Pensieri in libertà

Post N° 47


I sogni colorano il buioSettembre … mese di grandi perdite … la mano assassina della mafia colpisce:il 3 settembre 1982 a Palermo: il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro, e l’agente di polizia Domenico Russo il 15 settembre 1993 a Palermo: don Pino Puglisi il 16 settembre 1970 a Palermo: il giornalista de "l'Ora" Mauro De Mauro che stava indagando sugli ultimi giorni di Enrico Matteiil 17 settembre 2004 a Locri: Massimiliano Carbone ferito mortalmente in un agguato, morirà il 24 settembre 2004il  21 settembre 1990 sul viadotto Gasena, lungo la SS 640 Agrigento-Caltanisetta: Rosario Livatino, il giudice ragazzinoil 25 settembre 1979 a Palermo: il giudice Cesare Terranova ed il maresciallo di polizia Lenin Mancusoil  25 settembre 1988 sul viadotto Giulfo, lungo la SS 640 Agrigento-Caltanisetta: il giudice Antonino Saetta e suo figlio Stefanoil 26 settembre 1988 a Trapani: il giornalista Mauro RostagnoSono morti tutti per la loro onestà, il loro senso del dovere, il loro coraggio nella ricerca della verità e della giustizia. NOI NON LI DIMENTICHEREMO MAIUn pensiero particolare, anche se con qualche giorno di ritardo dal quattordicesimo anniversario della sua morte, lo voglio dedicare a Padre Pino Puglisi.Don Giuseppe Puglisi è nato a Palermo, nella borgata di Brancaccio, il 15 settembre 1937. Ed è a Brancaccio che nel 1990 ritorna come parroco e che nel gennaio del 1993 inaugura il “Centro di accoglienza Padre Nostro” per recuperare i bambini ed i ragazzi che seguivano la mafia, per educarli alla legalità, alla solidarietà, alla tolleranza ed offrire loro un’alternativa al codice di comportamento mafioso. Non solo non è mai sceso a compromessi con la mafia, ma l’ha sempre combattuta a viso aperto.Il 15 settembre 1993, giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, è stato assassinato su ordine di Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Brancaccio. “Don Pino era un prete per missione e non per vocazione” ha detto suor Carolina Iavazzo, che ha lavorato per due anni con lui "Era un uomo libero e povero che per sé non chiedeva nulla, ma per gli altri pretendeva. Sapeva essere sfacciato nel chiedere sostegno per i bambini poveri e abbandonati in mezzo alla strada". Lo hanno ucciso, ha scritto don Luigi Ciotti, in "strada". Dove viveva, dove incontrava i "piccoli", gli adulti, gli anziani, quanti avevano bisogno di aiuto e  quanti,  con la propria condotta, si rendevano responsabili di illegalità, soprusi e violenze. Probabilmente per questo lo hanno  ucciso:  perché un modo così radicale di abitare la "strada" e di esercitare il ministero del parroco è scomodo. Lo hanno ucciso nell'illusione di spegnere una presenza fatta di ascolto, di denuncia, di condivisione. Don Puglisi non è stato ucciso perché dal pulpito della sua chiesa annunciava princìpi astratti, ma perché ha voluto uscire dalla loro genericità per testimoniarli nella vita quotidiana, dove le relazioni e i problemi assumono la dimensione più vera. Svolgeva attività pastorale, ha scritto Nino Fasullo, direttore della rivista "Segno", pressappoco come tutti. Ma con una singolarità che, di fatto, lo distingueva dagli altri e faceva la sua solitudine. Qual era questa singolarità? Quella di un prete che non riconosce alla mafia alcun potere sulla parrocchia. Puglisi era un pastore lucido e motivato che davanti alle difficoltà non si tirava indietro. Perciò non scese a patti con coloro che dominavano illegalmente sul territorio.Ai suoi superiori che, dopo aver ascoltato l’esposizione del suo progetto, avevano obiettato “Ma questo è un sogno”, don Puglisi rispose con una frase di Jung: I SOGNI COLORANO IL BUIO___________________________________ … ed un pensiero particolare va a Liliana Esposito, mamma di Massimiliano Carbone, che da tre anni sta lottando per ottenere verità e giustizia sulla morte di suo figlio. Il suo coraggio, la sua grande forza d’animo, il suo sconfinato amore materno toccano le corde più profonde …Non sei sola Liliana … non lasceremo mai soli i familiari delle vittime …