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BCE: ALZA TASSI ALL'1,25%

Post n°514 pubblicato il 07 Aprile 2011 da Lucky340
 

La Banca centrale europea ha alzato i tassi d'interesse di un quarto di punto, all'1,25%. Rialzati anche i tassi di deposito, sempre di un quarto di punto, allo 0,50% e quelli marginali al 2%.

La decisione della Bce di alzare i tassi riflette le «attuali condizioni molto accomodanti» della politica monetaria. Lo ha detto il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, spiegando che vi sono «rischi al rialzo per la stabilità dei prezzi». La Bce dovrà quindi «monitorare molto attentamente» tutti gli sviluppi della situazione economica a partire dall'inflazione ha aggiunto Trichet, utilizzando un linguaggio che potrebbe preannunciare nuovi rialzi dei tassi in arrivo dopo quello di oggi. Trichet ha evocato infatti il rischio di «ulteriori rialzi» dei prezzi energetici. Trichet ha spiegato poi che anche con il rialzo deciso oggi i tassi di interesse dell'area euro «restano bassi» e favorevoli all'attività economica.

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Commenti al Post:
Lucky340
Lucky340 il 08/04/11 alle 21:49 via WEB
Da oggi, in Italia tutti hanno un grattacapo in più, dopo il rialzo dei tassi deciso dalla Banca centrale europea. Il ministro dell'Economia per il 2011 dovrà collocare sul mercato titoli non per 240 miliardi di euro (cifra già da far paura) ma almeno per 260 miliardi. Per comprare le obbligazioni, infatti, banche e risparmiatori pretenderanno un prezzo piu' alto di quello che avrebbero chiesto ieri mattina. Le imprese, che hanno crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni pari al 6% del Pil, avranno maggiori difficoltà a finanziare i loro programmi di espansione o anche solo per reggere in un mercato interno che dal 2007 ad oggi si è contratto di circa sei punti percentuali. Sarà anche più arduo operare all'estero a ragione del rialzo del cambio dell'euro sul dollaro. Le famiglie il cui debito medio si aggira sui 24.000 euro, dovranno fare fronte a rate più alte di mutui e prestiti, se contratti a tassi flessibili. Coloro che cercano di vendere casa faranno fatica a trovare acquirenti a ragione del rialzo del costo dei mutui. Il commercio in generale che, dopo saldi tiepidi, dovrà prepararsi a un nuovo grande freddo..............
A Francoforte si auspica che a Washington (dove ha sede la Federal Reserve) si prenda esempio dall'Europa. Tuttavia, a differenza di quelli della Bce, gli statuti delle autorità monetarie Usa pongono come obiettivo della politica della moneta non solo la stabilità dei prezzi, ma anche l'occupazione dei fattori produttivi. E oggi negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione viaggia verso il 10% della forza lavoro. Proprio dall'altra parte dell'Atlantico, inoltre, si sono levate voci autorevoli contro le ipotesi di aumento dei tassi da parte della Bce. Fra gli altri, Bradford Delong, ex vice-segretario al Tesoro Usa e ora professore di economia all'Università della California a Berkeley, si è chiesto «perché gli europei vogliono farsi male da soli». Tra l'altro infatti il dollaro si deprezzerà ulteriormente rispetto all' euro, rendendo più difficili le nostre esportazioni. I rappresentanti dell'Italia in seno alla Bce o sono d'accordo con i loro colleghi o non hanno saputo fare udire la loro voce.
Dopo un "patto per l'euro" che si presenta molto pesante per Paesi come l'Italia, e proprio mentre il Portogallo rischia di affogare, occorrerebbe preoccuparsi non di tattica — come frenare un aumento dei prezzi che di poco supera il 2% (siamo al 2,3) — ma di strategia.
Occorre chiedersi se un "tasso d'interesse di base per tutti" è sensato. Un economista tedesco noto per il suo rigore, Rainer Willi Maurer, ha di recente dimostrato come la crisi del debito sovrano nell'eurozona sia il risultato d'un errore di fondo nella costruzione dell'unione monetaria: le divergenze tra tassi effettivi comportano una spirale del debito sovrano nei Paesi più deboli. Ci vorrebbero «strategie monetarie specifiche» per ciascun Paese. Ma ciò presupporrebbe un'unione monetaria differente da quella che si è cercato di fondare a Maastricht.
articolo di giuseppe Pennisi su Avvenire
 
Lucky340
Lucky340 il 09/04/11 alle 12:14 via WEB
"I cinque errori della Bce La Banca Centrale Europea ha alzato i tassi d’interesse nell’eurozona dall’1 per cento all’1,25 per cento. Trichet, il presidente della Bce, aveva annunciato il rialzo un mese fa, motivandolo con i rischi d’inflazione legati all’aumento delle materie prime energetiche sottolineando che “quando c’è uno shock petrolifero” la responsabilità della Bce è quella di evitare “un effetto-travaso” sui salari, ossia un loro aumento. Questo manovra è sbagliata per almeno 5 motivi.
1. Attualmente nell’eurozona non c’è alcun serio rischio di inflazione. Alla Bce sembrano terrorizzati perché l’inflazione ha superato il 2 per cento, il cosiddetto “livello obiettivo” oltre il quale i templari della stabilità monetaria si sentono obbligati a intervenire. Anche senza voler abbracciare la proposta, avanzata un anno fa da Olivier Blanchard (il capo economista del Fondo Monetario Internazionale), di elevare al 4 per cento la soglia di inflazione considerata rischiosa, la verità è che oggi in Europa la cosiddetta inflazione core, ossia depurata dalle variazioni di prezzo dei prodotti energetici e di quelli alimentari, è appena all’1 per cento.
E probabilmente non si muoverà di molto, visto che la debolezza della domanda fa sì che le imprese non possano trasferire gli aumenti dei prezzi delle materie prime sui prezzi al consumo. Nel Regno Unito, dove l’inflazione nel quarto trimestre del 2010 ha superato il 4 per cento, la Banca d’Inghilterra per ora si è guardata bene dall’alzare i tassi d’interesse, che là sono allo 0,5 per cento (livello più basso dal 1694). E questo perché teme gli effetti depressivi che questa misura avrebbe sull’economia, già indebolita dai tagli per 80 miliardi di euro decisi dal governo Cameron. Neppure negli Stati Uniti, dove i tassi sono allo 0,25 per cento e l’inflazione ha superato il 2 per cento, la Fed ha sinora ravvisato la necessità di alzarli.
2. Ancora più remota è la possibilità di forti aumenti salariali. Oggi infatti non è affatto scontato che l’aumento dei prezzi si traduca in un aumento dei salari: dati i livelli elevati di disoccupazione, il potere contrattuale dei lavoratori è molto debole. E infatti gli stessi salari nominali stanno rallentando un po’ ovunque. Nell’unico Paese in cui il potere di contrattazione dei lavoratori sta aumentando per il diminuire della disoccupazione, la Germania, un aumento dei salari sarebbe benefico in quanto ridarebbe fiato alla domanda interna.
3. Il rialzo dei tassi colpisce le economie più deboli della zona Euro. L’aumento dei tassi d’interesse, se risponde a problemi immaginari, crea problemi reali. Il primo riguarda gli Stati già alle prese con la crisi del debito, ossia Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Per questi Paesi ogni rialzo dei tassi d’interesse significa ulteriori interessi sul debito da aggiungere ai pesantissimi interessi già pagati sui titoli di Stato (nei primi tre Paesi citati essi si collocano tra il 10% e il 13%). Si è calcolato che, per la sola Grecia, l’onere aggiuntivo sia pari all’1,6 per cento del Pil. Non minori saranno gli oneri aggiuntivi per il debito privato, che in Irlanda, Portogallo e Spagna ha superato il 210 per cento del Pil. Questo peggiorerà la situazione delle sofferenze bancarie, già molto elevate. Un rialzo dei tassi può aggravare la crisi del debito di questi Paesi, rallentarne ulteriormente i tassi di crescita e peggiorare il rapporto tra deficit e Pil (sia a causa della riduzione del Pil che delle conseguenti minori entrate fiscali).
4. Il rialzo dei tassi aumenta la divergenza tra le economie dell’area euro. Tale divergenza è già molto accentuata: basti pensare che la Commissione Europea ha previsto per la Germania una crescita del 2,4 per cento, circa tre volte quella della Spagna. È questa divergenza, oggi, il problema maggiore per la stabilità e la stessa sopravvivenza dell’euro. Essa fa sì che già oggi tassi d’interesse unici a rigore non vadano bene per nessuno. Ad ogni loro aumento la situazione è destinata ad aggravarsi, a causa dei danni arrecati alle economie più deboli dell’eurozona.
5. Infine, un aumento dei tassi comporta un rafforzamento dell’euro. Lo abbiamo visto negli ultimi giorni, con l’euro che si è portato ai massimi da 14 mesi, superando la quotazione di 1,43 sul dollaro. Questo può danneggiare le esportazioni verso gli Stati Uniti e i Paesi asiatici. In definitiva, la decisione della BCE rappresenta l’ennesima misura sbagliata decisa dalle istituzioni europee per fronteggiare questa crisi. Non ne sentivamo davvero il bisogno.
di Vladimiro Giacché Economista su Il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2011
 
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