Adoro tornare a casa. Adoro la sensazione che provo quando salgo in treno a Bologna. Sono triste, anzi No. Mi sento sempre strano, parto, sempre con meno voglia e in testa il pensiero fisso di quel che lascio, e poi ci sono quelle sei ore di treno che affronto sempre molto men volentieri. Sono afflitto da questi pensieri, quando viro all’improvviso il mio stato d’animo, è come se diventassi d’un tratto impaziente, come una foglia durante una tempesta, sa che dovrà cadere, resiste, ma poi cade. Alla fine cade. E così anch’io. Cedo al pensiero delle ore di treno, cerco alleati in libri e giornali, stringo patti di non belligeranza con il mio lettore mp3 pregando che mi accompagni fino in fondo all’avventura, e parto. Per la guerra?No, ma quasi, parto per casa.Parto.E arrivo. Sempre sensazioni diverse, sempre brividi nuovi, quando vedo il mare che mi riporta a ricordi lontani, comunque felici,di giorni passati liberamente a far niente. Ozium, non ozium letterario, ozium puro.Adoro oziare. Mi rilassa. E poi quella voce, cantilenante, sempre diversa che mi riprende dal torpore del viaggio e mi fa sentire che ci sono, ci sono quasi.”Stiamo per arrivare nella stazione di Foggia”. Casa. Marcello chiama casa, ma questa volta non è un film, o forse si, ma questa volta il protagonista sono io. Gioia, frenesia, nervosismo, felicità. Sentimenti contrastanti e velocissimi si impadroniscono di me e mi rendono asettico e intrattabile. Muto, resto muto a guardare il finestrino, lo faccio sempre,cerco immagini familiari,ricordi di vita,spunti di passato che tornino a farsi vivi nella mia mente,cerco immagini suoni odori che mi riportino indietro nel tempo,che mi riportino alla mia gente e alle mie abitudini di sempre. Cerco qualcosa, non so cosa, ma puntualmente la trovo. Come si fa? Non chiedetelo a me. Vado a caso. Ogni volta ci rifletto su e giungo sempre a questa conclusione. Vado a caso. Fischio lungo e fastidioso, e io lì che spio qualcosa dal vetro, odore di freni bruciati, poi premo il pulsante e ancora un fischio, corto, poi lungo, poi corto,è il segnale,ci siamo. Apro la porta e sento caldo, e caldo, boati di caldo misto a odore di freni,sole cocente e caos generale,saluti,baci,abbracci e affettuosità. E silenzio. Il mio silenzio,nutrito da gesti meccanici che mi posta giù per il sottopassaggio. Posto strano quello, fa freddo, fa sempre freddo,e poi c’è buio. E luci di neon,sempre le solite,come se non si fulminassero mai.. Poi rumori di gente che ha fretta,più fretta di quando partiva,e anche questo è strano,me lo son sempre chiesto,ma perché se siete appena arrivati avete la stessa fretta di quando dovevate partire?La risposta,ovviamente,non la ho. Sarà la stazione come luogo, che mette fretta e poi ghigno, sarcasticamente, penso,come in Parlamento viene voglia di rubare,in stazione vien voglia di far presto. Rido,solo,fiero di me e delle mie battute intellettuali. Poi, riparto, sono stanco, ho fretta anch’io, c’è qualcuno che mi aspetta, felice di vedermi, felice di riabbracciarmi,come d’altronde lo sono anch’io.
Viaggio in treno
Adoro tornare a casa. Adoro la sensazione che provo quando salgo in treno a Bologna. Sono triste, anzi No. Mi sento sempre strano, parto, sempre con meno voglia e in testa il pensiero fisso di quel che lascio, e poi ci sono quelle sei ore di treno che affronto sempre molto men volentieri. Sono afflitto da questi pensieri, quando viro all’improvviso il mio stato d’animo, è come se diventassi d’un tratto impaziente, come una foglia durante una tempesta, sa che dovrà cadere, resiste, ma poi cade. Alla fine cade. E così anch’io. Cedo al pensiero delle ore di treno, cerco alleati in libri e giornali, stringo patti di non belligeranza con il mio lettore mp3 pregando che mi accompagni fino in fondo all’avventura, e parto. Per la guerra?No, ma quasi, parto per casa.Parto.E arrivo. Sempre sensazioni diverse, sempre brividi nuovi, quando vedo il mare che mi riporta a ricordi lontani, comunque felici,di giorni passati liberamente a far niente. Ozium, non ozium letterario, ozium puro.Adoro oziare. Mi rilassa. E poi quella voce, cantilenante, sempre diversa che mi riprende dal torpore del viaggio e mi fa sentire che ci sono, ci sono quasi.”Stiamo per arrivare nella stazione di Foggia”. Casa. Marcello chiama casa, ma questa volta non è un film, o forse si, ma questa volta il protagonista sono io. Gioia, frenesia, nervosismo, felicità. Sentimenti contrastanti e velocissimi si impadroniscono di me e mi rendono asettico e intrattabile. Muto, resto muto a guardare il finestrino, lo faccio sempre,cerco immagini familiari,ricordi di vita,spunti di passato che tornino a farsi vivi nella mia mente,cerco immagini suoni odori che mi riportino indietro nel tempo,che mi riportino alla mia gente e alle mie abitudini di sempre. Cerco qualcosa, non so cosa, ma puntualmente la trovo. Come si fa? Non chiedetelo a me. Vado a caso. Ogni volta ci rifletto su e giungo sempre a questa conclusione. Vado a caso. Fischio lungo e fastidioso, e io lì che spio qualcosa dal vetro, odore di freni bruciati, poi premo il pulsante e ancora un fischio, corto, poi lungo, poi corto,è il segnale,ci siamo. Apro la porta e sento caldo, e caldo, boati di caldo misto a odore di freni,sole cocente e caos generale,saluti,baci,abbracci e affettuosità. E silenzio. Il mio silenzio,nutrito da gesti meccanici che mi posta giù per il sottopassaggio. Posto strano quello, fa freddo, fa sempre freddo,e poi c’è buio. E luci di neon,sempre le solite,come se non si fulminassero mai.. Poi rumori di gente che ha fretta,più fretta di quando partiva,e anche questo è strano,me lo son sempre chiesto,ma perché se siete appena arrivati avete la stessa fretta di quando dovevate partire?La risposta,ovviamente,non la ho. Sarà la stazione come luogo, che mette fretta e poi ghigno, sarcasticamente, penso,come in Parlamento viene voglia di rubare,in stazione vien voglia di far presto. Rido,solo,fiero di me e delle mie battute intellettuali. Poi, riparto, sono stanco, ho fretta anch’io, c’è qualcuno che mi aspetta, felice di vedermi, felice di riabbracciarmi,come d’altronde lo sono anch’io.