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Messaggi del 09/10/2013

Crisi dell'Euro: Appoggiamo la soluzione semplice e indolore rappresentata dai CCF (Certificati di Credito Fiscale)

Post n°1616 pubblicato il 09 Ottobre 2013 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

La soluzione della crisi è, dal punto di vista tecnico, molto più semplice di quanto si pensi.

 

L’euro, com’è costruito oggi, è un sistema troppo rigido. E’ una moneta sottovalutata rispetto ai fondamentali della Germania, sopravvalutata per l’Italia e per gli altri paesi mediterranei.

 

“Spaccare” l’euro e sostituirlo con monete nazionali è possibile ma complicato, e manca il necessario consenso politico. Inoltre l’opinione pubblica, pur rendendosi conto in misura crescente che qualcosa non funziona, è preoccupata dal fatto che una manovra “deflagrante” possa sfuggire di mano.

 

La soluzione è che i vari paesi in deficit di competitività rispetto alla Germania introducano una nuova forma di titolo di stato, i Certificati di Credito Fiscale (CCF).

 

Il CCF è un titolo di stato monetario, non uno strumento di debito. Monetario significa che lo stato emittente non lo rimborserà in cash, ma (a partire da due anni dopo l’emissione) lo accetterà in pagamento di tasse, imposte, contributi sociali e pensionistici eccetera.
 
L’Italia può emettere 200 miliardi di CCF all’anno, assegnandoli gratuitamente ai datori di lavoro (80 miliardi), ai lavoratori (70 miliardi), mentre altri 50 potrebbero essere dati in corrispettivo di pagamenti scaduti a fornitori delle pubbliche amministrazioni, di opere di pubblica utilità eccetera.

 

Il percettore può mantenere i CCF in portafoglio, o venderli sul mercato con un piccolo sconto, paragonabile a quello di un BOT a due anni.

 

Si ottengono subito una forte immissione di liquidità nel sistema economico e una poderosa ripresa dell’attività economica. Cresceranno anche le entrate fiscali, in modo tale da compensare, quando i CCF arriveranno a scadenza tra due anni, il loro utilizzo per pagare le tasse. Quindi non ci sarà incremento del debito pubblico italiano, mentre migliorerà nettamente il rapporto debito pubblico / PIL (grazie all’aumento del denominatore).

 

In un paio di anni, si può stimare una crescita del PIL italiano più che proporzionale rispetto alle dimensioni dell’intervento (grazie agli effetti moltiplicativi dello stimolo alla domanda, che avvia un circolo virtuoso: le aziende producono e vendono di più, riprendono ad assumere, i nuovi dipendenti aumentano i consumi eccetera).

 

Un’azione da 200 miliardi permette un recupero di PIL di 300, che è quanto necessario a recuperare la perdita di occupazione di cui l’Italia ha sofferto dal 2007 ad oggi.
 
Inoltre la quota allocata alle aziende riduce il costo del lavoro effettivo (senza penalizzare le retribuzioni nette, che anzi aumentano).
 
Quest’ultimo è un punto di grande importanza.
 
L’abbassamento del costo del lavoro per le aziende riduce praticamente a zero il rischio che la forte ripresa del PIL si accompagni a inflazione. Rischio comunque basso, visto che non sono prevedibili tensioni inflazionistiche prima che vengano riassorbiti (almeno in gran parte) gli attuali, estremamente elevati, livelli di disoccupazione e di sottoutilizzo della capacità produttiva del sistema economico.

 

Il miglioramento immediato di competitività porta, inoltre, il costo del lavoro per unità di prodotto italiano (CLUP) a livelli tedeschi. Questo evita che la ripresa italiana si traduca in un peggioramento dei saldi commerciali esteri e in problemi di bilancia di pagamenti: l’import aumenterà a causa della ripresa, l’export netto crescerà anch’esso, grosso modo in pari misura, grazie al forte miglioramento del CLUP.

 

Una soluzione come questa ha l’enorme vantaggio che NON occorre chiedere NULLA alla Germania:

 

-non si chiedono trasferimenti finanziari
-non si chiedono eurobond


-non si chiede ai tedeschi di aumentare le loro retribuzioni e quindi di perdere competitività


-non si chiede ai tedeschi (come avverrebbe in seguito al break-up dell’euro) di rivalutare la loro moneta


-non si chiede ai tedeschi (ancora, come avverrebbe in seguito al break-up dell’euro) di accettare il rimborso dei loro crediti in moneta svalutata.

da http://bastaconleurocrisi.blogspot.it/

 
 
 

Obama nomina Janet Yellen presidente Fed

Post n°1615 pubblicato il 09 Ottobre 2013 da Lucky340
 
Tag: news
Foto di Lucky340

WASHINGTON (WSI) - La Casa Bianca ha fatto sapere che il presidente Barack Obama nominera' oggi 9 ottobre Janet Yellen alla carica di presidente della Federal Reserve. E' la prima donna alla guida della Banca Centrale degli Stati Uniti. Secondo tutti gli osservatori, Yellen non cambiera' la politica monetaria di stimolo seguita da Ben Bernanke dall'autunno 2008, tramite enormi iniezioni di liquidita' e tassi d'interesse ai minimi storici, allo scopo di ridare fiato all'economia americana.

Il mandato di Ben Bernanke, presidente della Banca centrale americana, scade nel gennaio 2014. Era in carica dal febbraio 2006. Il 25 agosto 2009 il Presidente Barack Obama ha confermato la nomina di Bernanke come Presidente della Fed fino al 2014.

Janet Yellen è attualmente vice presidente della Federal Reserve (in carica dall'ottobre 2010) ed era ritenuta da molti la candidata migliore in campo. Professoressa di economia all'Università di Berkeley, ha fatto parte del gruppo di consiglieri economici del presidente Bill Clinton. Forte della sua esperienza in qualita' di presidente della Federal Reserve di San Francisco, ha le credenziali per prendere il posto di Bernanke l'anno prossimo, senza creare traumi alla politica monetaria degli Stati Uniti basata sul QE (quantitative easing) infinito.

La svolta si e' avuta il 16 settembre, quando l'altro candidato forte, Larry Summers, getto' la spugna. L'ex segretario al Tesoro americano, stretto collaboratore di Barack Obama, decise di ritirarsi dalla corsa alla presidenza della Federal Reserve, spalancando la porta per la nomina di Janet Yellen.

In una lettera indirizzata al presidente degli Stati Uniti, l'ex presidente dell'Università di Harvard scrisse: "Con grande dispiacere ho compreso che una mia eventuale nomina (davanti al Congresso) sarebbe fonte di dissidi e non gioverebbe all'interesse della Federal Reserve, né a quello del governo, né alla ripresa economica del paese." Obama, con un comunicato annuncio' di aver accolto la decisione di Summers: "Ho parlato con Larry Summers e ho accettato la sua decisione di ritirare la candidatura per la presidenza della Federale Reserve".

Lawrence Summers, 58 anni, il principale consigliere economico del presidente Obama durante la prima campagna elettorale e i primi due anni alla Casa Bianca, era considerato il favorito, fino a quando si e' capito che conflitti di interessi e legami troppo stretti con il mondo finanziario di Wall Street, oltre a una personalita' controversa, avrebbero creato polemiche a non finire e alla fine un boicotaggio della nomina. Janet Yellen invece rappresenta la continuita', la politica monetaria della Federal Reserve non cambia.

Da notare che il marito di Janet Yellen e' George Arthur Akerlof, un economista e accademico statunitense, professore di economia all'Università di Berkeley. Ha vinto il Premio Nobel per l'economia nel 2001 (insieme a Michael Spence e Joseph E. Stiglitz).

Nel 2005 Akerlof è stato il secondo firmatario di un appello sottoscritto da oltre 500 economisti americani, che denunciava gli enormi costi (7,7 miliardi di dollari all’anno) del proibizionismo sulla marijuana.

Probabilmente il lavoro di Akerlof che più lo ha reso famoso è il suo articolo The Market for Lemons: Quality Uncertainty and the Market Mechanism (Il mercato dei limoni: incertezza sulla qualità e i meccanismi di mercato), pubblicato nel 1970 sulle pagine del Quarterly Journal of Economics, nel quale sottolineava i gravi problemi che possono inficiare il buon funzionamento del mercato a causa delle asimmetrie informative. È grazie a questo articolo che ha ottenuto il premio Nobel nel 2001.

In Efficiency Wage Models of the Labor Market, Akerlof e la coautrice, appunto la futura presidente della Federal Reserve la moglie Janet Yellen, delineano i fondamenti logici per le ipotesi di salari efficienti, ovvero quei casi in cui i datori di lavoro sono disponibili a pagare un salario superiore al salario di equilibrio, in contrasto con le conclusioni dell'economia neoclassica.

da Wallstreetitalia

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 04/05/2010
 

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