SERENE BATTAGLIE

Gratitudine


“Un ringraziamento per aver fatto, appositamente per me, il mondo così grande e vario. Di aver fatto tanti miliardi di altri uomini in apparenza simili a me per tenermi compagnia e di averli disseminati dovunque affinchè, in qualsiasi punto vada, non abbia a trovarmi solo. Inoltre: di averne fatti vivere molti molti altri miliardi prima della mia nascita allo scopo che le loro avventure mi possono distrarre e far pensare. E di aver creato tante terre lontane dove, se fossi diventato esploratore, avrei potuto esplorare. E messo al mondo tanti sapienti i quali mi potessero spiegare le infinite stranezze di questo regno; pur lasciandone la parte maggiore ancora avvolta nel  mistero affinchè, se attratto, ne possa scoprire qualcuna anch’io o per lo meno fantasticarci sopra nelle sere d’estate. E appese al cielo miliardi di stelle, di cui scorgo solo una minima porzione; riservando le altre al caso che fossi diventato un astronomo e mi fosse piaciuto investigarle. E così via via potrei continuare la enumerazione per centinaia di pagine.Pensandoci, qualche volta mi sembra perfino che sia una esagerazione. Quante montagne, mari, città, linguaggi e musiche, albe e tramonti che non vedrò mai, non sospetterò neppure che esistono. Un universo smisurato con una infinità di vite difformi, una cosa così bella e grande per me, meschino essere che non sa neppure guardarsi intorno. Questo travaglio di nascite, di sofferenze e di tragedie, perpetuato da milioni d’anni, al solo scopo di compiacermi!Dio, ti ringrazio anche di aver favorito tanti dolori affinchè possa apprezzare il mio piccolo bene. Meglio ancora, di aver provocato odi e guerre infernali perché, misurando la perfidia degli uomini, non mi affezioni eccessivamente a questo mondo. E di averli fatti   nemici e miserabili anche verso di me affinchè, riconoscendomi loro simile, io abbia a dubitare sempre dei miei meriti, mi stimi anzi  povero anch’io e abbietto. Ringrazio anche per le innumerevoli paure, delusioni, penose attese, malattie, di avermi insomma evitato la possibilità di essere felice allo scopo che l’esistenza a poco a poco mi appaia sempre più ingrata; e che io impari a lasciarla senza eccessivi rimpianti. Meravigliosa sollecitudine! Tutto è stato studiato in modo –catena sterminata di tragedie, di viltà, di scelleratezze, di mortali indifferenze-  in modo che a poco a poco questa casa mi piaccia un po’ meno. E io cominci invece a desiderarne un’altra, precisamente quella che mi aspetta, forse. Con magnificenza è stato disposto questo apparato di mali, un oceano nero, esclusivamente per me! penso con smarrimento, talora. Ma non è uno spreco se si pensa a quanto io sono piccolo?Eppure, guardate, non basta (e qui sta la suprema meraviglia). Tutto e tutti intorno a me, fissandomi negli occhi, senza mai lasciar prevalere la mia astuzia avidissima, mi additano col  loro esempio la vanità delle cose, o mi fanno cadere perché io senta come è ruvida la terra; con pazienza infinita disfanno, via  via  che le tento, le trame della mia attesa. Non basta, vi dico. Cieco, io rialzo ogni volta la testa spregiando tanta sapienza che dilaga nell’universo.Ogni mattino ricomincio, stupidamente mi accingo a godere questo palazzo misterioso. Il coro giornaliero di pene, di singhiozzi e di morti mi minaccia invano. Io non voglio capire. L’ospite sorridendo non si stanca di additarmi la porta, invitandomi a guardare più in là, verso il regno felice. Ma io stupido mi ostino, resto seduto a giocherellare, aspettando, trastullandomi con delle pietruzze. Incaponito, me ne sto fermo, e trasalgo a ogni scricchiolio, nella solitudine del giardino.(“In quel preciso momento”, di Dino Buzzati, Oscar Mondadori, pp. 11-13)