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Durante la seduta asiatica è tornata a imporsi la propensione al rischio. Gran parte dei mercati asiatici è riuscita a ignorare le preoccupazioni legate alla Grecia e la debolezza della seduta di New York, archiviando la giornata con il segno più. Il Composite di Shanghai è salito a 4.384,02 punti, in rialzo del 2,10% in scia alle previsioni di un nuovo allentamento della PBoC e ai grossi volumi legati alla domanda degli investitori individuali. Rimaniamo rialzisti sulla Cina, non sulla base dei fondamentali economici, ma per gli effetti positivi degli stimoli e il rinnovato interesse della classe media per i titoli azionari. Il Nikkei ha superato la soglia dei 20.000 punti, in rialzo dell’1,13% (nuovo massimo pluriennale), dopo che il Giappone ha reso noti i dati sulla bilancia commerciale di marzo, che hanno mostrato un surplus commerciale superiore alle attese, e sull’onda del miglioramento delle trimestrali. Il surplus commerciale senza adeguamenti si è attestato a 229 mld di yen, primo surplus dal 2012. Le esportazioni sono cresciute dell’8,5% a/a, mentre a marzo le importazioni sono scese del -14,5%, dopo il -3,6% fatto registrare il mese scorso. La sorpresa positiva è legata alle forti esportazioni di auto ed elettronica, il calo del petrolio ha fatto invece scendere i costi delle importazioni. Si tratta di un segnale positivo per l’economia giapponese, che dall’inizio dell’anno fa fatica a ingranare. Nonostante le notizie contrastanti, riteniamo che il calo dello yen stia sostenendo la domanda di esportazioni. L’esperimento dell’Abeconomia volto alla svalutazione competitiva sta mostrano qualche risultato positivo, soprattutto nel rinvigorire la crescita. Non siamo certi che questo surplus commerciale sia destinato a scomparire rapidamente. Con la ripresa in Europea e Cina (e anche gli USA stanno superando la fase di debolezza), la domanda di merci giapponesi dovrebbe salire. Tuttavia, finché i prezzi del petrolio rimarranno dimessi (come prevediamo), le importazioni costose saranno meno attraenti dei beni domestici. Dovremmo quindi assistere a un rallentamento della crescita delle importazioni, anche se la ripresa interna stimolerà la domanda. Visti gli effetti positivi che stanno emergendo grazie al programma di QE giapponese, ci aspetteremmo anche dagli altri player regionali (come la Corea del Sud) simili attività volte alla svalutazione della valuta (rimaniamo politicamente correnti e non diciamo Guerra Valutaria). L’USD/JPY non ha reagito al rialzo del Nikkei. Prevediamo che la violazione rialzista di 120,05 innescherà un rapido movimento a fino a 120,90. In Australia, il tanto atteso rapporto sull’inflazione, prevista in ribasso, è andato nella direzione opposta. L’IPC primario del primo trimestre è salito dello 0,20% t/t (invariato rispetto al mese precedente) contro lo 0,10% previsto, invece l’inflazione su base annua ha subito un rallentamento dell’1,3% come da attese. L’AUD/USD è lievitato a 0,7774 da 0,7710 e continua a trovare buone richieste. Gli operatori si concentreranno sulla resistenza a 0,7850 per estendere il momentum rialzista fino a 0,7940; si osserva un supporto a 0,7768 (media mobile a 65 giorni). Nonostante la stabilità inaspettata dell’inflazione, continuiamo a prevedere che a maggio la RBA taglierà il tasso OCR di 25 punti base. I commenti da colomba del governatore della RBA indicano che l’intervento sul tasso rimane un’opzione, circostanza che non subirà modifiche dovute a una lieve ripresa. Visti i forti venti contrari costituiti dal rallentamento della domanda di materie prime in Cina, sulle previsioni di crescita dell’Australia si addensano le nubi...... |
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Il dato si è attestato a quota 49,2 punti, al di sotto delle attese di 49,6 punti di Bloomberg, e in evidente fase di contrazione, in quanto inferiore ai 50 punti (soglia di demarcazione tra fase di contrazione - valori al di sotto - e di espansione - valori al di sopra).
Tuttavia, dopo il sell off dell'avvio delle contrattazioni sulla borsa di Shanghai, l'indice Shanghai Composite è ora in rialzo, con gli investitori che speculano su nuove iniezioni di liquidità da parte della People's Bank of China, la Banca centrale cinese.
Neanche una settimana fa, lo scorso 20 aprile, la People's Bank of China ha tagliato l'ammontare di cash che le banche devono detenere sotto forma di riserve bancarie, per la seconda volta in due mesi, iniettando così più liquidità nella seconda economica al mondo. Il reserve requirement ratio (RRR) per tutte le banche è stato abbassato di 100 punti base al 18,5%.
Il taglio è il maggiore dalla crisi finanziaria del 2008. Aumentano le speculazioni secondo cui la Cina potrebbe decidere di prendere esempio dalla Bce, non solo lanciando un programma LTRO, ma anche ricorrendo a una forma di QE.
da wallstreetitalia