in periodi confusi come questi, forse sarebbe il caso di tenere sempre ben distinti i meri auspici dai fatti.

I colleghi presenti mi scuseranno per queste precisazioni, che loro forse reputano scontate. Io tuttavia credo si tratti di chiarimenti necessari. Perché a mio avviso, se davvero si vuol contribuire alla lunga e faticosa opera di formazione di una coscienza critica collettiva in grado di avanzare precise obiezioni alla visione economica dominante e di suggerire una  teoria economica alternativa e moderna, magari anche una “teoria monetaria moderna”, allora è indispensabile sfrondare tale teoria dagli orpelli, e soprattutto dagli eventuali errori.

A proposito di errori. In un interessante documento a supporto della teoria monetaria moderna, leggo che «nell’economia reale le importazioni sono un beneficio, mentre le esportazioni sono un costo» (Mosler et al. 2012). Ora, intendiamoci bene: se questo vuole essere un modo per criticare l’odierno assetto capitalistico mondiale, che induce interi paesi a deflazionare l’economia e a creare disoccupazione interna nello strenuo tentativo di gareggiare sui mercati internazionali, io apprezzo le buone intenzioni. Al tempo stesso, però, credo che questa modalità di avanzare la critica all’assetto vigente sia potenzialmente fuorviante.

Parte 1^

Versione riveduta e ampliata dell’intervento audio di Emiliano Brancaccio alla conferenza “MMT Calabria Europa” del 30 novembre 2012. L’autore ringrazia il blog http://vocidallestero.blogspot.it/ per l’aiuto nella fase di trascrizione. La riproduzione è consentita citando la fonte www.emilianobrancaccio.it .

 
 
 
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Data di creazione: 04/05/2010
 

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