Pablo Picasso, Donna che piange con fazzoletto, Madrid, Museo Nacional Centro de Arte Reina SofÃaLe prefiche sono tra le figure femminili più antiche della storia della Grecìa Salentina e di Soleto. Donne tradizionali che provengono dal contesto storico-culturale messapico e successivamente anche bizantino, quando erano era influente e presente la cultura greca che determinò una parte importante dell'identità sociale-religiosa-linguistica-economica-tradizionale del territorio. Le prefiche, note anche come “repute” o “chiangimuerti”, lamentatici di mestiere, rifacendosi alla tradizione classica, eseguivano durante i riti funerari degli struggenti canti con teatrale e lamentosa mimica; vestite con abiti scuri e con il volto coperto da un velo nero, si recavano, a pagamento, presso la dimora del defunto per decantare le sue qualità con lodi, pianti, cantilene, grida e gesti disperati. Proprio a Soleto, in cui fino al 1807, come affermava il canonico Pacelli, si parlava il dialetto griko in modo molto più diffuso e puro, rispetto agli altri comuni del circondario., venivano intonati meravigliosi e significativi canti della morte, rifacendosi alla tragedia greca in cui avveniva anche un dialogo tra il defunto ed i viventi. Nel Medioevo anche la Chiesa con un mandato ufficiale che "legalizzava" il loro operato, riconobbe questa professione e ne sancì il pagamento.Le prefiche prezzolate parlavano in nome dei parenti intimi e rievocavano i fatti più salienti o più commoventi della vita del defunto.
Franco Corlianò [Murghi]: Le prefiche.******Klàfsete, klàfsete, klèome 'utti mana skunzulata ti torì to pedai tti na pai 'ci kau s ti pplaka. E' ttu pònise u Tanatu e' ttu pònise e kardìa na tronkefsi utton argulo ttu simà 's tin ghetonìa! -Mine me, mana mu, mine me mine me ros 's tes eftá ce a ttorì ti èn érkome mi nfaccettu pleo mmakà... -Mi me mini pleo, mmana mu, kaloceri nde scimona... TRADUZIONEPiangete, piangete, piangiamo questa madre sconsolata che vede il suo bambino scendere sotto la tomba. E non dolse alla morte non le dolse il cuore troncare questa pianta da questo vicinato! -Aspettami, mamma, aspettami, aspettami fino alle sette e se vedi che non torno non affacciarti più... -Non attendermi più, madre; né d'estate né d'inverno.
Particolare dell' "anfora del lamento funebre, 750-760 a.C., Dipylon di Atene, Museo Nazionale