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Messaggi del 25/03/2014

Basta euro. Come uscire dall’incubo-1^ puntata

Post n°1683 pubblicato il 25 Marzo 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

«Basta euro. Come uscire dall’incubo, 31 domande e 31 risposte, la verità che nessuno ti dice” è il titolo del volumetto curato dal professor Claudio Borghi Aquilini con postfazione di Matteo Salvini, liberamente scaricabile dal sito www.bastaeuro.org. Da oggi, pubblicheremo ogni giorno una domanda con relativa risposta contenute nel libretto.
 
1)L’Euro è la causa principale della crisi? Perchè? 
 
Per tanti motivi, ma i principali sono che un’unica moneta per economie diverse non può funzionare, crea disoccupazione, rafforza chi è già forte e indebolisce chi è già in difficoltà. Senza il controllo sulla sua moneta uno Stato in recessione non può tentare di contrastare le crisi. Senza il controllo sulla sua moneta uno Stato non può avere nessuna autonomia e si riduce alla condizione di un Paese del Terzo Mondo, con governi fantoccio e costretti a supplicare per ottenere il denaro di cui ha bisogno. Nessuno Stato può dirsi padrone a casa propria se non ha il controllo della propria moneta.
Vediamo il perché con qualche esempio.
Di solito uno Stato con un’economia molto competitiva ha anche una moneta dalle quotazioni elevate perché tutti devono richiederla per poter comperare i suoi prodotti. La forza della moneta fa “alzare i prezzi” dei prodotti di questo Stato che quindi diventano meno convenienti e tutto torna in equilibrio. Uno Stato che per vari motivi si trova ad essere meno competitivo o che sta attraversando un momento di difficoltà, invece, avrà anche una moneta dal prezzo minore perchè i suoi prodotti sono meno richiesti. Se il valore della moneta cala, per il resto del mondo è come se scendesse tutto il “listino prezzi” dei prodotti di quello Stato, che diventano così più convenienti e più richiesti e si tende a ristabilire l’equilibrio anche in questo caso. Con l’Euro invec si ha uno strano caso in cui un paese poco competitivo e in difficoltà (come per esempio la Grecia) si ritrova la stessa moneta di un Paese aggressivamente competitivo e in crescita (come la Germania): il “listino prezzi” della Grecia risulterà quindi troppo caro mentre quello dei prodotti tedeschi sarà troppo basso. Il risultato è che in Grecia si muore di fame mentre in Germania si registra il record di esportazioni. Un caso simile fu quello dell’Argentina che bloccò per molti anni il prezzo della propria moneta a quello del dollaro finendo nel 2001 al fallimento, con le conseguenze di quel disastro che (unite ad altri errori) si fanno sentire ancora oggi. Pensiamoci: tutti i paesi dell’Europa periferica sono nelle stesse condizioni: povertà e disoccupazione da record indipendentemente dal colore dei governi, dal livello di tasse e spesa pubblica o dal maggiore o minor livello del debito pubblico. Se tante persone entrano in un ristorante, e tutte quelle che hanno ordinato una particolare pietanza finiscono all’ospedale, è probabile che la colpa sia del cibo. Nel “Ristorante Europa da Merkel” stanno tutti male, tranne chi non ha ordinato la “pietanza Euro” come l’Inghilterra
o i gestori del ristorante (Germania). L’Italia, fino ad ora, si è difesa, ma la moneta troppo “pesante” rispetto a quella che sarebbe giusta per la sua economia, sta rendendo ogni giorno meno convenienti i suoi prodotti (il “listino prezzi” è troppo alto), per cui la disoccupazione è destinata irrimediabilmente a salire perchè gli stessi italiani compreranno sempre più prodotti esteri di quanto sarebbe giusto. I prodotti esteri (sembra una banalità, ma a volte non ci pensiamo) sono fabbricati da aziende ed operai esteri e, quindi, in Italia il lavoro scompare. Se scompare il lavoro, scompaiono anche i soldi per importare i prodotti e pagare le pensioni e si finisce alla fame. In pratica, è come se gli Stati Europei, invece di “essere una squadra”, fossero messi su un ring di pugilato gli uni contro gli altri, indipendentemente dal peso. Il “peso massimo”, cioè la Germania, vince e gli altri perdono. Sempre per rimanere in tema di sport è come se si mettesse un pesante zaino uguale per tutti sulle spalle dei concorrenti di una corsa: chi è più grosso e forte sarà avvantaggiato, mentre chi è piccolo e agile sarà in grossa difficoltà, così appesantito, e non potrà mai vincere. Anche il controllo della moneta come “arma” contro le crisi è fondamentale. Uno Stato che può “stampare moneta” e che ha un’industria ben sviluppata e prodotti normalmente richiesti se è in difficoltà può spendere di più per sostenere la propria economia senza preoccuparsi di dover trovare il denaro a prestito. Può anche comperare i propri titoli di debito mettendo altra moneta in circolo. Se questa azione facesse scendere il tasso di cambio della moneta, tanto meglio, perché come abbiamo visto una moneta più conveniente significa una maggior richiesta per i prodotti di quel Paese che diventerebbero più appetibili, creando così posti di lavoro e un nuovo equilibrio. Uno Stato che non ha una moneta propria, come invece accade per chi ha scelto di avere l’Euro, se è in difficoltà si ritrova a fare i conti con il famigerato “spread”, vale a dire che nessuno vuol comprare i suoi titoli. Gli altri Paesi, quindi, per “salvarlo” e prestargli i soldi che, se avesse avuto moneta propria, avrebbe potuto agevolmente procurarsi da solo, cominciano ad imporgli inutili e dannose politiche di austerità. Gli Stati in crisi quindi si ritrovano sempre più tasse, sempre meno possibilità di spendere e con interessi sempre più alti da pagare: vanno inevitabilmente ancora di più in difficoltà e la crisi peggiora. Pensiamo invece all’Inghilterra: quando nel 2008 ci fu la crisi delle banche, dopo il fallimento della americana Lehman, era in forte difficoltà perché la sua principale industria è proprio quella finanziaria. Ebbene, l’Inghilterra riuscì ad assorbire la crisi facendo comperare alla propria Banca Centrale i titoli di Stato necessari per finanziarsi, la Sterlina si svalutò fortemente (invece di far salire lo spread sui titoli) e adesso la sua economia è in ripresa senza aver dovuto subire ordini e condizioni da nessuno. Gli Stati dell’Europa periferica invece sono in ginocchio.

da http://www.lapadania.net/

 

PS___


Audizione di  Claudio Borghi  alla camera dei deputati del 18/dicembre 2013 nella quale demolisce le fandonie  sulle riforme strutturali  come condizione essenziale per rilanciare l'economia italiana!

 

 
 
 

Toh anche Fassina si è svegliato: Va aumentato il deficit e innalzata la domanda aggregata ora ci dice!

Post n°1682 pubblicato il 25 Marzo 2014 da Lucky340
 
Foto di Lucky340

I risultati delle elezioni amministrative di domenica in Francia sono l'ennesimo segnale che l'euro-zona è sulla rotta del Titanic e che l'iceberg non sono i mercati finanziari, ma i mercati rionali afflitti da sofferenza economica e sociale. La campana suona anche per noi in vista del Documento di Economia e Finanza (Def) per il 2014-16 e del Programma Nazionale di Riforme (Pnr). È un passaggio decisivo perché dai numerini lì scritti si evidenzia l'effettiva riconquista di autonomia culturale e dipende in misura significativa l'intensità della ripresa, ossia il fatturato delle imprese, l'occupazione, l'andamento della finanza pubblica e, non ultimo, lo svuotamento dei populismi.

Affinché sia "la svolta buona", l'intervento sull'Irpef va fatto senza "copertura". Il Def presenti obiettivi di deficit innalzati, rispetto all'andamento tendenziale, di 10 miliardi all'anno, almeno per un triennio, così da dare efficacia all'intervento sull'Irpef. Così da migliorare il Pil potenziale, il saldo strutturale oltre che nominale e l'andamento del debito pubblico nel medio periodo. "Coprire" il taglio di tasse con un altrettanto ampio taglio di spesa determinerebbe un effetto recessivo sul Pil e provocherebbe effetti negativi sull'occupazione e sul debito pubblico. È un fatto documentatissimo: il moltiplicatore della spesa è molto più elevato del moltiplicatore delle tasse (il Fondo Monetario Internazionale ha avuto il coraggio di fare autocritica). È un fatto prevedibile e previsto. Purtroppo, ancora negato dagli ostinati difensori di un neo-liberismo oramai diventato "teo-liberismo".

Sia nella conferenza stampa, sia nella discussione in Parlamento in vista del vertice di Bruxelles del 20 e 21 Marzo, il governo ha dato chiare indicazioni di discontinuità sulla politica di bilancio, fino a definire "anacronistico" il vincolo del 3% per il rapporto tra deficit e Pil. Finalmente. Finalmente, chi ha la massima responsabilità di governo prende atto che non funziona la linea mercantilista praticata nell'euro-zona. Austerità e svalutazione del lavoro, alla ricerca di competitività di costo per l'export, determinano ulteriore contrazione della domanda interna, sofferenza economica e sociale e impennata del debito pubblico. Non solo in Italia, ma ovunque.

La ragione del circolo vizioso sempre più soffocante non è la carenza di riforme strutturali, come si continua a leggere nei documenti della Commissione, segnata da ideologia cieca e ubbidienza agli interessi nazionali, declinati in modo miope, della Germania e di poteri finanziari senza patria. La ragione è la carenza di domanda aggregata: le imprese non investono perché non vedono consumatori, non perché non possono licenziare persone oramai ovunque senza protezione efficace. Il Pil medio nell'euro-zona è 3 punti al di sotto del 2007. Sette milioni di disoccupati in più. Debito medio salito dal 65 al 95 %. Prospettive di ripresa anemica, elevata disoccupazione, deflazione e insostenibile debito pubblico. Di quali dati abbiamo ancora bisogno per ammettere che non possiamo crescere tutti attraverso le esportazioni? Il modello tedesco non è generalizzabile e, senza credito facile ai Piigs, incomincia a ingolfarsi anche in Germania. Non può funzionare per un'area economica così grande e così ricca in termini di reddito medio pro-capite. Chi può importare l'enorme flusso di beni e servizi necessari a una ripresa dell'euro-zona sufficiente a scalfire la disoccupazione? Le economie emergenti anche esse tenacemente concentrate sull'export? Oppure gli Stati Uniti, per due decenni consumatore di ultima istanza, ma ora bloccati da un enorme debito estero e con un dollaro arrivato a 1,40 sull'euro? Le mitiche riforme strutturali sono drammaticamente più difficili nella disperazione e stagnazione. E comunque hanno effetti negativi almeno nella fase iniziale.

In tale contesto, è deprimente sul piano intellettuale e depressivo sul piano economico l'ennesimo intervento sulle regole del marcato del lavoro alla ricerca dell'occupazione perduta. È un'operazione di ulteriore svalutazione del lavoro, data l'impossibilità di svalutare la propria moneta, secondo la logica mercantilista. Aumenta la precarietà, quindi riduce ulteriormente la capacità negoziale e le retribuzione dei lavoratori e lavoratrici, quindi la domanda e l'attività produttiva. E, inevitabilmente, riduce l'occupazione. Va cambiato in Parlamento sia sulla portata dei contratti a tempo determinato senza causalità, sia sul contratto di apprendistato mutilato di formazione e una minima quota di stabilizzazioni.

Va percorsa la strada opposta: innalzare la domanda aggregata. È l'obiettivo della riduzione dell'Irpef per i lavoratori e lavoratrici a reddito medio-basso. Il governo ha fatto bene. Meglio avrebbe fatto a eliminare i contributi sociali a carico di tutti i lavoratori e lavoratrici. Così, avrebbe aiutato anche "gli/le incapienti", i/le quali sono in condizioni ancora più difficili e hanno una propensione al consumo più elevata di chi, a 1.500 euro mensili, può beneficiare dell'innalzamento delle detrazione per reddito da lavoro dipendente e assimilato. E così avrebbe beneficiato anche la marea di giovani a partita Iva, i lavoratori autonomi, i professionisti.

Affinché l'intervento del governo abbia efficacia sull'andamento dell'economia reale per arrestare l'emorragia di lavoro deve essere accompagnato da un allentamento del deficit. Ovviamente, la spesa pubblica italiana va riqualificata. Liberata da sprechi e ruberie. Ma è la più bassa dell'euro-zona e va riallocata: innanzitutto sulla boccheggiante scuola pubblica, per finanziare ammortizzatori sociali universali e aiutare le famiglie in povertà, sempre più diffusa, e pagare i debiti in conto capitale delle pubbliche amministrazioni.

Il governo non si faccia intimidire da chi continua a recitare il mantra teo-liberista a Bruxelles e a Roma. Sono loro i colpevoli di scaricare sulle spalle dei nostri figli un debito sempre più elevato (30 punti percentuali di Pil in 5 anni di austerità cieca, 24 al netto dei trasferimenti al Fondo Salva Stati e dei pagamenti dei debiti arretrati verso le imprese), oltre che un vertiginoso vuoto di lavoro e dignità. I famosi mercati finanziari capiscono. Sanno bene che soltanto la rianimazione dell'economia può evitare la ristrutturazione del nostro debito pubblico, insostenibile in uno scenario di Pil reale anemico e inflazione vicina a zero. Sanno bene che, oltre al 3%, anche il fiscal compact è anacronistico, anzi radicalmente controproducente, come il secondo comma dell'articolo 81 della Costituzione: un capolavoro ideologico di autolesionismo. Abbiamo scritto che "Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali". Combattiamo a Bruxelles per la golden rule ma, grazie ai "responsabili" legislatori guidati dal Governo Berlusconi e dal Governo Monti e alla subalternità culturale di larga parte del Pd, gli investimenti in deficit sono, per la nostra Costituzione, un principio eversivo. Così come inammissibile è anche la spesa in conto capitale per co-finanziare i fondi strutturali.

Il conformismo imposto dagli interessi forti e il pensiero unico dei sacerdoti di Bruxelles portano l'euro, non soltanto l'Italia, al naufragio. Il governo vada avanti nell'inversione di rotta per una politica di bilancio anti-ciclica: non soltanto le grandi banche sono "too big to fail". Anche l'Italia.

Stefano Fassina su Huffingthon Post

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: Lucky340
Data di creazione: 04/05/2010
 

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