luglio

risponde Parsi


quasi che fosse una politica del quotidiano  "La Stampa" sulla stessa edizione di questa mattina ma sei pagine dopo l' articolo di Zatterini,  Vittorio Emanuele Parsi  fa delle considerazioni sulla dirigenza turca ovvero  Erdogan.< Ha poi incassato il plauso delle folle e delle autorità transitorie in Egitto ed in Libia...> e non solamente con l' obbiettivo di oscurare la Siria e la sua influenza sul Medio Oriente quanto piuttosto una manovra di controllo su futuri approvigionamenti energetici.Una preoccupazione anche americana già nel 2008 che nel dispaccio dell'ambasciatore Ronald Spogli avvertiva la Casa Bianca dell' accordo Eni - Gazprom e che difatto venerdì scorso si è avverato quando l' Eni ha uffucializzato la cessione alla Gazprom della metà della sua quota del 33% del giacimento libico Elephant.Insomma la Turchia avanza ed anche se rimane l'impedimento per Cipro Sud di commerciare con la penisola anatolica, la Turchia considera una provocazione quella di Cipro nella ricerca di gas e petrolio dalla parte di mare confinate con l'area israeliana anzi ha già fatto salpare le sue navi e di conseguenza sono partite le consultazioni fra Cipro e Israele per eventuali accordi militari coinvolgendo anche la Grecia.<Erdogan sa benissimo che il prezzo che realisticamente potrebbe pagare per una mossa così audace( ) non è poi così elevato >...  < a Parigi come a Berlino, Londra come a Roma, sanno tuti benissimo che la possibilità che i regimi che nasceranno  in conclusioni delle rivoluzioni arabe possano essere osservanti e conservatori ma non per questo radicali e antioccidentali dipende anche dal successo di Erdogan nel vendere il uo progetto politico. Quello di un Islam politicamente attivo e rilevante ma nell'ambito di uno stato che si mantiene laico.>Ma ci credete veramente ????conclude Parsi < E val proprio la pena tollerare qualche smargiassata e qualche incontro in meno affinchè una simile prospettiva diventi sempre meno aleatoria .>Sperando che se poi vogliono cambiare leader, i turchi non debbano aspettare altri quarant'anni come in Libia o in Egitto.