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Trattati UE, non c'è nulla da rinegoziare


Ieri mattina il governo M5S – Lega sembrava in rampa di lancio, ieri pomeriggio si è ripiombati in una situazione di stallo. Nel frattempo è stata “bruciata” la candidatura di Giulio Sapelli: perché Luigi di Maio punta ancora alla carica di primo ministro per sé stesso (ipotizza qualcuno); perché Mattarella lo giudica troppo esplicitamente euroscettico (sostengono altri).Il problema di fondo, tuttavia, va al di là delle persone, ed è quello dei vincoli UE, in particolare con riferimento alla finanza pubblica e alla conseguente possibilità – o meno – di attuare azioni di espansione della domanda e di rilancio dell’economia.Ribadisco per l’ennesima volta che porre la questione in termini di “rinegoziare o non rinegoziare i trattati” non ha alcun senso. Il rinegoziato richiederebbe tempi lunghissimi anche se ci fosse la volontà di sedersi al tavolo. Volontà che, al contrario, è totalmente assente: questa è la posizione dei paesi nord-eurozonici. Che non piaccia, lo comprendo. Che sia chiara ed evidente da sempre, è insensato (nonché sterile) negarlo.L’azione del futuro governo italiano, se vuole essere efficace nel rilancio economico del paese, non può che essere unilaterale. Di conseguenza, le possibilità rimangono due.La prima è la rottura.La seconda deriva da un attento studio dei trattati e dall’aver identificato che la variabile non incrementabile (nella misura necessaria alla ripartenza dell’economia) non è il debito genericamente inteso, ma il Maastricht Debt: il debito finanziario da rimborsare in euro, quello soggetto al rischio di non essere rifinanziabile (se non a condizioni inaccettabili).I trattati dicono questo, il che lascia aperta la via per risolvere l’impasse: introdurre uno strumento finanziario nazionale – come la Moneta Fiscale, in particolare nella forma dei Certificati di Credito Fiscale – che (1) non rientra nel Maastricht Debt (2) può essere emesso direttamente dallo Stato italiano, e (3) costituisce un mezzo di pagamento e, nello stesso tempo, una riserva di valore.Questa seconda possibilità può essere implementata con rapidità ed efficienza, non viola nessun accordo e non richiede alcuna revisione dei trattati. Alcuni l’hanno definita un “aggiramento”, altri addirittura un inganno. Ma non è niente di tutto questo.Se per andare da A a B posso percorrere un’autostrada oppure una superstrada, e se per una qualsiasi ragione l’autostrada è bloccata, non aggiro e non inganno nessuno prendendo la via alternativa. Nessuna persona dotata di un minimo di raziocinio affermerebbe il contrario.Se non ci fosse il blocco, prenderei l’autostrada e risparmierei magari dieci minuti su un tragitto di un’ora. Il blocco invece c’è, ma per fortuna esiste un altro tragitto. Dove sta il problema ? conta arrivare a destinazione.Marco Cattaneo su http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/