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Chiesa ortodossa 2

Post n°90 pubblicato il 30 Novembre 2016 da Lycantropos

La Bibbia
 
Nell'ortodossia come nel cattolicesimo, la Bibbia è interpretata usando il criterio stabilito dalla esperienza della Chiesa, che proviene, a sua volta, da quanto trasmesso dagli apostoli nella Chiesa primitiva. Il fedele seguito dal padre spirituale deve quindi operare una maturazione interiore per potere assaporare pian piano i molteplici sensi della Scrittura e il significato che essa ha nella sua vita concreta. Questa maturazione interiore è molto più di una semplice istruzione intellettuale: consiste in un progressivo ingresso del fedele nella vita e nella esperienza della Chiesa, condotto per mano con prudenza e discernimento dal padre spirituale.
Generalmente l'atteggiamento attuale dell'ortodossia orientale nei confronti della scienza, pur avendo diversi orientamenti con alcuni fedeli che si oppongono a qualche concetto dell'evoluzione alle origini e dello sviluppo della vita, stabilisce una differenza tra il mondo creato (soggetto alle leggi naturali) e il mondo rivelato e increato (soggetto alle leggi divine). Questa differenza, secondo gli ortodossi, eviterebbe il contrasto stridente tra fede e scienza che ha caratterizzato la storia del cristianesimo occidentale. Per questo, secondo alcuni teologi tra cui il prof. Georgios Metallinos dell'Università di Atene, il contrasto fede-scienza per l'ortodossia è, piuttosto, uno pseudo-problema più che un problema, non appartenendo realmente alla sua tradizione.
L'ortodossia considera la verità come rintracciabile nel "consenso dei padri", un evidente filo conduttore di accordo che unisce gli scritti patristici della prima Chiesa e degli apostoli. Coloro i quali si mostrarono in disaccordo con quanto veniva considerato il consenso non vennero accettati come "padri" autentici. Tutti i concetti teologici devono essere in accordo con tale consenso. Anche quelli considerati come "padri" autentici possono avere qualche opinione teologica che non è universalmente condivisa, ma ciò non li rende eretici. Quindi un cristiano ortodosso non è vincolato a essere d'accordo con ogni opinione di ogni padre, ma piuttosto con il consenso complessivo dei padri, e anche qui solo su quelle questioni in cui la Chiesa ha stabilito dei punti dogmatici.
I teologi e i padri dell'ortodossia orientale hanno usato nelle loro opere molte espressioni filosofiche greche, forse più di quanto è stato fatto nell'aperto Occidente. Essi presero a prestito alcune categorie e il vocabolario del neoplatonismo per spiegare la dottrina cristiana, ma lo fecero in modo tale da non contaminare con elementi filosofico-pagani il dato rivelato. Quando questo avveniva si era davanti a un'eresia. Per questo essi non hanno necessariamente accettato tutte le teorie ereditate dal passato. In seguito, alcuni filosofi neoplatonici non-cristiani, presero a loro volta in prestito parte del vocabolario dei teologi cristiani.

Peccato e redenzione

In termini generali, la tradizione ortodossa rifiuta di esprimere la dottrina della redenzione in termini "legalistici" e non concorda con chi si serve di questi termini per esprimere la pratica cristiana. Seguire le regole rigidamente, senza porre il cuore, non aiuta un credente a entrare nel processo della sua salvezza ma lo trasforma, semmai, nel fariseo condannato da Cristo. Perciò il peccato non riguarda l'infrazione di un certo insieme di regole. Esso è, piuttosto, il nome dato a qualsiasi comportamento che "non coglie nel segno", ossia, che allontana il credente da Dio, invece di avvicinarlo.
Il termine "peccato originale" usato dai cattolici è spesso rigettato dagli ortodossi, che usano l'espressione patristica "peccato ancestrale" per indicare la colpa di Adamo ed Eva, le cui conseguenze - cioè la morte fisica e spirituale - si sono abbattute su tutta l'umanità. Partecipi degli effetti collaterali del peccato primordiale, gli esseri umani nascono spiritualmente puri, ma inevitabilmente destinati a far presto i conti col peccato, che è una sorta di "malattia genetica" dell'anima i cui sintomi iniziano a manifestarsi solo col tempo. L'essere umano, per sua natura, alla nascita non è né colpevole del peccato adamitico né totalmente incapace di accogliere Dio: semmai Dio offre a tutti indiscriminatamente la possibilità di accogliere la sua Grazia increata e farsi guarire da Dio.
Infatti, nella tradizione delle Chiese ortodosse il peccato non è considerato come una macchia dell'anima che deve essere lavata (concetto che porta l'uomo a chiudersi in sé stesso contemplando solo l'immagine di sé), ovvero come un reato da punire, quanto piuttosto, come una malattia che necessita di guarigione, una malattia che disturba il regolare rapporto con Dio, finendo per isolarlo completamente nei suoi criteri egocentrici. Proprio come per le malattie del corpo, la peccaminosità umana necessita di attenzioni e concrete terapie individuali. Lo scopo ultimo di questo processo non è riconquistare il favore di Dio, quanto, piuttosto, rimettersi sulla strada che porta a Dio, riaccendere il contatto dell'uomo con Dio in vista di un suo infinito progresso spirituale in Dio (san Gregorio di Nissa).
Come per la terapia delle malattie del corpo è necessario un medico che conosca personalmente il paziente e la storia delle sue patologie, così per la terapia del cristiano nell'ortodossia è necessaria la presenza di un padre (o una madre) spirituale, a cui confessarsi e che considera il proprio affidato con la misericordia del padre della parabola del figliol prodigo. Non è necessario che il padre (o la madre) spirituale sia un sacerdote. Solitamente i padri spirituali, appartenendo al monachesimo sono persone ricche di esperienza e di attenzione.
Il cristiano che si affida a loro apre totalmente il suo cuore rivelando anche i pensieri più nascosti ed essi, nella preghiera e con l'aiuto dell'esperienza dei santi, gli cominciano a tracciare un percorso possibile affinché la fede cristiana non sia, per colui che si affida loro, un campo di puri concetti idealistici.
Il fine del padre (o della madre) spirituale non è di tipo morale (fare in modo che il cristiano non pecchi più) quanto piuttosto di tipo spirituale (fare in modo che il cristiano senta la vivida presenza di Dio nella sua vita) e possa rispondere come Giobbe: "Di Te avevo sentito dire ma ora i miei occhi Ti vedono!". La redenzione comincia a operarsi nel momento in cui è ristabilito questo contatto tra l'uomo e Dio e l'uomo inizia il suo cammino ascendente di trasformazione per il quale è nato.

L'Incarnazione

La motivazione fondamentale per cui Gesù si è incarnato sulla Terra è il "destino" dell'uomo dopo la morte, di essere separato da Dio a causa della caduta di Adamo. Poiché l'uomo aveva introdotto un qualcosa di estraneo nella propria natura partecipando al male mediante la disobbedienza a Dio, l'umanità venne a trovarsi in una posizione terribile e senza via di scampo. L'unica soluzione al problema fu per Dio quella di elevare la natura decaduta dell'uomo, congiungendo la propria natura divina con la nostra natura umana. Dio poté compiere tutto questo mediante l'Incarnazione, divenendo uomo pur continuando a essere Dio. È anche per questo che Cristo Gesù è pure chiamato "Logos" (in quanto uno dei significati di Logos è quello di soluzione/risposta a un problema).
È assolutamente necessario che noi uomini accettiamo la doppia natura di Cristo, vero Dio e vero uomo. Questo è l'unico modo che abbiamo per poter scampare alla dannazione dell'inferno. L'incarnazione trasforma l'umanità stessa unendola alla Divinità. E ora, grazie a quell'incarnazione, tutto è cambiato. Come scrisse san Basilio "Dobbiamo impegnarci con tutte le forze per divenire piccoli dèi in Dio, e piccoli gesucristi in Gesù Cristo", cioè dobbiamo ricercare la perfezione in ogni azione della nostra vita quotidiana, dobbiamo sforzarci di acquisire la virtù divina.
Partecipando alla nostra umanità, Dio rende possibile all'uomo di partecipare alla sua divinità. Pur essendo vero che non potremo diventare "dèi" separati nel senso in cui lo si intende nel paganesimo, parteciperemo comunque alle energie divine increate (che sono inseparabili da Dio stesso) conservando però la nostra individualità. In altre parole: divinizzazione dell'uomo, conseguibile anche in questa vita imitando Cristo.

La Theotokos

Molte tradizioni riguardanti la Vergine Maria, la Theotokos (Madre di Dio), datrice di vita di Dio, sono di suprema importanza teologica.
Viene inserito anche un importante inno della divina liturgia in suo onore chiamato Axion Estin, e cioè "è veramente giusto", inno liturgico che risale a un'icona mariana e a un evento che accadde sul monte Athos, sottolineando sempre la sua maternità di Dio (Theotokos).
Gli ortodossi affermano che Maria rimase vergine prima e dopo la nascita di Cristo. Questi, miracolosamente le lasciò la verginità intatta al momento del parto.
Molte delle credenze delle chiese al riguardo della Vergine Maria sono riflesse nel testo apocrifo La natività di Maria, che non venne incluso nelle Scritture, ma è considerato accurato nella sua descrizione degli eventi. Da bambina, Maria venne consacrata all'età di tre anni per servire nel tempio come vergine.
Zaccaria, allora sommo sacerdote, fece l'inimmaginabile: portò Maria nel "Santo dei Santi" come segno della sua importanza, poiché lei stessa sarebbe diventata l'arca in cui Dio avrebbe preso forma. All'età di dodici anni, le venne chiesto di rinunciare alla sua posizione e di sposarsi, ma lei desiderò rimanere per sempre vergine, in onore a Dio. Venne così deciso di darla in sposa a un parente stretto, Giuseppe, suo zio o cugino, un uomo anziano e vedovo, che si sarebbe preso cura di lei e le avrebbe permesso di mantenere la verginità. E fu così che quando giunse il tempo stabilito si sottomise al volere di Dio e permise a Cristo di prendere forma dentro di sé.
Si crede che, nella sua vita, Maria non commise peccato. Tuttavia, l'ortodossia non condivide il dogma cattolico di Immacolata concezione (concetto agostiniano); in altri termini, Maria venne purificata dall'ombra, del pur minimo, peccato ancestrale - umano, totalmente e solo al momento del concepimento di Cristo. Nella teologia della Chiesa ortodossa è molto importante comprendere che Cristo, fin dal momento del concepimento era al tempo stesso Dio perfetto e uomo perfetto. Per questo è corretto dire che Maria è in effetti la Theotokos, la datrice di vita di Dio. Questo fu oggetto di dibattito cristologico del IV e V secolo d.C.
Gli ortodossi sostengono che, dopo il parto, Maria viaggiò molto assieme al Figlio e dopo la sua resurrezione fu presente anche durante l'ascensione al cielo.
Si crede che lei fu la prima a sapere della resurrezione del figlio: l'arcangelo Gabriele le apparve nuovamente rivelandogliela. Si crede che visse fino all'età di settanta anni e chiamò miracolosamente a sé tutti gli apostoli prima di morire. Secondo la tradizione, san Tommaso arrivò tardi e non fu presente al momento della morte. Desiderando baciarle la mano un'ultima volta, aprì la tomba, ma la trovò vuota. Gli ortodossi, così come i cattolici, credono che Maria venne assunta in cielo in corpo e in spirito. Tuttavia, gli ortodossi non ne condividono la prescrizione dogmatica. In tal modo, per gli ortodossi viene sottolineata di più la dormizione di Maria che la sua assunzione in cielo, ma questa differenza è più formale che sostanziale. Per i cattolici, l'assunzione di Maria è la diretta conseguenza teologica del dogma dell'Immacolata Concezione, dogma che gli ortodossi non sottoscrivono pienamente come se fosse verità rivelata.

Comprensione del termine "mistero"

Il discorso sulla fede posto nelle chiese ortodosse è, per quanto possibile, lineare e logico, nonostante si abbia a che fare con le realtà rivelate che, di suo, sono soprarazionali e non sono esauribili nella pura logica. D'altronde, un'esposizione senza senso logico potrebbe essere una ragione giustificata per rigettare una credenza. Le credenze rigettate vengono definite eresie. La teologia ortodossa è ricca di dimostrazioni logiche basate sul "consenso dei padri" come di sopra riferito. Nonostante ciò, vi sono alcuni punti che gli ortodossi si rifiutano di approfondire, semplicemente perché pensano che un tentativo di maggior comprensione sia controproducente, improduttivo e porti a incomprensioni ed eresie, razionalizzando quanto da noi non può essere percepito e misurato con la mente.
Tali aree della teologia vengono indicate come "misteri". I misteri non sono scappatoie. Un esempio di scappatoia potrebbe essere una dichiarazione del tipo "Dio può fare quello che vuole" in risposta a una valida domanda teologica. Un mistero, d'altra parte, solitamente si presenta quando due punti assai logici non possono essere risolti assieme, eppure devono essere entrambi veri. Un buon esempio è il seguente:
Cristo è uomo perfetto e Dio perfetto. Egli è perfettamente presente come Gesù Cristo, eppure deve essere anche perfettamente onnipresente allo stesso tempo. La Vergine Maria diede vita a Dio incarnato ed è quindi la Madre di Dio, eppure Dio, che è infinito e senza tempo, non ha progenitori.
Allo scopo di spiegare logicamente la nostra salvezza, tutte queste cose devono essere accettate come assolutamente vere, eppure nessuna di queste può essere spiegata soddisfacendo la razionalità umana che si muove in un campo assai limitato. Qualsiasi tentativo di spiegazione porta a una delle molte eresie condannate dalla chiesa. Un esempio:
Cristo nacque uomo e venne fatto Dio dopo la sua morte o Cristo era Dio e pretese solamente di essere uomo o la Vergine Maria diede vita solo al Gesù umano (in tutti questi casi la natura umana non viene cambiata e la nostra salvezza non viene compiuta). Naturalmente la giustificazione che segue questi tentativi è sempre: "Dio può fare quello che vuole". Questo non è mai stato accettabile per i cristiani ortodossi che comprendono che certe cose non possono essere spiegate eppure devono essere vere. Tali realtà sono i misteri rivelati che non contraddicono ma superano di molto la nostra razionalità umana. L'eresia non è altro che il tentativo, non importa se in buona o cattiva fede, di abbassare il mistero rivelato imprigionandolo negli stretti limiti razionali. Questo comporta un "razionalismo teologico" in cui non è l'uomo che sale a Dio (accettando umilmente la sua rivelazione) ma è Dio che viene abbassato alla sola comprensione dell'uomo facendolo divenire, di fatto, un idolo. Comunque va detto che il termine "eresia" tecnicamente ha un suo significato e valore semantico storico.



La resurrezione

La resurrezione di Cristo è in assoluto l'evento centrale delle Chiese ortodosse, e viene compreso in termini totalmente letterali. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venne crocifisso e morì, discese negli inferi, combatté la morte e vinse. Attraverso questi eventi, Egli liberò l'umanità dai vincoli dell'inferno e ritornò ai viventi come uomo e Dio. Che ogni singolo essere umano possa condividere questa immortalità, che sarebbe stata impossibile senza la resurrezione, è la principale promessa fatta da Dio nel suo nuovo patto con l'umanità, secondo la tradizione cristiana ortodossa.
In un modo o nell'altro, ogni festività dell'anno ecclesiastico ortodosso fa riferimento diretto o indiretto alla resurrezione. Ogni domenica dell'anno è dedicata alla celebrazione della resurrezione; molti credenti ortodossi si astengono dall'inginocchiarsi o prostrarsi di domenica, in osservanza di ciò (questo è stato stabilito dal primo concilio ecumenico). La tradizione ortodossa ha pochissima enfasi liturgica nella passione di Cristo, durante i giorni che portano alla crocifissione, preferendo vederla come dei passi fondamentali necessari verso la vittoria finale di alcuni giorni dopo. Analogamente la divina liturgia pone l'accento sulla risurrezione piuttosto che sull'aspetto sacrificale, enfatizzato invece nella messa cattolica. La passione non è vista in senso umanistico (la contemplazione delle sofferenze, la venerazione delle piaghe) ma sentita come modello per l'auto-negazione ascetica che il fedele di religione ortodossa è chiamato a vivere nella sua ricerca di Dio. Come Cristo il fedele muore ai criteri di questo mondo (che non conosce Dio) per poter risorgere con Lui gloriosamente.

Santi, reliquie e morti

Per la Chiesa ortodossa un santo è tale quando gode di Dio in Paradiso, indipendentemente dal fatto che sia riconosciuto o meno sulla Terra (opinione seguita anche dalla Chiesa cattolica e da altre chiese che ammettono il culto dei santi). Secondo questa definizione Adamo ed Eva, Mosè, i vari profeti, martiri della fede, gli angeli e gli arcangeli, hanno tutti il titolo di "santo". Nella Chiesa ortodossa esiste un riconoscimento formale, detto "glorificazione", con il quale un santo viene riconosciuto dall'intera Chiesa. Non è però questo a "fare" un santo, ma semplicemente questo gli accorda un giorno nel calendario, in cui vengono celebrati dei servizi liturgici regolari in suo onore.
Recentemente, allo scopo di evitare abusi, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha iniziato a seguire la duratura pratica di altre chiese locali, emanando speciali lettere encicliche (tomoi) nelle quali la Chiesa riconosce la venerazione popolare di un santo. La glorificazione solitamente avviene dopo che i credenti hanno già iniziato a venerare un santo. Esistono numerose prassi di venerazione locale per innumerevoli santi che non sono ancora stati riconosciuti dall'intera Chiesa ortodossa.
Un forte elemento a favore della glorificazione è la percezione della condizione "miracolosa" dei resti mortali (reliquie), anche se questo da solo non è considerato sufficiente. In alcuni paesi ortodossi è prassi di rimuovere le tombe dopo tre o cinque anni, a causa dello spazio limitato. Le ossa vengono lavate rispettosamente e poste in un ossario, spesso con il nome della persona scritto sul cranio. Occasionalmente, quando un corpo viene esumato avviene qualcosa ritenuto miracoloso, che mostra la santità della persona. Sono avvenuti numerosi episodi in cui le ossa esumate avevano improvvisamente sprigionato una fragranza di bontà indescrivibile, come se fosse un profumo di fiori; e talvolta si dice che il corpo sia stato trovato incorrotto, nonostante non sia stato imbalsamato (tradizionalmente gli ortodossi non imbalsamano i morti) e sia stato sepolto per tre anni. In alcuni casi il corpo incorrotto dei santi secerne un liquido balsamico: in questo caso il santo viene denominato mirovlita, vale a dire "colui che secerne il balsamo". Tra i mirovliti è Nicola di Mira, le cui reliquie sono conservate a Bari. Va rilevato che l'incorruttibilità e fragranza del corpo sono sempre state osservate anche in molti santi venerati dalla Chiesa cattolica.
Per gli ortodossi, corpo e anima compongono la persona, e alla fine, corpo e anima verranno ricomposti; quindi, il corpo di un santo condivide la santità dell'anima del santo. Anche il corpo è irradiato e santificato dalla grazia che ha santificato l'anima della persona ed è un veicolo di benedizione.
Poiché la Chiesa ortodossa non mostra reale distinzione tra i vivi e i morti, gli ortodossi trattano i santi come se fossero ancora in vita. Essi li venerano e richiedono le loro preghiere, e considerandoli fratelli e sorelle in Gesù Cristo. I santi sono venerati e amati e viene loro richiesto di intercedere per la salvezza, ma non viene loro data l'adorazione riservata esclusivamente a Dio, perché la loro santità deriva da Dio. Infatti, chiunque adori, invece che venerare, un santo, una reliquia o un'icona, è passibile di scomunica. Come regola generale, solo il clero può toccare le reliquie, allo scopo di spostarle o portarle in processione, comunque, nella venerazione il fedele bacia le reliquie per mostrare amore e rispetto verso il santo e per essere da esse benedetto. Ogni altare in ogni Chiesa ortodossa contiene reliquie, solitamente di martiri. Gli interni delle chiese sono ricoperti da icone di santi, ma non sono ammesse rappresentazioni scultoree.

I sacramenti

La Chiesa ortodossa non ha mai definito dogmaticamente il numero ufficiale dei sacramenti, ma in tempi recenti li ha di fatto riconosciuto nel numero di sette (similmente alla Chiesa cattolica), ai quali aggiunge altri riti come la tonsura monastica, la benedizione delle acque, la consacrazione delle icone. In altre parole, la Chiesa ortodossa a differenza della Chiesa cattolica, non distingue fra sacramenti e sacramentali, distinzione questa conseguente alla scolastica medievale e quindi successiva ai tempi apostolici.
I sette sacramenti, detti anche "misteri" sono battesimo, cresima, eucaristia (comunione), penitenza (confessione), unzione degli infermi, ordine sacro, matrimonio.
Il battesimo è il sacramento che apre la porta a tutti gli altri. A differenza della Chiesa cattolica, che amministra il battesimo per infusione anche se prescrive come prima formula il battesimo per immersione e quello per infusione è l'"oppure", sebbene sia diventata nei fatti la regola tra i cattolici, la Chiesa ortodossa pratica questo rito con tre immersioni integrali del candidato nel fonte battesimale, e con la formula in terza persona "Il servo di Dio N. viene battezzato nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. Amen", nella stretta osservanza della prassi dei tempi apostolici. È da rilevare che in greco baptisma significa infatti "immersione", ragione che induce gli ortodossi a ritenere più corretto il mantenimento dell'antica prassi, in uso anche in Occidente prima dello scisma, come è provato dalla presenza di specifici edifici di culto in alcune chiese latine antiche, i battisteri. Tuttora il rito ambrosiano, fuori dall'ambito ortodosso, pratica il battesimo per triplice immersione, sebbene limitata all'occipite. La Chiesa ortodossa pratica il battesimo di infanti e adulti come momento in cui uno nasce in Cristo. La persona che entra nella vasca battesimale non è vista come quella persona che ne emerge. Perciò alla persona viene dato un nuovo nome, usando sempre ed esclusivamente il nome di un santo. Oltre ai compleanni, gli ortodossi celebrano l'onomastico di una persona che, per il suo legame con il battesimo e il santo protettore della persona, ha un profondo significato.
La cresima, equivalente della confermazione occidentale, è l'unzione che segue immediatamente il battesimo per donare al neofita lo Spirito Santo. Il rito è esteso su tutto il corpo con una serie di più unzioni col crisma benedetto dal vescovo. A differenza della Chiesa latina, il ministro ortodosso della confermazione è il sacerdote, il crisma è comunque sempre consacrato da un vescovo.
L'eucaristia, o divina liturgia, è il sacramento che perfeziona il legame di comunione con Cristo, mediante la partecipazione al suo Corpo e al suo Sangue in cui si trasformano il pane e il vino consacrati dal sacerdote. Questo processo, chiamato trasmutazione, è l'equivalente della transustanziazione cattolica ma non è definita dogmaticamente. L'eucaristia è celebrata con pane di frumento fermentato e non pane azzimo e vino rosso mescolato con acqua tiepida all'interno di un calice. La comunione è distribuita sempre sotto le due specie, rispettando alla lettera il comando di Cristo "Prendete e bevetene tutti". Per ricevere l'eucaristia non si esige la capacità di distinguere il pane comune da quello trasmutato, tanto che la comunione viene amministrata subito dopo il battesimo.
Mentre i cattolici identificano con le parole di Cristo all'ultima cena la formula del sacramento che compie la transustanziazione, al contrario gli ortodossi identificano la trasmutazione nella conclusione del canone eucaristico, cioè l'epiclesi o invocazione dello Spirito Santo.
La penitenza o confessione è molto simile all'equivalente occidentale, anche se ognuno deve confessarsi col proprio "padre spirituale" e in assenza del classico confessionale a grata, introdotto solo in Occidente. Inoltre la confessione è priva del contesto legalistico peccato-pena tipicamente occidentale, vedendo nella confessione piuttosto una terapia per l'anima. Infatti, a differenza che nella Chiesa cattolica, il confessore non "assolve" il penitente dai peccati bensì recita una preghiera invocando il perdono divino.
L'unzione degli infermi è data liberamente anche a coloro che soffrono solo spiritualmente. Non è mai stata riservata solo all'ultima ora (come era, un tempo, nell'estrema unzione occidentale), ma al contrario è data anche a tutti i fedeli in occasioni in cui si richieda soccorso spirituale.
L'ordine sacro è il sacramento che permette la nomina dei ministri della Chiesa, nei tre gradi di vescovo, presbitero e diacono. Solo il vescovo è eletto fra celibi (nella fattispecie monaci), mentre sacerdoti e diaconi possono esser scelti fra clero celibe e sposato indifferentemente, purché non siano persone in seconde nozze e non si sposino dopo l'ordinazione. I ministri sono eletti solo fra i maschi.
Il matrimonio è il sacramento che unisce un uomo e una donna per sempre in un vincolo indissolubile d'amore. Per questo è assolutamente monogamico ed eterosessuale. Neppure la morte di uno dei due coniugi scioglie il vincolo del matrimonio. Solo il vescovo può decidere di ammettere i suoi diocesani a seconde o terze nozze che peraltro vengono celebrate con austerità. Ove sia assolutamente venuto meno l'amore coniugale può ammettersi il divorzio.
La Chiesa cattolica riconosce la validità delle ordinazioni conferite dagli ortodossi, anche dopo lo divisione tra le due chiese nel 1054. Diversamente, quantomeno dal 1896 (per decisione di papa Leone XIII), non riconosce la validità (cioè la legittima successione apostolica) delle ordinazioni conferite dalla Chiesa anglicana, nata da uno scisma della Chiesa cattolica nel 1534. Al contrario, la Chiesa ortodossa di regola non riconosce i sacramenti amministrati al di fuori di essa, ritenendo che in essa sola sussista la vera Chiesa di Cristo. Talvolta per "economia" vengono sanati atti "sacramentali" compiuti al di fuori della Chiesa ortodossa, ma la regola è l'"acribia" (il rigore).



https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_ortodossa

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