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Oltre l’euro,: una nuova moneta fiscale per vincere la crisi_parte 1^

Post n°1760 pubblicato il 15 Novembre 2014 da Lucky340
 

Un appello di Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini e Stefano Sylos Labini per uscire dalla trappola della liquidità e del debito: “Lo Stato italiano emetta gratuitamente Certificati di Credito Fiscale (CCF) ad uso differito a favore di lavoratori e imprese, una quasi moneta nazionale parallela all’euro”. Obiettivo? Aumentare la capacità di spesa dell’economia senza però creare nuovo debito.

di Marco Cattaneo e Enrico Grazzini

Per uscire dalla crisi lo stato italiano dovrebbe recuperare almeno parzialmente la sua sovranità monetaria. Gli italiani stanno scoprendo sulla loro pelle che lo stato non può fare nulla per uscire dalla crisi se non ha una sua moneta: l'euro è infatti una moneta straniera concepita e creata a somiglianza del marco tedesco, e quindi intrinsecamente deflazionistica.

Senza moneta nazionale, siamo ingabbiati in una doppia trappola, quella della liquidità e quella del debito. Siamo dipendenti dall'euro, dalle decisioni della Germania, il principale azionista dell'Unione Europea e della Banca Centrale Europea: ma né la UE né la BCE ci tireranno fuori dalla crisi, anzi!

Per uscire dalla trappola della liquidità e del debito, Biagio Bossone, Luciano Gallino, Stefano Sylos Labini e gli autori di questo articolo hanno lanciato un appello aperto perché lo stato italiano emetta gratuitamente Certificati di Credito Fiscale (CCF) ad uso differito a favore di lavoratori e imprese[1]. In tal modo lo Stato creerebbe una “quasi moneta” nazionale, parallela all’euro. L’obiettivo è di aumentare la capacità di spesa dell’economia senza però creare nuovo debito, rispettando cioè i parametri (rigidi e assurdi) imposti dalla moneta unica, in attesa di potere riformare radicalmente il sistema monetario europeo senza più essere sotto il pesante ricatto della crisi economica incombente[2].

Riteniamo infatti che un'uscita unilaterale dall'euro, propugnata da economisti come Alberto Bagnai e altri, è difficilmente praticabile, e avrebbe comunque esiti molto incerti, per non dire pericolosi e negativi. L'emissione massiccia (fino a 200 miliardi di euro) di nuova moneta fiscale potrebbe invece rilanciare l'economia italiana che dall'inizio della crisi ha perso 11 punti di PIL e ha conosciuto una caduta della produzione industriale del 25%. Un disastro di proporzioni inaudite che a causa della politica deflazionistica dell'Europa di Juncker-Merkel-Gabriel rischia di prolungarsi all'infinito e di approfondirsi ulteriormente.

Con una logica analoga a quella dell'helicopter money (denaro gettato dall'elicottero), di cui insigni economisti discutono da decenni, i CCF dovrebbero essere emessi dallo stato e distribuiti gratuitamente all'economia reale, cioè ai lavoratori e alle aziende, senza passare dal sistema bancario[3].

Il governo Renzi schiacciato dalle politiche deflazionistiche della UE

Siamo entrati nell'era della post-democrazia: la democrazia è svuotata e comanda solo una elite ristretta, l'1% della popolazione. La finanza ha un ruolo dominante[4]. Ma la post-democrazia in Italia e nei paesi mediterranei dell'eurozona è ancora peggiore. L'economia è diretta, su base formalmente legale, da organi sovranazionali mai eletti, come la Commissione UE e la BCE, e in effetti da stati esteri egemoni sulle istituzioni sovranazionali, come la Germania. I centri di potere sono fuori dai confini (e dalla giurisdizione) nazionali. L'Italia, senza alcun potere monetario, rischia di diventare, o è diventata, una semicolonia.

Il governo Renzi cerca faticosamente – e inutilmente – di ottenere dei piccoli sconti dalla Commissione Europea che intende continuare a stringere i bilanci pubblici fino a soffocare l'economia dei paesi del sud Europa. Il premier, stretto dai pesanti vincoli imposti dalla UE e dalla BCE, al di là della retorica nuovista e modernista, e al di là delle schermaglie con il presidente europeo Jean-Claude Juncker, è costretto ad attuare una politica apertamente anti-sindacale ed esattamente opposta a quella di una sinistra riformatrice e realmente moderna. Altrimenti dovrebbe rompere i trattati vigenti.

L'Europa e la BCE pretendono le (contro) riforme di struttura: abbassamento del costo del lavoro, riduzione del welfare, privatizzazioni dei beni pubblici, riforme istituzionali, riduzione del bilancio pubblico, ecc. E Renzi prosegue, anche se con apparente contrarietà, precisamente la politica di austerità dettata dall'Unione Europea e dall'euro: va avanti con i tagli al costo del lavoro e al welfare – sanità, istruzione, enti locali, ecc – e con l'aumento delle tasse, in sostanza sulla stessa linea del rigore suicida avviata da Monti e Letta.

Lucidamente, Renzi ha avviato con Berlusconi controriforme della Costituzione ed elettorali in senso autoritario e antidemocratico. Renzi sembra perfettamente consapevole che è impossibile fare le sue controriforme sociali senza “riformare” in senso autoritario e decisionista le istituzioni rappresentative nate nel dopoguerra dalle forze democratiche che avevano partecipato alla Resistenza contro il fascismo e il nazismo.

La BCE boccia le banche italiane e salva le banche tedesche e francesi

Il vero problema di Renzi è che la situazione economica e sociale peggiora sempre di più. L'ultimo colpo all'economia italiana è stato dato dalle pagelle che la BCE ha distribuito alle banche europee, penalizzando in particolare quelle italiane. L'Unione Bancaria Europea è cominciata condannando le banche italiane, mentre le banche del nord Europa – che operano con leve finanziarie elevatissime, pari anche a circa 30 volte il loro capitale, e che si dedicano più di quelle italiane al trading speculativo – sono state stranamente risparmiate. Germania promossa, Italia bocciata.

Le banche italiane dovranno ricapitalizzarsi ricorrendo ampiamente al capitale estero: e così, dopo che gran parte del sistema industriale nazionale – Fiat, Pirelli, Telecom, ecc – è migrato o sta migrando all'estero, nel sacro nome dell'Europa anche le nostre banche e il nostro risparmio stanno cadendo in mani straniere. I casi MPS e anche Unicredit sono la prova evidente della internazionalizzazione (subordinata) delle banche italiane. L'economia italiana si sta smembrando e le banche italiane sono prede importanti.

La BCE sta favorendo la creazione di Banche Troppo Grandi per Fallire, cioè sta esattamente creando le condizioni per la prossima grande crisi finanziaria in Europa (e la probabile rottura dell'euro). Infatti è chiaro che, a dispetto degli stress test, senza un comune fondo pubblico europeo – sul quale il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha posto il veto – qualsiasi grande banca europea in difficoltà non potrebbe essere salvata, e crollerebbe trascinando in rovina l'intero sistema bancario e l'eurosistema.

Occorre allora che i governi, in quanto eletti democraticamente dai cittadini – a differenza degli organi esecutivi della UE e della BCE – intervengano decisamente a favore degli interessi della comunità nazionale.

Stato democratico e moneta dovrebbero essere fratelli e rappresentare elementi inseparabili: i cittadini/contribuenti e i loro rappresentanti dovrebbero decidere come controllare l'emissione e la distribuzione della moneta. Ma la realtà è molto diversa: gli stati non controllano, o controllano in maniera solo molto parziale, la moneta.

Bank of England spiega che il denaro è creato dal nulla dalle banche

La situazione attuale è che il sistema bancario privato crea “moneta dal nulla”, e che la banca centrale e lo Stato hanno solo poteri residuali nel campo decisivo della moneta e del credito. Nelle economie moderne il 95 per cento della moneta è creata dalle banche con scrittura elettronica sotto forma di creazione di depositi. Le banconote emesse dalla banca centrale e le monete di conio rappresentano meno del 5% della moneta attualmente utilizzata.

Quindi non sono gli Stati e neppure le banche centrali. a creare la maggior parte del denaro che ci permette di effettuare transazioni e pagamenti. Sono le banche a creare denaro dal nulla, creando prestiti, cioè generando debiti. Il mondo conta ormai 100 triliardi di debiti, una somma insostenibile che non potrà mai essere ripagata. La causa di questa montagna crescente di debiti è che il 95% della moneta viene emessa dalle banche con il computer sotto forma di debito.

La moneta-fiat - ovvero la moneta che non ha un valore intrinseco, come invece hanno per esempio le monete d'oro, e che quindi è un classico bene comune, in quanto può avere valore solo se viene condivisa e se rappresenta la fiducia della comunità – è diventata un bene privato delle banche per il profitto delle banche stesse.

Queste semplici verità, ben conosciute dagli economisti, sono tanto incontrovertibili e clamorose quanto poco note al largo pubblico. E non nascono da teorie cospirative o dalla mente di qualche economista paranoico. La spiegazione di come viene creata la moneta è ufficializzata da un recente bollettino trimestrale della Bank of England intitolato “Money creation in the modern economy[5].

Nelle economie moderne la maggior parte della moneta acquista la forma di depositi bancari. Tuttavia il fenomeno della creazione di depositi bancari è spesso frainteso: il mezzo principale di creare depositi consiste infatti nella produzione di prestiti (cioè di crediti/debiti, ndr) da parte delle banche commerciali. Ogni volta che una banca fa un prestito, simultaneamente crea un deposito nel conto della banca del debitore, e perciò crea moneta”.

Così continua a spiegare la Banca d'Inghilterra: “La realtà di come la moneta viene creata attualmente differisce dalla descrizione che si trova normalmente nei testi di economia: infatti la banca crea (dal nulla, ndr) i depositi, mentre normalmente si pensa che riceva dei depositi legati al risparmio delle famiglie, e che solo successivamente faccia dei prestiti. Normalmente la banca centrale non fissa l'ammontare della moneta in circolazione e non è neppure vera la teoria del moltiplicatore, per cui la moneta emessa dalla banca centrale genera una moltiplicazione di depositi e prestiti.

Insomma neppure le banche centrali riescono a controllare la circolazione monetaria: piuttosto basano la loro politica monetaria sulla fissazione del prezzo delle riserve bancarie, cioè sul tasso primario di interesse.

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Data di creazione: 04/05/2010
 

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