Mappe riflesse

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Posso dirlo? Ok, lo dico.A me il pensiero positivo ha rotto i coglioni.Ecco, l'ho detto.Non che prima mi piacesse. Non mi è mai piaciuto. O meglio, non mi è mai piaciuto il modo in cui è entrato nella cultura popolare. Se provo a metterlo in discussione, la gente mi guarda schifata. Ma adesso mi sento più forte del tabù che ancora circonda il dogma del pensiero positivo (sì, è un dogma). Così, un po' come quando Gaber cantava «prendo coraggio e sparo il mio giudizio», dico che a me il pensiero positivo ha rotto i coglioni.Chiarisco subito un punto fondamentale: l'idea che un atteggiamento positivo aumenti di molto la probabilità di esprimere le proprie risorse e raggiungere i propri obiettivi è giusta e sacrosanta. Non mi sogno neanche di mettere in discussione l'idea. È la necessità di essere felici comunemente associata a questa idea, che metto in discussione.Questo senso del dover essere felici, di cui il pensiero positivo è figlio, non posso giudicarlo bene. Sono d'accordo con Zizek quando dice che è un corollario all'ideologia capitalista, che tutti noi abbiamo accettato senza alzare un sopracciglio. A me l'ideologia capitalista non piace, quindi il mio sopracciglio l'ho alzato.Devi essere felice da cui non puoi stare male ergo se stai male devi venire corretto. Come una volta si “correggevano” i mancini o gli omosessuali. Che lo vogliate o no, il pensiero positivo parte da questa premessa: se soffri sei difettoso, devi venire corretto. La terapia correttiva che ci hanno dato è appunto il pensiero positivo. E proprio come per tutte le altre terapie correttive, la mia idea è che sia meglio il male della cura, perché ciò che si vuole “correggere” non ha in realtà nulla di sbagliato. Come non hanno nulla di sbagliato il mancinismo e l'omosessualità. È proprio falso il presupposto di base.Avete delle tecniche per tirar fuori il meglio di noi e farci arrivare più in alto? Ottimo! Insegnatecele. Per esempio lo faceva benissimo Dale Carnegie all'inizio del Novecento, prima dell'ideologia capitalista del devi essere felice: il suo intento era avere degli strumenti in più per raggiungere la felicità, non ottenerla “correggendo” l'infelicità. Voi che mi leggete, capite la differenza? Capite quanto è sottile eppure cruciale?Ecco, io mi sono rotto i coglioni e rompo apertamente il tabù: non sto a un gioco che ha queste regole. Se sto male non sto sbagliando, per il semplice motivo che gli stati d'animo non possono essere sbagliati. Non “correggerò” il mio dolore. C'è un momento per essere felici e un momento per essere tristi, e magari questo è il momento di essere tristi. Non può essere sempre primavera. E così come accetto l'autunno e l'inverno, accetterò il mio dolore in quanto reazione naturale a una brutta situazione. Mi permetterò di essere triste. Starò nel dolore. Lo affronterò, lo guarderò in faccia. E lo supererò.Perché non sarà certo giudicandolo male che lo supererò.