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Non intendo sollecitare investimenti.
Chiunque utilizzi spunti derivanti dalla mia analisi  agisce a proprio rischio e pericolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Messaggi di Luglio 2015

Chicago Fed National Activity Index-Aggiornamento mensile(Giugno 2015)

Post n°1869 pubblicato il 29 Luglio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Chicago Fed National Activity Index (CFNAI) è un indice mensile progettato per misurare l'attività economica globale e le relative pressioni inflazionistiche. Il valore zero per l'indice indica che l'economia nazionale si sta espandendo al ritmo storico di crescita, i valori negativi indicano una crescita inferiore alla media; e i valori positivi indicano una crescita superiore alla media. Si tratta di un indice composto di 85 indicatori mensili come spiegato in questo file PDF  sul sito della Fed di Chicago. L'indice è costruito in modo che la media storica dell'indice è pari a zero.

l'indicatore di per sé (CFNAI), è abbastanza rumoroso, mentre   la media mobile a 3 mesi (CFNAI-MA3), è più utile a mostrare variazioni.

"Indice a giugno mostra crescita economica leggermente più decisa  ": questo è il titolo per il rilascio dell'indice di attività del Chicago Fed, e qui sono i paragrafi di apertura del rapporto:

Guidati dal miglioramento degli indicatori strettamente produttivi e occupazionali, Il Chicago fed  Nazional Activity Index (CFNAI) è salito a 0,08 nel mese di giugno da -0,08 di maggio. Tre delle quattro grandi categorie di indicatori che compongono l'indice è aumentato da maggio, e due delle quattro categorie ha dato un contributo positivo all'indice nel mese di giugno.

la media mobile dell'indice a tre mesi , CFNAI-MA3,,  ha sfiorato la barriera arrivando a  a -0.01 nel mese di giugno da -0,07 di maggio. CFNAI-MA3  di goiugno suggerisce che la crescita dell'attività economica nazionale è stata molto vicino al suo trend storico. La crescita economica  riflessa in questo livello del CFNAI-MA3 suggerisce pressioni inflazionistiche modeste   per il prossimo anno.


 La  Fed di Chicago, spiega:

"Quando la MA3 si muove sotto  il valore di  -0,70 dopo un periodo di espansione economica, vi è una crescente probabilità che la recessione è iniziata. Al contrario, quando il valore si sposta  sopra -0,70 dopo un periodo di contrazione economica,  vi è la probabilità crescente che la recessione è finita ".Un incrocio sotto  il livello  -0,7 ha indicato storicamente  entro un mese o due l' inizio di recessione. Un incrocio  sopra il livello ha indicato la fine  della recessione  entro  2-4 mesi. 

Il prossimo dato sul Chicago Fed Activity Index  è previsto per il 24 agosto 2015

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da http://www.dshort.com/

Questo grafico mostra il Chicago Fed National Activity Index (media mobile a tre mesi) dal 1967. Secondo la Fed di Chicago: un valore pari a zero per l'indice indica che l'economia nazionale si sta espandendo al suo tasso tendenziale di crescita storica, i valori negativi indicano una crescita inferiore alla media, e valori positivi indicano una crescita superiore alla media.

 

 
 
 

SuperIndice_USA(LEI) sale ancora in Giugno

Post n°1868 pubblicato il 29 Luglio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Giovedi  23 luglio 2015


The Conference Board Leading Economic Index® (LEI) per gli Stati Uniti è aumentato dello 0,6 per cento in giugno  a 123,6 (2010 = 100), a seguito di un aumento del 0,8 per cento nel mese di maggio , e un aumento del 0,6 per cento in aprile.

"La tendenza al rialzo nel  LEI sembra aver  guadagnato più slancio con un altro forte aumento nel mese di giugno che punta a consolidare segnali di forza nelle prospettive economiche per il resto dell'anno", ha detto Ataman Ozyildirim, Direttore, Business Cycles e Research Crescita, presso il Conference Board. "Permessi di costruzione e lo spread del  tasso di interesse hanno guidato l'ultimo guadagno del LEI, mentre gli indicatori del mercato del lavoro, come la settimana lavorativa media e richieste iniziali di disoccupazione sono rimasti invariati.".

L'uscita dei  prossimi  dati  è prevista per  giovedi  20 agosto 2015.

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il LEI è uno dei nostri leading indicator preferiti  poichè:

a) La correlazione tra LEI e PIL è molto elevata  come ci dimostra Northern Trust nel  grafico, in cui il LEI – anticipato di un trimestre – viene messo a confronto con l’andamento del PIL americano dal 1960 a oggi.

b)  la relazione  tra Leading Indicator e mercato azionario è molto stretta ,  risulta evidente la quasi perfetta correlazione tra le due serie di dati: i punti di massimo e di minimo vengono quasi sempre raggiunti nello stesso periodo.I dati del Leading Indicator anticipano di circa sei mesi i movimenti dell’economia e che la stessa cosa succede con i mercati azionari, Il Conference Board (CB), l’istituto privato che elabora l’indice, considera che un calo del 2% in sei mesi, con la contemporanea flessione della maggior parte dei componenti, possa segnalare l’arrivo di una fase di recessione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura; e viceversa, un rialzo  del 2% in sei mesi possa segnare l'arrivo di una espansione tra i tre e i nove mesi dopo l’ultima lettura .

pertanto noi  continuiamo ad  usare le indicazioni fornite dai  Leading Indicator per  riuscire ad ottenere buoni risultati dall’investimento!

i dieci componenti del The Conference Board Leading Economic Index® sono ora :

Average weekly hours, manufacturing

 

Average weekly initial claims for unemployment insurance

 

Manufacturers’ new orders, consumer goods and materials

 

ISM Index of New Orders

 

Manufacturers' new orders, nondefense capital goods excluding aircraft orders

 

Building permits, new private housing units

 

Stock prices, 500 common stocks

 

Leading Credit Index™

 

Interest rate spread, 10-year Treasury bonds less federal funds

 

Average consumer expectations for business and economic conditions

 


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Syriza ovvero l'inconsistenza teorico_pratica di un movimento disvelata dai fatti !

Post n°1867 pubblicato il 18 Luglio 2015 da Lucky340
Foto di Lucky340

Perché la trattativa del governo greco con la UE si è conclusa con un risultato così tragicamente negativo ?

I problemi sono stati tre (in nessun particolare ordine né cronologico né d’importanza):

Primo, il fatto stesso di averla impostata come una trattativa serrata.

Secondo, il non aver predisposto linee di azione alternative.

Terzo, l’inattitudine al negoziato.

I tre punti si ricollegano l’uno all’altro. Syriza si è posta nei confronti della UE con un atteggiamento trasparente e di buona fede: un partito sinceramente europeista che cercava di correggere i difetti di impostazione della governance economica dell’Eurozona.

Ora, io non ho nessuna pretesa di essere un esperto di trattative. Le mie competenze, se ne ho qualcuna, sono di natura tecnica e analitica. Ma la mia attività professionale mi porta, comunque, a partecipare quasi quotidianamente a processi negoziali. E qualcosa (soprattutto dagli errori) ho imparato.

In una trattativa, quello che non serve a nulla è cercare di convincere la controparte della bontà / razionalità / correttezza della tua posizione. Anche se hai ragione, l’effetto che ottieni è solo quello di irritarlo.

Il governo greco comprendeva parecchi economisti di valore – Varoufakis, Tsakalatos e anche altri. Ma sono economisti con un’esperienza di ricercatore accademico, che elabora e argomenta tesi, e che è abituato a esporle a un pubblico di colleghi o di studenti.

In una trattativa, argomentare come fa un ricercatore o un docente è, quando non inutile, controproducente. Devi far leva sulle debolezze e sugli interessi delle controparti, mentire quando serve, ottenere vantaggi dando la sensazione di fare concessioni.

Ai greci questa esperienza e questa attitudine mancava. Ma prima ancora di questo: era veramente utile o necessario impostare il rapporto con la UE come un negoziato ?

Il problema, qui, è il non aver predisposto linee di azione alternative. Se ho come pregiudiziale la non uscita dall’euro, e per di più non prendo neanche in considerazione l’emissione di uno strumento monetario parallelo, in che situazione mi trovo ? in quella di andare a chiedere a qualcuno cose che a me sono totalmente indispensabili (gli euro), per di più con la pretesa di spiegargli che me li deve dare perché lui ha sbagliato tutto mentre io so come correggere i suoi errori.

Non stupisce che con questa impostazione si faccia poca strada. E non serve a niente avere, sul piano astratto e teorico, ragione.

Veniamo, appunto, al tema delle linee di azione alternative. Sono al corrente che il governo greco è, in qualche modo, giunto a conoscenza di almeno tre progetti di strumento monetario complementare: i nostri CCF, iGeuro di Thomas Meyer e i TAN di Rob Parenteau e Trond Andreesen. E lo stesso Varoufakis aveva una proposta tecnicamente molto simile – gliFT-Coins – anche se li vedeva come una forma di finanziamento, non (cosa enormemente più efficace) come uno strumento monetario parallelo.

Non ha avviato approfondimenti seri, e men che meno progetti attuativi di dettaglio, su nessuno di questi schemi.

Era invece la primissima cosa da fare. Poniamo che a febbraio il governo greco avesse cominciato a mettere in circolazione una certa quantità di CCF per supportare azioni di sostegno della domanda e di riduzione della fiscalità. Si sarebbe avuto un primo effetto positivo sull’economia, ma soprattutto lo strumento monetario parallelo sarebbe diventato qualcosa di familiare per il pubblico, sarebbe stato oggetto di scambi e transazioni, ci sarebbe stata evidenza del suo valore. Non sarebbe più stato, in altri termini, un oggetto ipotetico e misterioso.

La minaccia, o l’effettiva attuazione, di un congelamento dell’ELA – avvenuta a fine giugno – sarebbe divenuta un’arma molto meno temibile nel momento in cui una forma di moneta complementare, e potenzialmente alternativa, fosse già stata in circolazione in Grecia. E anche l’interazione con la UE sarebbe avvenuta su altre basi. Non nella situazione di aver bisogno di qualcosa a tutti i costi, ma con l’attitudine di chi ha già identificato un percorso differente, e anzi lo sta ponendo in atto.

Apparentemente, Syriza ha invece visto l’introduzione di uno strumento monetario parallelo come un inevitabile preludio, nella sostanza se non nella forma, alla Grexit. E qui ha giocato ancora la pregiudiziale ideologica: pretendere di reindirizzare il progetto di integrazione europea, non accettare che una mossa unilaterale, non concordata, potesse essere la strategia vincente. Anche se le controparti ogni giorno di più davano prova di non voler concordare nulla.

Ma il mio forte sospetto è che abbiamo giocato, purtroppo, anche dei limiti di comprensione tecnica. Varoufakis, in particolare, in un recentissimo articolo sul Guardian, se ne è uscito con questa affermazione, che non esito a definire sbalorditiva.

“To exit, we would have to create a new currency from scratch. In occupied Iraq, the introduction of new paper money took almost a year, 20 or so Boeing 747s, the mobilisation of US military’s might, three printing firms and hundred of trucks. In the absence of such support, Grexit would be the equivalent of announcing a large devaluation more than 18 months in advance: a recipe for liquidating all Greek capital stock and transferring it abroad by any means available”.

Boeing 747 ??? centinaia di camion ??? svalutazione annunciata 18 mesi in anticipo ??? se vi sfugge il significato di tutto questo, siete in buona compagnia. E’ una sequela di idiozie.

Ricordiamo a chi fosse sfuggito che la Grecia non è in guerra, che i camion sono perfettamente disponibili, le società specializzate nello stampare banconote pure, che l’introduzione di due (non una) nuove monete in Cecoslavacchia è stata effettuata in poche settimane, e che rispetto ad allora (1993) le transazioni elettroniche sono diventate nettamente predominanti rispetto a quelle in banconote e monete metalliche.

Con buona pace di chi sostiene che in ultima analisi le motivazioni politiche prevalgono sempre sui concetti tecnici, mi pare purtroppo  evidente che a Varoufakis è mancata proprio una corretta comprensione di questi ultimi. Non aver capito che per aprire una scatola, la prima cosa che serve è un apriscatole. Che al di là di ideologia e politica, la cosa più importante era – torniamo a Keynes, 1930 – ricaricare la batteria scarica.

da http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/

 
 
 

Grecia:la resa incondizionata di Tsipras

Post n°1866 pubblicato il 15 Luglio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

PierGiorgio Gawroski

su http://www.ilfattoquotidiano.it/

 

La prima amara sorpresa di questo week end è stato un articolo di Varoufakis sul Guardian, in cui l’ex ministro delle Finanze di Tsipras rivela che la Grecia non ha un piano B in caso di mancato accordo con i creditori. Non ha preparato l’introduzione di una moneta nazionale, né ritiene possibile farlo in tempi rapidi: “In Iraq la creazione dal nulla di una nuova moneta richiese quasi un anno, 20 boeing 747, la mobilitazione dell’esercito Usa, tre società specializzate nella stampa di banconote, e centinaia di TIR. In mancanza di ciò, il Grexit equivarrebbe all’annuncio di una forte svalutazione cono 18 mesi di anticipo: causerebbe la liquidazione dell’intero stock di capitale greco, e il suo trasferimento all’estero con ogni mezzo possibile”.

L’articolo di Varoufakis è un must per chiunque voglia capire la crisi greca. Ma il paragrafo citato è inaccettabile, perché rivela un’incredibile superficialità del governo Tsipras e del suo ex ministro. Il quale oltretutto sopravvaluta di molto le difficoltà e i tempi dell’introduzione fisica di una nuova moneta: in Grecia gran parte della moneta è elettronica, per cui basta un click del computer della Banca di Grecia per crearla; e per il resto la gente è perfettamente in grado di crearsela da sola, firmando dei ‘pagherò’ in attesa delle banconote. L’articolo di Varoufakis ha invece disastrosamente rivelato alle controparti negoziali che le carte in mano a Tsipras sono ancora peggiori di quanto non si credesse. A causa dell’insipienza del suo governo (e della cattura della Bce da parte dei creditori), la Grecia è in balia dei suoi nemici (mi spiace, di questo si tratta). E questi ne hanno subito approfittato per umiliarla e schiacciarla fino in fondo, senza trovare resistenza.

La seconda amara sorpresa, di ieri, è infatti l’assurda lista di richieste totalmente distruttive che l’Eurogruppo ha subito presentato alla Grecia. Essa fa strame di qualsiasi parvenza di dignità e sovranità nazionale, e cancella ogni possibilità di ripresa in Grecia. Non solo l’austerità riprenderebbe su vasta scala e per un orizzonte del quale non si vede la fine. Non solo alla Grecia viene dettato un particolare assetto socio-economico senza lasciarle neppure la scelta delle virgole. Non solo non si offre ancora, in cambio, alcuno sconto sul debito (impagabile), trattandosi di pre-condizioni per future trattative. Ma anche tutti gli asset principali dello Stato greco verrebbero espropriati, a saldo (“a garanzia”) di una quota di debito, tolta la quale il debito resterebbe insostenibile e i greci ‘schiavi’ dei creditori.

Quando un debitore entra in una trappola di debito eccessivo alimentato dagli interessi, la colpa è di norma da ripartire fra creditori incauti e debitori poco trasparenti. Così è stato fino al 2010, quando la Grecia annunciò di non poter fare fronte alle scadenze e chiese di negoziare con i creditori: banche soprattutto francesi e tedesche.

Ma i governi europei si opposero, nell’interesse delle banche, e costrinsero la Grecia ad accollarsi altro debito pur di pagare le rate in scadenza e gli interessi montanti. E, violando i Trattati, si assunsero in proprio crediti e rischi che le banche, dopo aver lucrato sugli interessi per anni, volentieri scaricarono. In questo gioco ci rimettemmo soprattutto noi italiani. Il grafico (in_allegato_nota_mia) mostra la distribuzione del debito greco al 30-4-2015: rispetto al 2009 è ora quasi tutto in mani pubbliche, e la quota italiana è salita molto.

Che i debiti greci non fossero rimborsabili lo sapevano tutti già nel 2010 (grazie al Fmi). Perciò se gli andamenti del debito fino al 2009 sono da imputare a greci e banche, gli sviluppi successivi – accollare i debiti ai cittadini europei, aumentare il debito totale, imporre ai greci un’assurda austerità che ha distrutto il valore dei nostri crediti – sono da imputare unicamente ai governi europei. (Se qualcuno crede che la Grecia in questi anni non abbia fatto niente per pagare i debiti, o poche riforme strutturali, si informi meglio). Ma l’Eurogruppo a trazione tedesca rifiuta ogni responsabilità per le politiche depressive impartite. Dare tutta la colpa ai greci serve a proteggere l’ideologia dominante: se le cose vanno male non è colpa nostra. Ed a manipolare l’elettorato: fingono di difendere i nostri soldi mentre li gettano via in malo modo.

La violenza continuerà anche oggi? La Bce ci pensi. È l’unica in grado di stampare moneta in Europa; ma proprio per questo ha il dovere di farlo: nessuna economia moderna funziona senza. Deve farlo in particolare nelle occasioni tassativamente indicate dal Trattato sull’Ue: come all’art. 127 c.2 tr. 4°; e c.5; che in questo momento riguardano la Grecia. Non farlo significa bloccare l’intera economia greca, e fare un colpo di stato in Europa. Qui si gioca la vera partita, e qui le conseguenze saranno devastanti. Dobbiamo prendere atto che le nazioni debitrici dell’Eurozona sono alla completa mercé dei creditori; e questo grazie alla violazione dell’Art.7 Statuto Bce: la quale subordina la sua collaborazione monetaria con la nazione debitrice alla soddisfazione delle istanze dei suoi creditori. Se questo comportamento perdura, il governo greco dovrebbe ritrovare dignità, coraggio, e fiducia, ed uscire immediatamente dall’Euro.

 
 
 

Grecia: parlamento voterà la sua condanna a una morte lenta

Post n°1865 pubblicato il 15 Luglio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

ATENE (WSI) - Il parlamento di Atene si appresta a macchiarsi le mani di sangue.

Governo e opposizione non hanno molta scelta. Con le spalle al muro, stasera i deputati finiranno per dire si all'implementazione delle riforme e il nuovo rigore chiesti dai creditori, andando contro al volere del popolo che si era espresso molto chiaramente nel referendum di dieci giorni fa. 

Il 61% dei votanti ha detto di essere d'accordo con il no di Tsipras alle nuove misure di austerity proposte dai creditori in cambio di un terzo pacchetto di finanziamenti.

Il piano è stato giudicato da tutti gli economisti pieno di difetti. Per Marc Ostwald di ADM Investor Services è proprio "contrario al buon senso". La stessa Commissione Ue ha espresso "seri dubbi sulla sostenibilità del debito greco" per via degli alti rapporti del debito/Pil e del bisogno di finanziamenti.

Anche i nuovi sforzi della popolazione, che viene da cinque anni di grave crisi, potrebbero non bastare. L'Fmi avverte che 85 miliardi di aiuti rischiano di essere insufficienti e che bisognerà apportare un taglio del debito molto più massiccio di quello contemplato finora dall'Eurogruppo.

Se le autorità del blocco a 19 vogliono allungare le scadenze del debito, allora dovranno concedere un periodo di grazia lunghissimo, di 30 anni circa. Altrimenti bisognerebbe ridurre drasticamente la portata del debito da 320 miliardi, che rischia di salire al 200% del Pil. 

Su questo punto, però, la Germania e i paesi più intransigenti e virtuosi dell'Eurozona non sembrano propensi a fare alunco sconto.

(DaC)

da http://www.wallstreetitalia.com

 
 
 

Referendum Grecia: un ‘No!’ alla troika

Post n°1861 pubblicato il 07 Luglio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Sono cresciuto in un’epoca di complottismo e dietrologia. Dietro a ogni problema si vedevano “la Cia” o “il Vaticano”. Mi ha sempre infastidito: non condivido l’anti-americanismo, le verità a priori, il conformismo (anche) di sinistra. Ma nel mio primo corso di Master di Economia, negli anni ’80, frequentai a latere un corso di Relazioni Internazionali: “The Great Powers and the Third World”, e scrissi una tesi: “The US Chile Relations: a simple model”, in cui analizzavo la destabilizzazione covered (coperta) del Cile di Allende da parte degli Usa (1971-73). Ne traevo una teoria più generale sulle reazioni dei ‘paesi-centro’ nei cfr dei paesi periferici ‘devianti’. A causa di questo background mi aspettavo tentativi di destabilizzazione del governo che avesse per primo concretamente messo in discussione l’ideologia che governa l’Eurozona.

Il tentativo di destabilizzazione della Grecia di Tsipras è stato scoperto e volgare. Già nei 4 mesi del negoziato i creditori hanno da un lato avanzato richieste:

– abusive, provocatorie, umilianti (p.es. hanno preteso: particolari distribuzioni dei sacrifici fra la popolazione greca senza averne titolo; di imporre un modello ‘neoliberale’ sottraendo la scelta alle istituzioni del paese);

– insostenibili (una massiccia ripresa dell’austerità) e destinate a un perpetuo fallimento, perciò oggettivamente inaccettabili.

– Dall’altro lato, in cambio non hanno offerto assolutamente niente! Non hanno neanche voluto discutere una riduzione del debito, che essi stessi sanno insostenibile e non rimborsabile per intero dunque mera finzione contabile, che però soffoca la Grecia. Si è trattato di un negoziato finto.

Infine, a parte la campagna di delegittimazione personale contro Varoufakis e Tsipras, le minacciose dichiarazioni sul voto dei greci (Junker e Merkel in testa), ecc., i creditori hanno arruolato la Bce, e usato questa istituzione – che è di tutti gli europei – per colpire la Grecia: “O firmi il nostro documento o noi ti chiudiamo le banche” avrebbe detto un ministro europeo a Varoufakis: frase non smentita. La Bce si è tristemente prestata. E poi il suo Vice Presidente Constancio ha dichiarato: “Se vince il sì riapriremo la liquidità, altrimenti…”: La chiusura delle banche ha avuto un certo effetto: gli unici a votare ‘Sì’ in Grecia sono stati gli ultra 55enni aggrappati alla difesa del poco che hanno; ma hanno prevalso i giovani in cerca di futuro, la dignità, la voglia di democrazia. Ora la destabilizzazione della Grecia deve cessare.

C’è in giro un’enorme confusione su cosa la Bce può e deve fare. Molti scrivono che la Bce “non può prestare altri soldi ai greci se i greci non pagano i debiti”: confondono le banche e lo Stato greco come fossero un unicum. In realtà, che lo Stato greco paghi o meno i suoi debiti a imprese, risparmiatori, e creditori esteri, le banche greche non c’entrano nulla (sono ostaggi): garantirne la stabilità è un obbligo statutario primario e preciso della Bce. Le banche greche non sono instabili per loro fragilità, ma perché la Bce (contrariamente a quello che fa con le banche degli altri 18 paesi) non garantisce loro la liquidità necessaria, e crea il panico. Neppure un default dello Stato greco (specie se parziale e selettivo) inficerebbe la solvibilità delle banche greche: esse detengono solo 11 Mld. di titoli pubblici greci, che peraltro non sono in discussione. Il comportamento della Bce è perciò sconvolgente, e dovrebbe spaventare tutti, anche quei paesi – come l’Italia – che per interesse l’hanno spinta su questa china scivolosa: un domani essi stessi potrebbero esserne vittime. Spero che in Parlamento qualcuno chieda spiegazioni.

Il “no” greco rende improvvisamente Hollande il chief negotiator e leader dell’Europa: è l’unico che la settimana scorsa ha invocato “un accordo con la Grecia”. Merkel invece ha detto: “solo dopo il referendum!”; è servita. Ora vola a Parigi per farsi dettare la linea. È la vera perdente (assieme a chi si era appiattito su di lei). Ma stavolta dovrà mettere sul piatto una sostanziale riduzione del debito greco (lo dice il FMI), invece che spingere per nuovi aumenti. La BCE deve subito ripristinare l’Ela illegittimamente sospesa – giornalisti: informatevi su questo punto –, altrimenti mette la Grecia fuori dall’Euro: non ne ha alcun diritto. Se lo fa, rischia di provocare una rivolta in tutta Europa, un trionfo di Podemos in ottobre, una dura reazione dell’America, persino della Cina: impensabile! Perciò credo che i mercati finanziari, dopo un tonfo iniziale causato dalle resistenze dell’eurocrazia, una volta ripristinata l’Ela si stabilizzeranno e recupereranno.

Ma la politica è l’arte del rivoltare le frittate. Nei prossimi mesi vedremo entrare in scena i Gattopardi: “Così non si può andare avanti”, Ci vuole l’Unione Politica europea”, “Una moneta senza Stato non può reggere”, “Bisogna cambiare i Trattati Europei…” (Quagliariello) con lo scopo di stringere ancora di più i bulloni. L’Eurozona ha bisogno dell’esatto contrario.

PierGiorgio Gawronski  http://www.ilfattoquotidiano.it/

 
 
 

Grecia : un disastro creato dall'euro e dalla Troika

Post n°1860 pubblicato il 02 Luglio 2015 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

Proprio così, è lo stesso Paul Krugman, premio Nobel economia 2008, a sostenerlo, titolando così il suo articolo di lunedì 29 giugno sul New York Times. Ma poi, proprio verso la fine del suo scritto dice anche: Don’t be taken in by claims that troika officials are just technocrats explaining to the ignorant Greeks what must be done. These supposed technocrats are in fact fantasists who have disregarded everything we know about macroeconomics, and have been wrong every step of the way.” (“Non lasciatevi ingannare dalla presunzione che i dirigenti della troika siano soltanto dei tecnocrati che spiegano agli ignoranti greci cosa va fatto. Questi presunti tecnocrati sono in realta’ dei fantasisti che hanno fatto scempio di tutto ciò che è dottrina in macroeconomia, e hanno preso ogni decisione nel modo piu’ erroneo possibile”.)

Pochi altri avrebbero potuto permettersi di lanciare una così pesante accusa contro la “Troika”, cioè le tre maxi-istituzioni (Bce, Fmi e Ue) che insieme governano almeno metà della finanza globale e che sono oggi i quasi esclusivi detentori del debito greco.

Eppure ha buone ragioni per dirlo. Infatti le cita queste ragioni nello stesso articolo e nell’altro uscito quasi in contemporanea: “The awesome gratuitousness of the Greek crisis” (La solenne gratuità della crisi greca).

Tra l’altro egli dice (proprio in apertura del primo articolo): “It has been obvious for some time that the creation of the euro was a terrible mistake. Europe never had the preconditions for a successful single currency” (“E’ ovvio da tempo che la creazione dell’euro e’ stata un terribile errore. L’Europa comunitaria non ha mai avuto le pre-condizioni per una singola valuta di successo” Quelle cioè che, negli Stati Uniti, hanno consentito durante la “Grande recessione del 2007-2009” di proteggere equanimamente i cittadini di Washington insieme a quelli della Florida (e di tutti gli altri 48 Stati della federazione americana).

Infatti, dice Krugman (nel secondo articolo): nel 2007 la Grecia aveva un debito pubblico pari a circa il 100% del Pil, alto, ma non preoccupante. Altre economie, tra le quali quella della Gran Bretagna, erano su quel livello (anche l’Italia lo era, ndr), e persino Francia e Germania non erano lontane, (poteva citare il Giappone, che era già ad un livello doppio, ma ha preferito restare in ambito europeo, ndr), eppure queste economie non hanno subito un tracollo finanziario di uguale portata a quella subita dalla Grecia. Esi chiede: “So yes, Greece was overspending, but not by all that much. It was over indebted, but again not by all that much. How did this turn into a catastrophe that among other things saw debt soar to 170 percent of GDP despite savage austerity?” (Certo, la Grecia spendeva troppo, ma nemmeno tanto. Era indebitata, ma nemmeno tanto. Come ha potuto tutto questo diventare una catastrofe che, tra le altre cose, ha visto il proprio debito salire fino al 170% nonostante i selvaggi tagli della austerity?”

E ne spiega il motivo: sono state la “camicia di forza” (imposta dall’euro, ndr) e la inadeguata espansione monetariadell’Eurozona (imposta da una banca centrale senza poteri autonomi, ndr) i veri colpevoli del disastro greco, non i greci.

Sono (sostanzialmente) le stesse cose che ho detto anch’io nel mio recente articolo Grexit: i greci devono pagare, ma i veri responsabili del disastro sono altri e nel precedente Grecia: se l’Europa dell’euro è questa, meglio uscire il più in fretta possibile.

Krugman conclude il suo articolo con un allarme grave dicendo: “Se l’Europa, così organizzata, riesce a trasformare un problema di così media portata (come quello greco, ndr) in un incubo di queste dimensioni, è il suo sistema che è fondamentalmente inattendibile”.

Non c’è altro da dire.

Ma se non bastasse, ecco quello che dice Joseph Stiglitz, un altro premio Nobel dell’economia nel suo articolo intitolato “Europe’s Attack on Greek Democracy” (Europa all’attacco della democrazia greca): “ … the true nature of the ongoing debt dispute … is about power and democracy much more than money and economics.”(“… la vera natura della disputa sul debito greco… e’ tra il potere e la democrazia molto piu’ che tra il denaro e l’economia”).  

E ancora: “25% decline in the country’s GDP. I can think of no depression, ever, that has been so deliberate and had such catastrophic consequences”. (25% di declino nel Pil del paese. Io credo che nessuna depressione abbia mai avuto così deliberate e catastrofiche conseguenze”.

Roberto Marchesi su http://www.ilfattoquotidiano.it/

 
 
 

La crisi greca svela il vero volto della BCE come banca straniera ostile

Post n°1859 pubblicato il 01 Luglio 2015 da Lucky340
 
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Le cose in questi mesi, fra la Grecia e i creditori, sono andate esattamente come previsto. Ed ora assistiamo a un’esplosione unanime, sui giornali italiani, di insinuazioni e accuse, talvolta ridicole, contro la Grecia e i suoi governanti. Anche i più prudenti si uniscono al coro, senza timore di incontrare opposizione: “Non è l’Europa che sta lasciando fallire la Grecia, ma casomai sono le scelte del governo greco che, a mio avviso, non sono adeguate alla necessità del Paese“. Ed è chiaro: deve essere colpa dei greci! Non può essere colpa delle politiche depressive dell’Eurozona. Altrimenti bisognerebbe smontare l’Euro; e convenire con G. Stiglitz: “I leader europei sono, in un certo senso, criminali”.

Un bell’esempio della manipolazione orwelliana in corso è apparso ieri su un grande quotidiano economico nazionale: “Chi ha vissuto dall’interno le trattative di sabato scorso [perché, l’articolista le ha vissute dall’interno?] non ha più riserve nel descrivere come spregiudicata o avventuristica la condotta del governo greco [ah sì? E perché? “Calunniate senza argomentare: alla fine qualcosa resterà…”]. Eppure dopo quattro mesi di trattative inconcludenti, Tsipras e Varoufakis avevano accettato gli obiettivi di bilancio [Bene: tutto risolto?] che la Commissione aveva significativamente allentato [Questo no! L’Europa non ha mai smesso in questi mesi di chiedere una correzione al bilancio pubblico del 2,5% del Pil.]. Ma le proposte di Atene per raggiungere i saldi di bilancio erano così recessive e così poco eque che nessun negoziatore le ha considerate credibili né in grado di risollevare il Paese”.

Cioè:

  1. L’Europa ha riproposto per la 5° volta in 5 anni le stesse politiche sempre fallite.
  2. I greci alla fine si sono arresi: hanno accettato questa follia.
  3. Ma a quel punto l’Europa ha detto: “Eh no, non basta!”. E ha aggiunto altre condizioni. Cosa non andava? La distribuzione dei sacrifici immaginata da Tsipras: troppo di sinistra!
  4. I creditori non hanno titolo per discutere la ripartizione dei sacrifici decisa da un Parlamento. Ai nostri commentatori di regime serve dunque un pretesto qualunque: “Erano proposte così recessive e così poco eque…!” Bingo!
  5. Recessive? A che titolo si ergono a maestri di crescita i leader del continente più depresso al mondo? Dov’è l’analisi economica a supporto? L’analisi economica dimostra semmai l’esatto contrario.
  6. Poco eque? Chi lo decide, i burocrati europei? O vogliono mettere Syriza contro la sua base elettorale per farla cadere?

Gran finale retorico: “Bruxelles si è sforzata di dare razionalità al piano di riforme greco… [che bravi]. Ma il clima [il clima?] creato da Varoufakis e … Alexis Tsipras ha deragliato ogni tentativo… Tsipras è ormai considerato inaffidabile e ostile … Il referendum convocato a sorpresa da Tsipras chiederà ai greci di aderire o bocciare una proposta che non esiste più perché l’eurogruppo l’ha ritirata tre giorni fa [cioè? Cambiano idea spesso?].”

[Applausi]

§ § §

La proposta dell’Europa alla Grecia è sempre la stessa dal 2010. Non fate default sul debito pubblico: onorate le scadenze, utilizzando i nuovi finanziamenti che noi “generosamente” (Merkel) vi offriamo. In tal modo le nostre banche e noi governi europei non subiremo perdite. È vero, il vs debito aumenterà ancora (a causa degli interessi). È insostenibile? Lo disse il Fmi già nel 2010? Lo hanno confermato i fatti? Pazienza: i nostri elettori esigono questa finzione. La nostra unica condizione è che facciate altra austerità, per pagare anche voi parte degli interessi.

Cosa succederebbe in un paese normale? Il governo greco direbbe ai creditori: il debito è troppo alto, è matematicamente insostenibile, facciamo default, se volete ci mettiamo d’accordo per pagarne il 30% o il 50% o il 60%, altrimenti arrangiatevi! Perché la Grecia non lo può fare? Perché interviene la Bce e dice: se non paghi la rata di fine Giugno al Fmi, io tolgo la liquidità alle tue banche. Cioè: la Bce crea un collegamento improprio fra i rapporti finanziari fra Fmi (o altri) e Stato greco da un lato, e la stabilità delle banche greche dall’altro. Un ricatto? Sì, e pesantissimo.

Tutte le banche del mondo, anche le più sane, non detengono mai tutti i soldi depositati presso di esse: li impiegano in vari modi, perciò non sono liquide. Se dunque tanti depositanti lo stesso giorno (mese) prelevano, la banca resterà solvibile solo grazie ai fondi prestati dalla banca centrale (anche indirettamente tramite altre banche commerciali). Perciò i depositanti sono tranquilli. Ma cosa faranno i depositanti se la banca centrale fa trapelare: “Forse smetto di fornire liquidità alle vostre banche”? Non vorranno rischiare di restare con il cerino in mano: andranno a prelevare. E più saranno e più il panico aumenterà. È quello che è successo: finché – quando Tsipras ha rotto la trattativa con i creditori – la Bce ha davvero fermato, completamente, l’afflusso di liquidità verso le banche greche. Scatenando il panico.

Chiudere le banche per una settimana non salverà la Grecia. È come se la Bce avesse tirato una bomba atomica sull’economia del paese. Lo stesso meccanismo degli spread italiani nel 2011, che servì a imporre Monti, e che sfuggì di mano, fino al famoso ‘whatever it takes’ di Draghi.

La Bce poteva comportarsi così con le banche greche? Gli avvocati di Draghi troveranno di certo qualche appiglio giuridico: ma saranno comunque pretesti. Perché è il dovere fondamentale delle banche centrali di garantire la liquidità delle banche (economicamente) solvibili. E non mi si dica che le banche greche sono solvibili fino al giorno in cui lo Stato greco paga la rata al Fmi, e poi non più! La Bce non si è comportata come la Banca centrale dei greci, ma come una banca centrale straniera ed ostile. Si è seduta al tavolo delle trattative dal lato dei creditori, è intervenuta politicamente a sostegno delle posizioni dei creditori ufficiali – posizioni illegittime (la distribuzione dei sacrifici si decide in Parlamento) e inefficaci (l’austerità non rilancia l’economia e non riduce i debiti) – e infine ha usato il suo immane potere per destabilizzare la Grecia.

La Bce è dunque politicizzata fino all’inverosimile, e ricatta chi non sta in riga. La lezione spero l’abbiano capita tutti: Podemos, M5S, ecc. e relativi elettori (attuali e potenziali): non azzardatevi a sfidare l’ortodossia ordoliberale (anzi chiudete pure i Parlamenti, perché le vostre politiche economiche e sociali le decidiamo noi, burocrati europei). Un nemico esterno lo si può combattere. Ma un nemico in casa, no.

PierGiorgio Gawronski   su http://www.ilfattoquotidiano.it/

 
 
 
 
 

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Un blog di: Lucky340
Data di creazione: 04/05/2010
 

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