Riflessi nel vento

Post N° 746


"Se la nostra coscienza avesse meno memoria, se le cose che accadono avessero meno incidenza sull'anima, se sapessi che quello che sta accadendo un domani sarebbe dimenticato, se potessi esser certa di non star modificando la mia strada su questi passi forzati..."--------------------------------------------------------------Leggevo il post n. 695 del 09-04-2006... ho scritto molto su questo blog, ma poco realmente vero... ... mancavano 2 giorni alla morte di mia madre, erano sei mesi che stava male, e, dall'inizio della settimana lo sentivo, che si stava andando verso la fine.Non è solo la morte che ti segna. E' tutto il contesto, anche di cose superflue, che ti lascia tracce addosso che non avresti mai voluto.Tutt'ora faccio fatica a ricordarmi dell'ospedale, un ambiente che ho odiato e di cui avevo paura, per la mancanza di umanità che v'imperava...Il micromondo di una sala di terapia intensiva, o di una corsia, è qualcosa d'incredibile, a immaginarselo.Ho conosciuto storie di persone che vivevano un limbo tra la speranza e la disperazione, con tutti i loro cari intorno.E il "Bruna" sussurrato dal marito alla moglie non me lo posso dimenticare... e il signore che cantava a gran voce "Mamma, la canzone mia più bella sei tu..." alla madre... ho passato una notte, con quell'uomo, ognuno vicino alla propria madre, e la mattina, all'arrivo della moglie, con gli occhi lucidi le disse:"Sai Pina, lei fa la regista... ha detto che farà un film su questa storia, e ci saremo anche noi!"Una donna con il mio nome dormiva un coma molto vivace, si scherzava con il marito che l'aveva fatta salvare due volte dall'incuria dell'ospedale... gli stavano facendo morire la moglie per infezione una volta, e per broncopolmonite l'altra... che se non gli piantava su un casino neanche gliela curavano...C'era un signore che non faceva altro che parlare, aveva una macelleria e la moglie gli era cascata a terra così, tra un petto di pollo e una costata di maiale... una donna con i controcoglioni, diceva lui, che giaceva nel letto accanto a mia madre.C'è un ragazzo, e c'è tutt'ora... reso vegetale da un tumore fulminante.Una signora dai bellissimi occhi azzurri. La figlia, Michela, avrà avuto 12 anni, la chiamava "tesoro mio".Poche di queste persone sono ancora in vita.In corsia preferiscono che tu muoia, e la degenza non è altro che un'attesa alla morte. Di certo, non sei un paziente facile. Piuttosto, sei scomodo e non dai soddisfazione.Sono contenta che mamma abbia retto tanto, anche solo per fargli un dispetto. Quindi vivevo queste due esperienze che si sovrapponevano. La traboccante umanità di ogni tragedia familiare, e la devastante disumanità del personale ospedaliero.O vivi o muori. E se vivi, vedi anche di essere in forma. Poche volte, prima di tutto questo, ho pianto di rabbia. Ed è un'esperienza stranissima perchè le lacrime ti escono anche senza bisogno di strizzare gli occhi (anzi, gli occhi rimangono aperti dal continuo stupore), e se fa freddo, il contrasto delle lacrime calde che ti scivolano sul viso freddo ti dà una percezione particolarissima di ciò che accade. Fuori sei congelata - non solo dal freddo - e dentro ribolli. Se proprio devi augurarti qualcosa, nella vita, non è tanto quella della buona salute, di morire il più tardi possibile, o di vedere gli altri morire il più tardi possibile, la buona fortuna, i soldi o il lavoro che va bene... se proprio devi augurarti qualcosa, sarebbe proprio quella di trovarti intorno persone - o condizioni - che ti facciano vivere qualsiasi momento nel modo giusto, piuttosto che renderti situazioni difficili, ancor più difficili. Quando ho scritto quelle parole, sapevo quello che stava per accadere... ma non avevo la totale consapevolezza di quello che avrebbe prodotto.Ecco, sono tornata ad uscire con gli amici, ad aprirmi ad un mondo che non avevo voglia d'affrontare, con cui ero rimasta ad avere rapporti tecnici, di funzionalità materiale. Tutti, a parte le persone che amavo, erano stati estromessi, le relazioni e le circostanze non strettamente fondamentali abbandonate. Ora ricominciano ad entrare nella mia vita con un equilibrio ristabilito e...... e ci sono cose che sono cambiate ... ho perso di solarità, di spensieratezza. Ho perso di pazienza, di tenerezza. Ho recuperato un ammasso di granito e ce l'ho dentro lo stomaco. Non ho più giustificazioni per chi non s'impegna. Il mio campo di possibilità si è ristretto perchè ne ho perso fiducia, e non è un indirizzarsi verso, è un limitarsi a.E non ho più nulla da scrivere. Di nuovo.Perchè, probabilmente, ho ancora troppo da raccontare di questo periodo che, fin'ora, è stata la follia della mia vita.