Lunedì

Povera Chiesa... (... o poveri noi??)


Il finanziamento alla Chiesa Cattolica è stato deciso con la revisione concordataria del 1984, sottoscritta da Craxi, e trasformato poi nella legge n. 222 del 20 maggio 1985. Forse non tutti sanno che la percentuale dei contribuenti che firmano l’otto per mille a favore della Chiesa cattolica è di circa il 45%, che poi in sede di liquidazione dell’importo calcolato diventa quasi il 90%, cosa che non accade in altri paesi europei. In Germania, ad esempio, il credente versa volontariamente alla sua chiesa un 9% dell’imposta sul reddito pagato, chi non vuole semplicemente non paga; nella cattolica Spagna il contribuente può dichiarare che lo 0,5% del gettito fiscale possa essere destinato alla Chiesa o allo Stato, in assenza di scelta la cifra è destinata ad altri fini. In Italia, invece, la Chiesa Cattolica, tramite un meccanismo controverso, riesce ad incamerare quasi totalmente il cosiddetto 8 per mille dell’IRPEF, qualunque sia la scelta o la non-scelta degli italiani. Il nuovo sistema di finanziamento dell’organizzazione ecclesiastica, regolato dalla legge 222 del 20 maggio 1985, recepisce gli accordi raggiunti il 15 novembre 1984 da Mons. Attilio Nicora e dal prof. Francesco Margiotta Broglio. Al secondo titolo del punto 3 del Protocollo Addizionale “Beni ecclesiastici e sostentamento del clero”, si elimina il precedente sistema della congrua sia nella forma dell’erogazione sia nella gestione dei fondi. L’articolo 21 infatti prevede la creazione di un “Istituto per il sostentamento del clero” alle dipendenze del vescovo di ogni diocesi, e di un “Istituto Centrale” alle dipendenze della CEI, dove far confluire l’enorme tributo dell’ 8 per mille e i versamenti fino a due milioni detraibili dalla denuncia dei redditi. In pratica, ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi può scegliere la destinazione dell’8 per mille del gettito IRPEF tra diverse opzioni, attualmente sette: Stato, Chiesa Cattolica, Unione Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, Assemblee di Dio in Italia, Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, Chiesa Evangelica Luterana in Italia, Unione Comunità Ebraiche Italiane (da notare che i Testimoni di Geova, i più pericolosi concorrenti del Vaticano, sono da dieci anni in attesa di essere inseriti, inutilmente). In realtà nessuno destina il “proprio” gettito: il sistema adottato assomiglia molto di più ad un gigantesco sondaggio d’opinione, al termine del quale si “contano” le scelte, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto, ed in base a queste percentuali vengono poi ripartiti i fondi. Come se non bastasse, la mancata formulazione di un’opzione non viene presa in considerazione: l’intero gettito viene ripartito in base alle sole scelte espresse. Lo stesso comma 3 si conclude così: “...in caso di scelta non espressa da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse”. Quale che sia, cioè, la percentuale delle scelte espresse, anche la quota su cui non è stata effettuata nessuna scelta viene distribuita alla Chiesa Cattolica o allo Stato, in percentuale alle scelte a loro favore. Solo fra loro, perché le altre confessioni dignitosamente non hanno accettato di partecipare a questa ulteriore spartizione. Non solo viene limitata la libertà di scegliere o non scegliere, ma è evidente l’intrusione nel segreto delle coscienze, soprattutto da quando la legge consente ai lavoratori dipendenti di affidare al datore di lavoro la redazione della propria denuncia dei redditi. Quanto all’entità delle somme erogate alla CEI sulla base di tale forma di finanziamento, è previsto un complesso sistema di transizione che stabilisce anticipi e conguagli annuali e di triennio in triennio. Solo una minima parte dell’ 8 per mille va in opere di carità, che oltretutto non sono verificabili da nessuno, come conferma l’art.44 del titolo 2 sempre del Protocollo Addizionale: “si stabilisce che la CEI trasmetta annualmente all’Autorità Statale un rendiconto relativo all’effettiva utilizzazione delle somme ricevute a vario titolo direttamente dai cittadini o dallo Stato”. Su tali rendiconti, però, non sono previsti né controlli né verifiche. Di diversa natura sono i contributi che vanno a sostenere opere e associazioni cattoliche nel contesto del finanziamento di attività sociali, assistenziali, scolastiche, editoriali di vario genere: sono finanziamenti in gran parte assicurati dalle Regioni, dai Comuni e ancora dallo Stato. C’è da osservare infine che nella pubblicità svolta attraverso radio, televisioni pubbliche e private, giornali, opuscoli e perfino le comunicazioni bancarie ai clienti e con l’aiuto massiccio delle aziende a partecipazione statale come la SIP prima, la Telecom adesso, la CEI afferma di non ricevere più contributi diretti dallo Stato, in seguito ad una scelta di libertà e di povertà evangelica. Il regime di privilegio si evidenzia anche perché a fare propaganda è sostanzialmente solo la gerarchia cattolica, lo Stato non entra praticamente in competizione e le altre confessioni non hanno la forza per garantirsi una vera campagna di spot.