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Ma il deficit spending funziona?

Post n°2013 pubblicato il 18 Giugno 2018 da Lucky340
 

I numeri sono numeri. E hanno una forza che nessuna ideologia può sopraffare. Due economisti della Cattolica di Milano, Andrea Boitani e Salvatore Perdichizzi (B-P), eurofili ed europeisti, hanno appena pubblicato un lavoro econometricosugli effetti del "deficit spending" (e del suo contrario: l'austerità), che finalmente include tutti gli anni della crisi dal (1990 al 2017) e tutti i paesi dell'eurozona.

Utilizza vari metodi per controllare i risultati; analizza le conseguenze su diversi aspetti dell'economia; e ha l'aria dello "studio definitivo" sull'argomento. I risultati peraltro confermano quelli preliminari pubblicati in passato da altri autori. Le conclusioni, semplicemente, seppelliscono l'ortodossia economica dell'Ue.

La domanda che si pongono è la seguente. Che effetti ha un aumento (riduzione) permanente della spesa pubblica di 100 (finanziata in deficit) sulle seguenti variabili: PIL; Occupazione; Deficit; e Debito pubblico, nei prossimi 3-5 anni? Di solito c'è un trade-off: puoi ridurre deficit e debito (con l'austerità), pagando un prezzo in termini di PIL e occupazione. Oppure puoi aumentare PIL e occupazione, ma aumentando i debiti. Quale delle due strategie conviene seguire, dipende molto dai parametri in ciascuna situazione.

Se l'effetto del deficit spending è una forte crescita del PIL e dell'occupazione ("moltiplicatori alti"), le entrate fiscali nei tre anni successivi aumenteranno molto, e il deficit tornerà a scendere, supponiamo da -100 a -50 a -25 a -20.

È la tesi dei keynesiani moderati. Con un piccolo aumento del debito si ottiene un forte ritorno in termini occupazionali, e una volta rilanciata l'economia si può pensare a ridurre il debito con molta più efficacia. Viceversa l'austerità, oltre a causare una forte caduta del PIL, farebbe poco per risanare le finanze pubbliche.

Ma se, al contrario, l'impatto del deficit spending sul PIL fosse debole, l'austerità danneggerebbe poco PIL e occupazione, e sarebbe molto efficace nel ridurre il rapporto fra Debito (Deficit) e PIL. L'austerità sarebbe una politica magari dura (soprattutto per alcuni) ma sensata. È la tesi dei neoliberali moderati.

Quali sono le probabilità di un risultato estremo, paradossale, che elimini il trade-off fra debito e PIL? Per esempio: può l'austerità (oltre a ridurre il debito) aumentare anche il PIL? È la teoria dei neoliberali estremi, come Alesina (nel 2010 seguito entusiasticamente da Trichet), secondo i quali il calo iniziale del deficit farebbe crescere fiducia, consumi, PIL, e occupazione. O al contrario, può un aumento in deficit della spesa pubblica (oltre a aumentare il PIL) migliorare nel medio termine l'equilibrio delle finanze pubbliche? È la tesi dei keynesiani estremi (Summers, De Long, Ball, Krugman, etc.).

Nel nostro esempio, il saldo del bilancio pubblico potrebbe passare da -100 a -30 a +5 a +30? Il debito pubblico dopo quattro anni potrebbe risultare più basso di quanto sarebbe stato senza la manovra di deficit spending?

È qui che le conclusioni di B-P sono devastanti per le regole della zona euro: in fase di recessione risulta dimostrata non solo la teoria keynesiana moderata, ma anche la tesi keynesiana estrema, con margini e in dimensioni che superano ogni aspettativa degli stessi autori.

I quali aggiungono che il deficit spending è più efficace (in recessione): (a) nei paesi ad alto debito (chi dice: "In Italia no, perché il debito è troppo alto"?); (b) quando i cambi sono fissi (eurozona); (c) quando la spesa è per investimenti. Nel 2010-15 i parametri congiuravano tutti per aumentare i moltiplicatori, rendendo le nostre economie "keynesiane". Le cure inferte da Monti e (più blandamente) dai suoi successori, fortemente raccomandate da, BCE, Commissione Europea, Ocse, sono paragonabili ai salassi contro l'anemia applicati dai medici del '700.

Il deficit spending è sempre la migliore politica? Non esistono vincoli di bilancio? La spesa pubblica "si ripaga da sola"? Il governo Conte dovrebbe aumentare la spesa pubblica in barba all'Europa? Nient'affatto. B-P dimostrano che i moltiplicatori fiscali (da non confondere con la curva di Laffer, che è tutt'altra cosa) cambiano a seconda della congiuntura. Il deficit spending è efficace in recessione, ma nelle fasi di espansione è controproducente: non fa aumentare produzione e occupazione ma solo il deficit pubblico.

Oggi, nel 2018, i moltiplicatori dovrebbero essersi indeboliti: non tanto però da sottrarre al caso keynesiano anche "estremo" un deficit spending mirato su settori con i moltiplicatori più alti. Perciò lasciamo perdere per ora il "contratto di governo": meglio non restare prigionieri delle parole e puntare sulla competenza macroeconomica (con Savona e Tria).

Un piccolo e mirato (agli investimenti) deficit spending sarebbe ancora utile: a condizione che l'Europa e la BCE siano d'accordo (e che non si tratti di "un'eccezione temporanea alle regole"). In caso contrario, la speculazione saprà di avere mano libera contro il debito pubblico italiano, privo della naturale difesa della banca centrale. (Difesa che è scontata nel resto del mondo: si fa con una semplice dichiarazione o regola). In Europa, c'è molto da discutere.

PierGiorgio Gawronski su https://www.huffingtonpost.it

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