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Messaggi del 07/10/2013

Certificati di Credito Fiscale (CCF):FAQ

Post n°1613 pubblicato il 07 Ottobre 2013 da Lucky340
 
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Certificati di Credito Fiscale (CCF): domande e risposte

 

D. Che cosa propone il progetto CCF per l’Italia ?
R. Di emettere 200 miliardi annui di titoli di Stato – i CCF appunto – aventi natura monetaria e non di debito.
 
D. Che cosa significa “natura monetaria” ?
R. Che lo Stato italiano non si impegnerà a rimborsare questi titoli, bensì ad accettarli, a partire da due anni dopo la loro emissione, a fronte del pagamento di tasse, imposte, contributi previdenziali e sanitari, multe eccetera: qualsiasi obbligazione finanziaria nei confronti della pubblica amministrazione italiana potrà essere estinta utilizzando indifferentemente CCF o euro.
 
D. Un CCF è quindi una forma di moneta nazionale ?
R. Può essere definita moneta italiana con utilizzo differito.
 
D. Perché l’utilizzo è differito di due anni ?
R. Perché, nel momento dell’utilizzo, i CCF a parità di condizioni riducono gli euro incassati dallo Stato italiano. Il differimento dà all’economia italiana il tempo di ottenere un significativo recupero di PIL, e quindi anche di entrate fiscali, compensando così l’effetto dell’utilizzo dei CCF quando giungeranno a maturazione.

 

D. A chi verranno assegnati i CCF ?
R. Il progetto attuale prevede tre destinazioni principali. Le aziende private, i lavoratori e lo Stato stesso.

 

D. Per quali dimensioni ?
R. Su 200 miliardi totali, all’incirca 80 alle aziende private, 70 ai lavoratori e 50 allo Stato.

 

D. Con quali finalità per le aziende private ?
R. Le aziende private riceveranno CCF commisurati ai costi di lavoro da esse sostenuti. E’ previsto un meccanismo a scaglioni, con maggiore incidenza percentuale sui costi pagati a lavoratori con redditi meno elevati. Per ogni 100 euro pagati in retribuzioni, imposte e contributi, l’azienda riceverà 20 euro in CCF. Per i redditi più alti, la percentuale scenderà considerevolmente.

 

D. E per i lavoratori ?
R. Analogo meccanismo, sempre a scaglioni: il lavoratore percepirà, in aggiunta a una retribuzione netta di 100 euro, 20 euro in CCF – con percentuale in discesa per i redditi alti.

 

D. Quindi aziende e lavoratori riceveranno gratuitamente un considerevole importo di CCF, in pratica di moneta utilizzabile due anni dopo l’assegnazione originaria. Che cosa ne faranno ?
R. Chi non avrà esigenze finanziarie immediate, potrà mantenerli come forma di risparmio addizionale. Altrimenti potranno essere monetizzati in anticipo.
 
D. In che modo ?
R. Si svilupperà un attivo mercato finanziario, in quanto i CCF sono un ulteriore categoria di titoli di Stato. Ci saranno a regime 400 miliardi di CCF in circolazione (due anni di emissioni, dopo i quali le nuove assegnazioni sostituiranno quelle in scadenza).

 

D. La monetizzazione anticipata comporterà una penalizzazione ?
R. Comporterà uno sconto finanziario in quanto 100 euro di CCF equivalgono a una banconota da 100 euro che non posso utilizzare se non tra due anni. Ma il valore finale è certo, addirittura più di quello di un BOT a due anni destinato a essere rimborsato in euro.

 

D. Perché è più certo ?
R. Perché lo Stato potrebbe andare in default sui suoi impegni di pagamento di euro, mentre il CCF avrà sempre e comunque un valore.
 
D. Quindi lo sconto finanziario non sarà molto elevato ?
R. Lo determinerà il mercato, ma approssimativamente lo si può stimare in linea con un tasso BOT a due anni.

 

D. Ma chi sarà il compratore di questi CCF scambiati sul mercato ?
R. Il compratore finale sarà un soggetto che avrà esigenze di pagamento nei confronti dello Stato italiano, per tasse o altro, e li utilizzerà quindi alla scadenza.

 

D. Per quali motivo è prevista l’assegnazione di altri 50 miliardi, attribuiti direttamente allo Stato italiano medesimo ?
R. Potranno essere utilizzati per altre forme di sostegno della domanda, quindi di spesa: integrazione di reddito alle categorie disagiate, investimenti pubblici, spesa sociale, interventi di ricostruzione in aree colpite da calamità naturali eccetera.
 
D. Perché viene proposta un’emissione annua di 200 miliardi ?
R. Perché a causa del calo di PIL prodotto nel 2008 dalla crisi finanziaria mondiale, e ulteriormente, nel 2012-3 dalla crisi dell’euro, il PIL italiano è fortemente inferiore al suo potenziale.

 

D. In che misura ?
R. Se dal 2007 in poi si fosse avuta una crescita reale media dell’1,5% - tasso considerato già piuttosto modesto in condizioni normali – il PIL 2013 sarebbe più alto di 300 miliardi. Questo è l’output gap da colmare.

 

D. Le assegnazioni annue però sono 200, non 300 miliardi.
R. Perché un’immissione di domanda nell’economia avvia una catena di eventi – il percettore di maggior reddito a sua volta in parte lo spende, aumentando il reddito di altre aziende e/o individui, eccetera. Quindi l’effetto è più che proporzionale.
 
D. La composizione dell’intervento di 200 miliardi – 80 alle aziende private, 70 ai lavoratori, 50 in spesa pubblica – è arbitraria ?
R. La composizione esatta sarà il frutto di decisioni politiche. E’ però fondamentale l’ordine di grandezza destinato alle aziende.

 

D. Perché ?
R. Perché occorre riallineare il costo del lavoro per unità di prodotto italiano a quello dei membri più efficienti dell’eurozona, in particolare della Germania. 80 miliardi sono il 18% circa dei costi di lavoro delle aziende private italiane.

 

D. E questo riporta la competitività italiana a livelli tedeschi ?
R. Esattamente, in modo analogo (anche se con un altro meccanismo) a quanto farebbe la “spaccatura” dell’euro e il conseguente riallineamento valutario.

 

D. Quindi viene meno una fonte di squilibri ?
R. Esatto: se non viene migliorata la competitività italiana, buona parte del sostegno della domanda prodotto dai CCF va ad alimentare domanda di prodotti esteri e squilibra la bilancia commerciale.
 
D. Invece in questo modo…
R. …le aziende italiane diventeranno immediatamente più competitive ed esporteranno di più, e guadagneranno mercato interno nei confronti delle importazioni.

 

D. Non sarà un danno per la Germania ?
R. No, perché in aggiunta a quanto sopra, l’Italia otterrà anche una forte ripresa economica, il che aumenterà il suo import, compreso di prodotti nordeuropei.

 

D. Quindi rispetto a oggi…
R. Oggi i saldi commerciali italiani sono all’incirca in pareggio, ma a livelli depressi. Con la ripresa dell’economia, i due effetti si compenseranno – più import per la maggior domanda, maggior export netto per la maggior competitività – e la bilancia commerciale italiana rimarrà in equilibrio, ma a livelli decisamente più alti.

 

D. Il debito pubblico italiano rimarrà in euro ?
R. Via via che giunge a scadenza, è consigliabile rifinanziarlo con ulteriori emissioni di CCF “di finanziamento”, per fare in modo che lo stato italiano non sia più indebitato in una moneta di cui non controlla l’emissione. La crisi finanziaria del 2011 non sarebbe mai avvenuta se il debito pubblico italiano fosse stato espresso non in euro ma in una moneta sovrana.
 
D. Ma i CCF emessi – parliamo adesso dei 200 miliardi annui utilizzati per sostenere la domanda e ripristinare la competitività delle aziende italiane - non sono un incremento del debito pubblico ?
R. No, in quanto non sono affatto debito. Lo Stato italiano li accetterà in pagamento di imposte e altre obbligazioni finanziarie nei suoi confronti, ma non dovrà mai rimborsarli. Sono una forma di moneta nazionale.
 
D. Quale sarà la reazione di autorità europee, partner europei, mercati finanziari ?
R. Il progetto CCF è la via per rendere sostenibile il sistema monetario europeo, senza attuare una “transfer union” (che la Germania non accetta) ed elimina definitivamente il rischio di una deflagrazione dell’eurozona. Inoltre, non si richiede alcun contributo finanziario alla Germania, e non si convertono le attività finanziarie italiane (depositi bancari, titoli di Stato) in una moneta destinata a svalutarsi.

 

D. I trattati vanno riformulati ?
R. Nella forma attuale, sono ineseguibili. D’altra parte sono stati concepiti su istanza dei paesi dell’ex area marco, che temono di doversi far carico dei debiti di uno o più paesi del sud. Il progetto CCF produce una forte ripresa economica dei paesi che lo adottano, quindi elimina questo rischio.
 
D. Per esempio, quindi, va abolito il fiscal compact ?
R. Il fiscal compact impone un percorso accelerato di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL. Per l’Italia, in particolare, si tratta di obiettivi totalmente irrealistici. Richiederebbero manovre fiscali pesantissime che abbatterebbero ulteriormente il PIL, e tra l’altro impedirebbero di conseguire la riduzione del rapporto debito / PIL.
 
D. Quindi, abolirlo ?
R. O chiarire in maniera inequivocabile che i CCF non sono debito (che è la verità). Questo rende gli obiettivi di riduzione del rapporto debito pubblico / PIL raggiungibili se, via via che il debito in euro scade, viene sostituito da “CCF di finanziamento”. Qui gli interessi collimano: il debito pubblico italiano espresso in euro, che la Germania teme, un giorno, di doversi sobbarcare a seguito di un default italiano, scende rapidamente e viene sostituito da emissioni di moneta nazionale italiana (non soggetta a default). Situazione enormemente più tranquilla sia per la Germania che per l’Italia.

 

D. L’emissione di CCF non produrrà inflazione ?
R. L’emissione di CCF (parliamo adesso dei 200 miliardi annui gratuiti, non dei “CCF di finanziamento”) produce un forte recupero della domanda e del PIL, ma questo non è inflazionistico perché in Italia c’è una fortissima quota di disoccupazione, quindi di capacità produttiva inutilizzata. Naturalmente l’ammontare emesso non può crescere oltre i livelli che consentono il ripristino della piena occupazione: a quel punto sarebbe, sì, inflazionistico.
 
D. Perché preferire il progetto CCF alla “spaccatura” dell’euro ?
R. Perché è una riforma che può essere tranquillamente discussa e analizzata alla luce del sole e non una “deflagrazione” da attuare di sorpresa, in tempi rapidissimi, con rischi di panico bancario e sui mercati finanziari. Perché non costringe la Germania a lavorare, d’improvviso, con una moneta rivalutata. Perché non c’è svalutazione dei crediti stranieri verso l’Italia. Perché non ci sono effetti redistributivi su aziende e banche, e contenziosi in quanto non è esattamente chiaro quali crediti e debiti si convertono in “Euro Nord” o “Nuovi Marchi”, e quali in “Euro Sud” o “Nuove Lire”. Perché il cittadino italiano non si vede trasformare i suoi risparmi, d’improvviso, in un oggetto diverso, di cui è chiaro solo che varrà di meno.
 
D. Il progetto CCF è applicabile ad altri paesi ?
R. Certamente: tutti i paesi dell’eurozona che hanno oggi difficoltà, o comunque livelli di competitività inferiori a quelli tedeschi, possono introdurli (anzi è raccomandabile che lo facciano). Ciò nella misura, caso per caso, opportuna per ripristinare competitività e piena occupazione.
 
D. I CCF diventeranno a un certo punto una vera e propria moneta nazionale ?

R. Il progetto CCF funziona anche a prescindere che i CCF vengano utilizzati per transazioni correnti. Tuttavia è probabile che l’utilizzo quotidiano prenda piede e si incrementi. Anche senza emetterli sotto forma di monete e banconote (cosa che è vietata dal trattato di Maastricht) ma usandoli per pagamenti elettronici (ad esempio via carta di credito) e naturalmente come sottostante nella definizione di contratti di lavoro, affitto, compravendita, eccetera. A questo punto si può immaginare che il CCF diventi a tutti gli effetti la moneta nazionale, riservando all’euro impieghi limitati (unità di conto, impiego per particolari transazioni finanziarie eccetera).

da  http://bastaconleurocrisi.blogspot.it

 
 
 
 
 

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Un blog di: Lucky340
Data di creazione: 04/05/2010
 

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