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Un animale per amico: "Aiuta il cuore e la mente"


Un animale per amico: "Aiuta il cuore e la mente"La ricercatrice dell’Iss: riconoscimento alla pet therapySempre più numerose le patologie alle quali si può applicare con successo la peth therapy: dall'Alzheimer alla riabilitazione post ictus   LA COMPAGNIA di un animale domestico fa bene al cuore, protegge dalle malattie e aiuta nella riabilitazione e nelle terapie occupazionali. Gli amici a quattro zampe svolgono un ruolo di sostegno sociale, aiutano a ridurre lo stress. Tuttavia non esiste ancora una legislazione che regolamenti il settore, nonostante un accordo Stato-Regioni. Inoltre, le terapie assistite con l’animale domestico non sono a carico del servizio sanitario nazionale e per ora sono prerogativa delle regioni o di iniziative private a sfondo sociale. Ne parliamo con Francesca Cirulli, ricercatrice dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).Gli animali come alleati nella cura delle malattie, un fenomeno in espansione. Cosa manca per avere una patente di scientificità? "La definizione di validi strumenti metodologici, e di linee guida che disciplinino tali pratiche. Un’esigenza sentita da tutte le categorie professionali che operano in questo campo. I soggetti coinvolti sono più frequentemente anziani o bambini, fasce della popolazione particolarmente vulnerabili che necessitano di interventi mirati, soprattutto nel caso di patologie delicate. Per questo motivo, l’Istituto Superiore di Sanità sta lavorando attivamente con il Ministero della Salute, e il Centro di referenza Nazionale, alla stesura di linee guida che verranno pubblicate a breve e a cui potrebbe seguire una proposta di legge vera e propria".In tema di pet therapy esistono delle realtà pilota in Italia? "Ne esistono diverse. Una esperienza importante con gli animali è in atto in Emilia Romagna, la facoltà di Medicina Veterinaria dell’università di Bologna ha da tempo promosso un censimento sulla pet therapy. Una ricognizione mirata al monitoraggio delle iniziative, anche spontanee, sorte a livello territoriale sia per quanto riguarda le attività assistite, cioè le situazioni in cui gli animali da compagnia agevolano la persona e la supportano nelle azioni quotidiane, sia gli interventi strutturati come l’ippoterapia, laddove si stabilisce un legame più stretto tra il paziente, il cavallo e il terapista. Dati alla mano, l’Emilia Romagna risulta essere la realtà più all’avanguardia nel settore, fanalino di coda la Campania. In veloce ascesa il Veneto".Gli interventi assistiti sono dunque presenti in molte regioni italiane. Quali sono gli animali più coinvolti oltre a quelli citati? "Dicevamo appunto il cane e il cavallo, ma anche il gatto e l’asino si rivelano utili, dato che per le loro qualità sono più inclini all’interazione con la specie umana".Un’applicazione su tutte?"Il reparto Neuroscienze comportamentali del nostro istituto ha condotto una ricerca, in corso di pubblicazione sulla rivista Psychogeriatrics, che testimonia l’importanza di un intervento mediato con il cane negli anziani ricoverati in residenze sanitarie assistite: fido si configura non soltanto come un elemento ludico ma diventa un attivatore dei sistemi fisiologici troppo spesso arrugginiti dall’inattività".Come si deve articolare la preparazione dei terapisti? "Una formazione di base comune a tutti, cui si aggiungeranno moduli formativi distinti per il personale medico e per gli operatori coinvolti nella conduzione dell’animale. I programmi dovranno essere approvati dal centro di referenza nazionale, che deve assicurare uno standard di qualità".E in attesa di una normativa organica? "Esercitiamo un ruolo di raccordo per omogeneizzare i criteri di applicazione: deve esistere una équipe prima di tutto, il pet terapista da solo fa poco o niente. Ci vuole il medico, mentre il veterinario assicura il benessere dell’animale. Citiamo anche lo psicologo e il personale infermieristico. La terapia va modulata in base all’età della persona e alla patologia".