Pensieri in libertà

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Violate, molestate, picchiate ma mai rassegnate (terza e ultima parte)
La violenza contro le donne non è solo frutto di una generica negazione di diritti ma ha qualcosa di peculiare perché è basata sulla contraddizione uomo/donna ed ha le sue radici in una cultura che pone al centro dell’universo il soggetto maschile e la donna in un ruolo del tutto subalterno (Aristotele era arrivato, addirittura, a dire che il corpo ha origine dalla femmina e l’anima dal maschio). La violenza sulle donne è, infatti, un prodotto culturale della società maschilista, basata sulla sopraffazione e prevaricazione maschile: ci si attende che le donne assumano, nei riguardi degli uomini, un atteggiamento subordinato in quanto ritenute “inferiori”; lo stupro altro non è che una logica estrema conseguenza di tale rapporto di dominio in cui si ribadisce il proprio “potere”. Gli uomini violenti sono figli di una società che tollera comportamenti che offendono le donne. È da quella cultura che considera le donne di serie “b”, è dall’omertà naschile che nasce la violenza contro la donna. È la tolleranza culturale di tali atteggiamenti che genera la violenza. Il problema, quindi, non è solo di democrazia (che pure è importantissima), non è solo di riconoscimento dei diritti umani (i diritti umani sono già stati ampiamente “riconosciuti” alla donna sia a livello nazionale che internazionale), non è solo di applicazione delle pene esistenti e di pene ancora più severe (è ovvio che debba esserci anche questo), ma è anche e soprattutto di superamento della cultura maschilista.È auspicabile ogni iniziativa pubblica di informazione e di sensibilizzazione che offra spunti di riflessione e di approfondimento sulle tematiche legate alle donne, che faccia meditare sulla condizione della donna in questa società e sulle discriminazioni di cui sono vittime le donne, che consenta una seria riflessione su come viene costruita l’identità femminile attraverso la famiglia, la scuola, il linguaggio … È, perciò, importante sostenere e diffondere le iniziative delle Case delle Donne, dei Centri Antiviolenza, dei Gruppi di Sostegno Psicologico per donne vittime di violenza e delle varie associazioni delle donne. Occorre anche che aumentino le iniziative e le azioni del Ministero per le Pari Opportunità, come pure quelle degli Enti Locali che, per definizione, dovrebbero essere più vicini alle istanze ed alla tutela dei propri cittadini. Ugualmente è importante promuovere un numero sempre maggiore di progetti europei nel campo della prevenzione della violenza sulle donne (come, ad esempio, il progetto Dafne). Finchè non ci sarà un reale rispetto della donna ci sarà violenza; fin quando la cultura predominante sarà quella maschilista continuerà ad esserci sopraffazione. Quando parlo di rispetto, intendo rispetto nei fatti e non solo a parole … intendo rispetto autentico … troppi uomini sostengono di essere “dalla parte delle donne” a parole ma poi non lo sono nei fatti, nella realtà quotidiana. Indubbiamente dalla lettura dei dati della ricerca dell’ISTAT emerge tutto il dramma e la paura delle donne vittime di violenza.È vero, c’è molta paura … ma non rassegnazione, come si desume anche da un maggiore ricorso ai centri antiviolenza. Sulla rassegnazione prevale la rabbia …È per questo che il movimento femminista di Roma ha deciso di dedicare la giornata dell’otto marzo alla lotta contro la violenza perpetrata sulle donne ed ha lanciato lo slogan:Trasformiamo la nostra paura in rabbia, la nostra rabbia in forza, la nostra forza in lotta.