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Messaggi di Dicembre 2014

Wall Street allarga i guadagni grazie a consumi oltre le stime

Post n°1779 pubblicato il 11 Dicembre 2014 da Lucky340
 
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NEW YORK (WSI) -Dopo tre sedute di fila in calo, Wall Street apre in rialzo grazie al dato migliore delle stime delle vendite al dettaglio, dimostrazione della voglia di spendere dei consumatori. I prezzi alle importazioni sono calati, ma meno delle attese. Le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono scese a quota 294.000, meglio del consensus.

A due ore dall'avvio delle conrattazioni il Dow Jones +1,17% a 17.738 punti, S&P 500 fa +0,24% a 2053 punti, mentre il Nasdaq segna +1,47% a 4.753 punti. Il petrolio a gennaio scivola dello 0,61% a 60,57 dollari al barile. L'oro amplia i cali: il contratto a febbraio cede lo 0,49% a 1.223,5 dollari l'oncia.

Nel dettaglio dei dati macro, le vendite al dettaglio negli Stati Uniti sono cresciute in novembre dello 0,7%, ben oltre il rialzo dello 0,4% atteso dagli analisti. Per l'indice si tratta del maggior rialzo in otto mesi. Al netto del comparto auto, le vendite sono cresciute nel mese dello 0,5%. Buone notizie per l'economia vengono anche dai dati di ottobre, che il governo ha rivisto al rialzo da +0,3% a +0,5%. Su base annuale le vendite al dettaglio sono cresciute in novembre del 5,1%.

I prezzi alle importazioni invece sono calati in novembre rispetto a ottobre dell'1,5% a ulteriore conferma di come il rafforzamento del dollaro e i continui cali del prezzo del greggio stanno tenendo sotto pressione l'inflazione negli Usa. Rispetto a un anno fa, i prezzi sono scesi del 2,3%, il maggior ribasso tendenziale dalla primavera dell'anno scorso.

Calano leggermente (di 3mila unità), a 294mila, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione per la settimana che si è conclusa lo scorso 6 dicembre. Il consensus si attestava a quota 300mila a fronte dei 297mila registrati settimana scorsa

Nei mercati energetici la tensione è altissima dopo che l'Opec ha tagliato ai minimi di 12 anni le previsioni su quanto petrolio dovrà fornire nel 2015.....

da http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 

Société Générale presenta outlook 2015

Post n°1778 pubblicato il 06 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Tag: outlook
Foto di Lucky340

ROMA (WSI) - Cercare riparo nella liquidità. E' quanto scrive Société Générale nel suo report Multi Asset Portfolio, presentando l'outlook per il 2015.

"L'indice SG MAP (ovvero indice Société Générale Multi Asset Portfolio, che rappresenta il Portafoglio Multi asset consigliato dalla banca) ha outperformato il suo gruppo in modo significativo", se consideriamo il periodo da inizio anno a ora.

"Nonostante il 20% del portafoglio sia posizionato sull'azionario dell'Eurozona - che quest'anno ha sottoperformato -, la posizione significativa sull'azionario Usa e sui mercati emergenti (con un orientamento verso la Cina), così come l'essere long sui bond sovrani, in particolare della periferia, ha sostenuto la performance del MAP".

"Il Multi Asset Portfolio (MAP) ha garantito un ritorno +13% dall'inizio dell'anno, superiore in modo significativo alla performance piatta nel nostro riferimento, il mix di balanced funds di Bloomberg, in un contesto in cui i livelli di volatilità sono rimasti sotto controllo ma più elevati delle attese, e in un momento in cui abbiamo preso la decisione di aumentare l'esposizione verso il rischio negli ultimi trimestri".

Ecco i consigli per il 2015.

Riduciamo l'esposizione verso l'azionario nel nostro portafoglio dal 60% al 50%, mentre invece aumentiamo l'esposiziove verso i bond e alternative dal 40% al 50%. Questo ribilanciamento è stato effettuato in vista dell'aumento dei fed funds da parte della Fed (estate del 2015), che dovrebbe scatenare maggiore volatilità in tutte le classi asset e tradursi in un dollaro più forte", scrive SocGen, oltre che "causare una reazione a singhiozzo nell'azionario globale, che noi riteniamo accadrà nel secondo trimestre. (D'altronde), fin dal 1871, l'azionario Usa (che al momento risulta molto costoso) non è mai salito per sette anni consecutivi (solo in due occasioni è salito per sei anni consecutivi, delle quali l'ultima nel 2014)".

Di fatto, spiegano gli analisti della banca francese, una crescita del prodotto interno lordo degli Stati Uniti al di sopra del 3% non promette bene per Wall Street, che è diventata "super costosa", dal momento che la Fed dovrebbe essere costretta ad abbandonare la propria politica di tassi a zero entro l'estate del 2015.

"La performance dell'azionario Usa può essere incredibile quando la crescita è bassa e le condizioni di mercato sono super liquide. Ma se nel 2014 la Fed ha iniettato una liquidità di $460 miliardi, niente sarà iniettato nel 2015, e la Fed quasi sicuramente alzerà i tassi".

L'aumento della volatilità porta ad alzare l'esposizione verso i bond e le altre alternative nell'asset allocation, "incrementando il loro peso di 10 punti al 50%, attraverso l'aggiunta di Treasuries Usa (+5pp), bond societari (di Usa e di Europa, +3pp al 15%), e cash in dollari americani (+2pp fino al 7%).

"Raccomandiamo anche l'azionario e i bond della Cina; preferiamo i metalli di base tra le materie prime e l'industria di base nel contesto globale dell'azionario", sottolinea SocGen, anticipando "un graduale allentamento della politica monetaria (cinese), chiaramente sostenuto da un regime di inflazione molto basso".

Scetticismo invece verso il Giappone: al di là del valore usd/jpy di 120-125, esiste il rischio che l'attuale correlazione tra l'indice azionario e il mercato valutario possa spezzarsi, e un "panic premium" possa fare la sua comparsa: in questo caso, "lo yen potrebbe scendere ulteriormente, zavorrando il mercato azionario in modo notevole. Dunque, il consiglio è: ridurre l'esposizione verso il Giappone

L'Europa dovrebbe essere un'area outperformante nel 2015 (che registra performance migliori rispetto ad altre aeree). Durante il prossimo anno si dovrebbe assistere infatti ai "benefici dei prezzi più bassi del petrolio e ai tassi negativi della Bce. Il mantra sarà 'Non combattere contro la Bce" e la banca centrale dovrebbe iniettare 1 trilione di euro e includere i bond sovrani nel suo programma di acquisti". Nell'Eurozona, continuiamo a guardare con favore agli: spread periferici; credito dell'Eurozona e azionario, a eccezione del Dax tedesco e raccomandiamo una forte esposizione verso i finanziari, incluse le banche.

SETTE SONO I CONSIGLI CHIAVE

1 -Proteggersi contro la fine della politica di tassi a zero della Fed. Questo implica:

short EUR/USD:

short ORO;

tatticamente long sui Treasuries Usa

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Le previsioni sui principali rapporti di cambio di Société Générale fino al 2017.



2- Essere contrarian sugli asset dell'Eurozona, e dunque acquistarli Questo implica:

Essere long sugli spread dei bond periferici contro i Bund tedeschi;

Essere long sull'azionario dell'Eurozona;

Long sulla Borsa di Parigi (CAC40)/short sul DAX

Long sull'Eurostoxx

3- Aumentare l'esposizione sulle banche europee

Essere long sulle banche dell'Eurozona

4- Favorire tra gli emergenti azionario Asia/Cina (2/3 dei totali mercati azionari dei Paesi emergenti

Acquistare bond dei paesi emergenti;

I prezzi del petrolio scendono: Long India, Turchia. Short Russia, Malesia, Colombia

5- Ribilanciare l'esposizione verso la Cina

Acquistare titoli azionari cinesi A e H. I titoli azionari A sono riferiti a titoli di società con sede in Cina quotati nel listino cinese. I titoli azionari H sono titoli di società con sede in Cina ma quotate a Hong Kong.

Acquistare bond cinesi;

Essere long sui metalli di base;

Outperformance dell'industria di base nell'azionario

6- Allontanarsi dagli asset UK in attesa delle elezioni del 7 maggio

Short sterlina contro dollaro;

7- Stare lontani dal petrolio e dagli asset a esso legati

Sottopesare titoli globali di servizi petroliferi;

Preferire Royal Dutch Shell (BUY) e Statoil (HOLD)

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Le previsioni sulla performance delle materie prime fino al 2017.


(Lna)

 

da  http://www.wallstreetitalia.com/

 

 

 
 
 

Usa: balzo occupazione

Post n°1777 pubblicato il 05 Dicembre 2014 da Lucky340
 
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NEW YORK (WSI) - Nel mese di novembre, negli Stati Uniti sono stati creati 321.000 nuovi posti di lavoro, al ritmo più alto dal gennaio del 2012, a fronte di un tasso di disoccupazione che è rimasto stabile al 5,8%.

Se messi in prospettiva, però, i dati non sono così positivi. Il tasso di partecipazione alla forza lavoro si è mantenuto ancora ai minimi di 35 anni e ben più di 9 milioni sono gli americani che restano tuttora senza un'occupazione.

I numeri ufficiali sono tra i migliori da quando la Grande Recessione è terminata più di cinque anni fa e incoraggianti almeno quanto le più rosee aspettative, dal momento che gli analisti avevano previsto in media una creazione di 230.000 posti di lavoro, dopo i 214.000 creati a ottobre. C'era persino chi scommetteva su un rialzo di 400 mila unità.

In aumento anche i salari medi orari, che hanno segnato un balzo di 9 centesimi, ovvero +0,4%, il livello più alto da giugno dell'anno scorso.

Su base annua, l'aumento è stato di appena +2,1%: da segnalare che è dal 2012 che l'incremento dei salari su base annua oscilla all'interno di una fascia compresa tra +1,9% e +2,2%. L'orario settimanale di lavoro è rimasto ai massimi post-recessione, a 34,6 ore.

L'America, conosciuta come la terra delle opportunità, sta tornando ad offrire occasioni a chi cerca un lavoro. Tuttavia in molti casi le posizioni sono part-time o non ideali rispetto a quelle cercate (vedi tabella sotto).

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Secondo i sondaggi effettuati tra le famiglie, posizioni part-time sono aumentate di 77 mila unità, mentre lavori full-time sono calati di 150 mila.


Il tasso di partecipazione è rimasto ai minimi di 35 anni. Il livello di 62,8% è essenzialmente il più basso dal 1978.

Il miglioramento generale dei dati dovrebbe offrire garanzie a sufficienza per la Fed circa la solidità della ripresa della maggiore economia al mondo e il comitato di politica monetaria potrebbe decidere di alzare il costo del denaro - fermo ai minimi dello 0-0,25% da diversi anni - l'anno prossimo.

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Il tasso di partecipazione è rimasto ai minimi di 35 anni: il livello di 62,8% è essenzialmente il più basso dal 1978.


"La dinamica è veramente buona. Maggiori spese e un Pil in crescita costante significano maggiori posti di lavoro creati", sottolinea a Bloomberg Nariman Behravesh, chief economist di IHS, il secondo migliore gruppo di previsioni di dati occupazionali negli ultimi due anni. "Per gli Stati Uniti si tratta di un ciclo molto positivo in cui essere al momento".

Dopo la pubblicazione del report, Treasuries e dollaro hanno accelerato e anche l'azionario europeo e Usa si sono rafforzati.

Ma come sottolinea l'Economic Policy Institute non c'è tanto da festeggiare se si analizzano a fondo i numeri. "È importante mettere i dati in prospettiva. Di questo passo, non torneremo su livelli pre-recessione prima dell'ottobre 2016, ovvero nove anni dopo l'inizio della fase di decrescita".
(Lna-DaC)

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Bce: QE ancora un riinvio

Post n°1776 pubblicato il 04 Dicembre 2014 da Lucky340
 
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FRANCOFORTE (WSI) - "Le ultime proiezioni macroeconomiche sull'area euro indicano una inflazione più bassa, accompagnata da una crescita più debole", ma il QE viene nuovamente rimandato e anche rivisto.

Nella conferenza stampa di Mario Draghi, che come di consueto segue l'annuncio della Bce sui tassi di rifinanziamento, il banchiere ha affermato che "all'inizio dell'anno prossimo rivaluteremo gli stimoli monetari che abbiamo lanciato, l'espansione del bilancio e l'outlook per lo sviluppo dei prezzi".

Se ne riparla nel primo trimestre 2015, insomma. I tassi sono stati lasciati invariati al minimo storico dello 0,05%; l'ultima riduzione risale al 7 agosto. Fermi anche i tassi sui prestiti marginali e sui depositi bancari, rispettivamente allo 0,30% e -0,20%.

Ancora nessun Quantitative Easing, dunque, per il momento. L'acquisto di titoli di stato e bond societari potrebbe tuttavia solo essere rinviato, dal momento che Draghi ha detto che il Consiglio Direttivo della Bce si sta preparando a lanciare nuove misure di stimoli monetari per l'anno prossimo, se necessario.

L'ennesima delusione viene scontata dall’euro che, dopo aver bucato anche la soglia a $1,23 in mattinata, segna ora un rally e si attesta oltre $1,24. Questo, mentre il Ftse Mib di Piazza Affari scivola anche -2,5%.

Si scontano anche i timori di una crescente spaccatura in seno alla Bce, dal momento che Draghi ha comunicato che la decisione del Consiglio direttivo "non è stata unanime riguardo alle parole usate sul bilancio della Bce". Inoltre, il QE è stato "cambiato", nel senso che "abbiamo discusso il QE come acquisto di titoli di stato come una opzione, ma abbiamo discusso anche dell'acquisto di asset". E comunque, si è parlato della possibilità di acquistare tutti gli asset "a parte l'oro". Insomma, non un QE in stile Fed, ma un QE tutto stile Bce, che più volte si è caratterizzata per il dire molto, e il fare molto di meno. "E non abbiamo bisogno dell'unanimità - ha aggiunto il numero uno della Bce - visto che (il QE) può essere progettato per ottenere il consensus".

Contestualmente, sono state comunicate le stime sull'economia dell'Eurozona: la crescita del Pil reale su base annua è attesa +0,8% nel 2014, +1% nel 2015 e +1,5% nel 2016. "Rispetto al settembre del 2014 le proiezioni sulla crescita reale del Pil sono state riviste al ribasso in modo notevole", ha ammesso il banchiere. Lo scorso settembre le stime erano infatti di una crescita +0,9% sul 2014, +1,6% per il 2015 e + 1,9% per il 2016.

Draghi ha spiegato la debolezza dell'inflazione con - in parte - il calo dei prezzi del petrolio, elemento "importante da monitorare" per studiare l'impatto sui prezzi al consumo. L'inflazione potrebbe tra l'altro segnare ulteriori cali nei prossimi mesi, proprio a causa del trend dei prezzi del greggio. "Saremo particolarmente vigili riguardo all'impatto più ampio che i recenti sviluppi dei prezzi del petrolio avranno sui trend dell'inflazione nel medio termine".

Di fatto, "il Consiglio Direttivo continuerà a monitorare attentamente i rischi sull'outlook degli sviluppi dei prezzi nel medio termine. In questo contesto, ci focalizzeremo in particolare sulle possibili ripercussioni delle dinamiche di crescita riviste al ribasso, sugli sviluppi geopolitici, sul tasso di cambio, sugli sviluppi dei prezzi del petrolio e sull'effetto delle misure di politica monetaria da noi adottate".

Tagliate significativamente - oltre a quelle sul Pil - anche le previsioni sull'inflazione -, attesa (si parla di tasso di inflazione), allo 0,5% nel 2014, 0,7% nel 2015 e 1,3% nel 2016 contro le previsioni di settembre che indicavano rispettivamente tassi dello 0,6%, 1,1% e 1,4%. E la "colpa", in questo caso è di "Germania, Francia e Italia", esplicitamente citate da Draghi. Sono stati i tre paesi, infatti, a provocare la revisione al ribasso dell'inflazione. Detto questo, Draghi ha sottolineato che spettano alla Commissione europea le valutazioni definitive sui piani di bilancio di Francia e Italia e sulla loro compatibilità con quanto previsto dalle regole Ue.

Ripetuta quella che da più parti è stata ribattezzata come la solita solfa. "Se dovesse essere necessario al fine di affrontare i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione, il Consiglio direttivo rimarrebbe unanime nel suo impegno ad adottare strumenti aggiuntivi non convenzionali, nell'ambito del suo mandato".

E ancora: In risposta alla richiesta del Consiglio Direttivo, lo staff della Bce e le commissioni più importanti del sistema euro hanno velocizzato le preparazioni tecniche per ulteriori misure".

Draghi ha agito in base alle previsioni di diversi economisti, che avevano detto nelle ore precedenti che il QE in stile Fed ci sarebbe stato l'anno prossimo. A tal proposito, UBS ha dato una chiara indicazione in merito, parlando anche di ripercussioni sull'euro e sui tassi dei Bund.

L'ex premier Mario Monti, invece, si è addirittura fatto avanti per dare un consiglio alla Bce su come fare in modo che la soluzione del QE sia accettata dall'apparentemente irremovibile Germania

Gli economisti di ING avevano previsto l'intenzione di Draghi di espandere il bilancio ai livelli del 2012, ovvero di mille miliardi di euro in più (dai 2 trilioni di oggi).

Tutto questo in un contesto in cui l'inflazione sempre più bassa - i prezzi al consumo sono scesi progressivamente negli ultimi 4 anni (vedi grafico) - sta progressivamente scivolando verso lo status di "deflazione".

E finora da Draghi i mercati hanno sentito promesse allettanti, ma solo promesse.

(DaC-Lna)

da http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 

Svizzera: no al referendum su aumento delle riserve auree

Post n°1775 pubblicato il 01 Dicembre 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

GINEVRA (WSI) - Oro a picco dopo il no della Svizzera nel referendum di domenica.

Nel voto popolare gli svizzeri hanno deciso di non imporre alla banca centrale, come proposto dalla destra populista dell'UDC, il divieto di vendere lingotti.

Al momento i prezzi del metallo prezioso scambiano in ribasso dell'1,85%, a $1.153,80 l'oncia. Ieri sera le quotazioni hannoa ccusato cali di anche il -4% ai minimi di $1.143.

I cittadini elvetici hanno detto tre no decisi all'imposizione di un nuovo limite sull'immigrazione - con la scusa di motivi ecologici - a un aumento delle riserve aureee e all'abbandono dei forfait fiscali che avvantaggiano gli stranieri rispetto ai cittadini svizzeri.

Delle tre proposte, l'iniziativa sulle riserve auree è quella che i mercati tenevano maggiormente d'occhio ed è anche quella che è stata respinta con maggiore decisione. Stando alle stime di radio e tv il 78% degli elettori hanno votato contro.

La proposta, presentata dal Partito popolare svizzero, movimento di estrema destra, prevedeva che la Banca centrale (la BNS) detenesse almeno il 20% delle sue attività in oro (contro l'8% attuale) e che non potesse mai più separarsi da tali riserve, che raggiungono già così la settima somma più alta al mondo.

Se la mozione fosse stata adottata, i mercati avrebbero mandato in orbita i prezzi dell'oro e la Banca nazionale svizzera, che aveva lanciato un appello contro l'iniziativa, stima che avrebbe dovuto comprare in cinque anni 70 miliardi di franchi svizzeri (circa 58 miliardi di euro) di oro, ossia due terzi della produzione annuale del metallo.

(DaC)

da http://www.wallstreetitalia.com/

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 04/05/2010
 

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