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Il futuro del governo Renzi

Post n°1667 pubblicato il 19 Febbraio 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

In questo momento non ho opinioni in merito alla riuscita del tentativo di Renzi. Né a che cosa abbia intenzione di fare nel caso in cui diventi il prossimo capo del governo.
Molto chiaro è, comunque, che il suo successo come eventuale premier dipende solo da una cosa. Dalla capacità di produrre una reale e significativa ripresa dell’economia.
Altrettanto chiaro è che c’è un sistema rapido e sicuro per ottenere questo risultato. Sforare in misura significativa i vincoli attualmente imposti dagli accordi assunti in sede UE.
Immaginiamo per esempio che il governo Renzi decida di innalzare dal 3% al 6% il rapporto deficit pubblico / PIL (ricordo che il 6% sarebbe un livello comunque inferiore a quello raggiunto nel 2013 da Spagna e Irlanda, paesi che di recente sono stati definiti come “più avanti dell’Italia” sulla strada delle “riforme”).
In realtà tre punti in più di deficit equivalgono non a tre ma a circa sei punti d’incremento del saldo netto (a parità di condizioni) tra spesa pubblica e tasse.
L’azione espansiva consentita da questo incremento innalza, infatti, il PIL e quindi le entrate fiscali, producendo un automatico recupero di una parte del maggior deficit.
Inoltre, nelle condizioni attuale (domanda estremamente depressa rispetto alle capacità produttive dell’economia italiana) l’azione espansiva ha effetti più che proporzionali rispetto alle cifre messe inizialmente in gioco. La maggior domanda spinge le aziende ad assumere, aumentano consumi e investimenti, parte un circolo virtuoso che si autoalimenta.

 

Avremmo per esempio:

 

6% in più di deficit / PIL (a parità di condizioni)
8% di recupero del PIL (non immediatamente, diciamo distribuito nell’arco di 24 mesi)
3% (almeno) di maggiori incassi fiscali
6% meno 3% = 3% in più di deficit / PIL (al netto del recupero fiscale).
E anche un rapporto debito pubblico / PIL inferiore, grazie al recupero del denominatore.
Un 6% in più tra spesa e minori imposte significa oltre 90 miliardi, da distribuirsi tra maggior spesa, minori tasse ai privati e sgravio del carico fiscale e contributivo che pesa attualmente sui costi di lavoro sostenuti dalle aziende. Una ripartizione 30-30-30 potrebbe essere grosso modo quella da adottare. La quota che andrebbe a beneficio delle aziende le renderebbe automaticamente più competitive nei confronti della concorrenza estera ed eviterebbe quindi che l’incremento di domanda e di PIL produca uno squilibrio della bilancia commerciale. Bilancia commerciale che attualmente è grosso modo in pareggio, e l’obiettivo è che tale rimanga.
A chi ha “metabolizzato” i dettagli del progetto CCF, risulterà chiaro che questa ne è una riedizione su scala più contenuta (ma comunque significativa) e attuata senza introdurre un nuovo strumento monetario, bensì semplicemente sforando i parametri di Maastricht.
Confido in Renzi perché faccia questo ? non confido in niente, mi limito a sintetizzare i dati del problema e a indicare un possibile percorso di soluzione.

Il progetto CCF diventa superfluo ? al contrario, la chiave per sbloccare la situazione con la UE potrebbe proprio essere indicare che è possibile realizzarlo. E che quindi è inutile pretendere di impedire qualcosa che l’Italia è COMUNQUE in grado di attuare per altre vie…

Marco Cattaneo

 
 
 
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Data di creazione: 04/05/2010
 

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