Lunedì

Mai dire Brèsciane...


E' ora di chiarire una volta per tutte che ci sono al mondo Brèsciane e Brésciane.Sono due categorie ben distinte, di quella differenza così ampia da risultare pressochè diametralmente opposte.La storia inizia qualche secolo fa. Non poi tanti, ma per certo dobbiamo tornare indietro almeno a quando Francesi ed Austriaci si contendevano il territorio strategico della provincia di Brescia, con i ricchi approvvigionamenti d'acqua, la posizione di passaggio delle nostre valli e soprattutto le roccaforti sparse un po' ovunque, testa di serie il Castello della città.Tanto per capirne l'importanza, fu proprio dal Castello di Brescia che gli austriaci riuscirono ad avere la meglio sui cittadini bresciani, dopo le famose Dieci Giornate di resistenza. Giornate che valsero alla città l'appellativo di Leonessa d'Italia, da parte di uno quasi sconosciuto sig. Aleardo Aleardi (Canti Patrii, 1857) e ripresa poco più tardi da un più famoso sig. Carducci (Odi Barbare, 1877)Ma torniamo a questa piccola differenza, non certo dovuta all'accento.Alcuni "gentiluomini" o, se preferite, "nobili e/o ricchi", non avendo modo di sfogare il loro reale augello nei dintorni di casa, sia che questa fosse nei dintorni di Milano, sia dalle parti delle Venezie, pensarono bene di cercare la merce pregiata nei dintorni di Brescia.Ora, molti conoscono la riservatezza degli abitanti della zona, scambiandola spesso per scontrosità. Fondamentalmente ai bresciani piace farsi i cavoli loro. Requisito molto ricercato per coloro che necessitavano per l'appunto di fare i loro comodi senza averne pubblicità. Aggiungete a tutto questo il fatto che Brescia "sfornava" signore e signorine d'una certa bellezza e salute, molte delle quali anche degnamente acculturate, insomma una manna dal cielo per questi "gentiluomini".Fu così che col tempo "Bresciana" divenne sinonimo di bellezza, salute, cultura, Donna (con la D maiuscola, non a caso). Ma, rovescio della medaglia, per alcuni significò anche disponibilità sessuale, prostituzione e tanto altro.Dire "sei una bresciana", magari in tono dispregiativo o altezzoso NON è considerato un complimento, soprattutto nella sua versione simil-dialettale. Conosco ad esempio la frase "andiamo dalle bresciane" intesa come andare a prostitute.Dire "sei una bresciana" a ragion veduta, ossia dopo aver conosciuto la "bresciana" in questione, in determinati contesti e frasi invece assume tutto un altro senso.C'è un'altra versione che rende omaggio alle cave di marmo della zona. Il marmo di Botticino è uno dei più pregiati e ricercati. Fu uno dei motivi per cui i Romani stabilirono uno stanziamento nella zona, ma questa è un'altra storia.Dire ad una ragazza "sei come una statua di Botticino" significa sì che la sua bellezza è tale da poter ispirare una statua di marmo pregiato. E' anche vero però che il marmo è freddo e duro, quindi tale affermazione può insinuare che la signorina in questione possa essere gelida e dura di cuore come una statua di marmo.La forza delle parole c'è. E va letta nel contesto adeguato.Ah, sia chiaro: io faccio parte della categoria delle brésciane. Per questo non accetterò mai di essere apostrofata con un "ehi bresciana" o un "brésanina", soprattutto da chi non mi conosce.Provate voi a chiamare "sardegnolo" un sardo. Se vi va bene ed il personaggio capisce la battuta, al massimo potrebbe rispondervi con un sonoro "ihhhh ohhhhh"