Liberi come l'aria.
In questo blog sono graditi tutti gli interventi, se in tema con l'argomento del post. Potete dire qualunque boiata, purché non lo facciate in maiuscolo o in grassetto. La prima regola del vivere civile é quella di non prevaricare gli altri, e chi lo fa,oltre a non meritare la mia stima, si rivela solo un gran cafone.
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Secondo il principio dell'autodeterminazione e del consenso informato, una grande conquista civile delle società culturalmente evolute, che permette alla persona di decidere autonomamente e consapevolmente se effettuare o meno un determinato trattamento sanitario e di riappropriarsi della decisione sul se e a quali cure sottoporsi, oggi è possibile rifiutare un trattamento sanitario che porti al prolungamento della vita in modo artificiale. Ciò è stato possibile a Papa Giovanni Paolo Secondo, che alla possibilità di poter essere sottoposto a cure intensive in qualche ospedale, preferì passare gli ultimi giorni di vita nel suo appartamento in vaticano, rinunciando a prolungare inutilmente la sua agonia.
Tuttavia, esistono problemi di natura pratica quando un paziente intende rifiutare o vuole interrompere una terapia nella fase terminale della sua vita. È questo uno degli argomenti affrontati dal giudice del tribunale civile Angela Salvio che ha respinto il ricorso di Piergiorgio Welby: malato terminale che ha già chiesto più volte di poter cessare la sua inutile sofferenza.
Oggi si parla tanto di "contronatura", riferendola ad aspetti che poi in verità non hanno niente in comune con questo termine.
Piergiorgio Welby ha detto giustamente che intende solo riappropriarsi della sua realtà naturale. Il suo chiedere la morte è un modo per riappropriarsi della natura... e questo dovrebbe lasciarci riflettere. E' indubbio che essere tenuto in vita artificialmente, tra l'altro tra mille sofferenze, ha poco di naturale, anzi nulla. In casi così estremi infatti, non si tratta di combattere una malattia, ma soltanto di impedire che la morte sopravvenga.
Inutile parlare della grande sofferenza che accompagna l'esistenza di questo signore: senza alcuna speranza e senza che le sue esigenze vengano comprese ed accolte dalla realtà che gli sta intorno.
Una delle più grandi sofferenze per l'uomo è non poter avere ciò che si desidera, ma una sofferenza ancora più grande è avere ciò che non si desidera. Il signor welby non desidera vivere a queste condizioni, ma d'altro canto, chi di noi lo vorrebbe?
Alla fine, la sentenza del giudice Angela Savio, era prevedibile. I tribunali interpretano solo la legge, e se nei suoi codici non è previsto alcun articolo che conceda il diritto naturale di morire, i giudici non possono certo inventarselo.
Dal canto mio penso che il problema sia di carattere politico. Fin quando la politica non vorrà interessarsi a questi problemi "difficili", le persone come il signor welby potranno solo soffrire in silenzio, colpevoli di aver sollevato questioni troppo imbarazzanti, per vari aspetti, in cui nessuno ha voglia di pronunciarsi.
A mio avviso, a questo punto, questo povero signore, avrà un'unica ultima carta da giocare: Un appello al presidente della repubblica. Una richiesta di "grazia" che gli conceda il suo sacrosanto diritto di morire e di riappropriarsi della sua realtà naturale. Io non mi intendo di materia costituzionale, ma credo che il presidente della repubblica abbia un potere che vada oltre la legge scritta.
Caro Napolitano, nella sua carica ci sono onori ed oneri, questo è uno di quelli. Mi rendo conto che non le sarà facile pronunciarsi su questa questione, ma dovrà farlo lei. Non vedo altra soluzione.
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