IL MIO ROMANZO

VERSO ROMA


Il treno scorreva. Vedevo campi.  Campi a strati, fatti a strisce dagli aratri dopo il raccolto. Morbide collinette color grano in mezzo a un manto verde fuso con l’azzurro, in fondo, nell’orizzonte che separa dal cielo. Seduto in senso contrario alla direzione del treno, guardavo questo mondo scivolare lontano insieme alla sensazione del giorno prima. La paura congenita verso il viaggio, verso lo staccarsi da casa. Lontanto dalla protezione delle montagne. Lontano dal nido, da mamma e papà. Lontano. Lontano e felice. Osservo il paesaggio toscano. Guardo paesini sperduti. Più alberi che case. Qualche cornacchia, tralicci e ferrovia. Un paesino arroccato su una collina. Cartelli illeggibili di una stazione deserta. Un cavalcavia ci avvicina per un secondo all’autostrada e le idiozie sul giornale gossip dell’amore della mia vita. Il buio di una galleria e poi il mondo ritorna, tutto per noi, verso Roma. Quì è tutto da guardare, la Luna come punto cardine su nel cielo azzurro.