Il caso Mastrogiacomo non è chiuso
Finché Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi non torneranno liberi – asseriscono a “Repubblica” – non considereremo chiusa una vicenda che fortunatamente ci ha restituito Daniele Mastrogiacomo, ma che va seguita con grande attenzione e impegno, anche perché ha già avuto una vittima: l'autista Sayed Agha, trucidato dai taliban, che noi non dimentichiamo.
Repubblica ha chiesto, perciò, al Governo italiano e a quello afgano “di fare quanto è possibile e doveroso per accertare le condizioni in cui si trovano Adjmal e Rahmatullah, in modo che vengano restituiti al più presto alle loro famiglie”.
La preoccupazione sulla sorte dei due afgani cresce di giorno in giorno ed è certo che Rahmatullah Hanefi viene sottoposto a torture.
A Rahmatullah, in particolare, dobbiamo molta riconoscenza per essersi generosamente messo in gioco per salvare la vita di un nostro connazionale. Chi l’ha conosciuto non esita a dire che è una persona perbene, molto dolce e di grande umanità, una persona benvoluta e stimata da tutti, una persona speciale, una persona che non si dimentica. È grazie anche al suo contributo che Emergency ha potuto aprire un ospedale a Lashkargah e curare gratuitamente gli afgani in una regione dove i medici speculano arricchendosi sulla salute della povera gente … ed è per questo che è mal visto dai medici ricchi del posto che sono anche amici dei politici e dei funzionari locali.
Per quanto riguarda Adjmal, ormai si ha certezza che è ancora in mano dei talebani e che fino a cinque giorni fa era vivo.
Scrive Ezio Mauro, direttore di Repubblica, all'ambasciatore afgano Musa M. Maroofi: “Torno a manifestare, Signor Ambasciatore, la preoccupata attesa mia e di tutta Repubblica per la sorte di queste due persone a cui ci sentiamo legati da vincoli di lavoro e di riconoscenza. Torno a chiedere un particolare impegno nei confronti del Governo per aver notizie di entrambi e per fare in modo che siano restituiti al più presto alla libertà e alle loro famiglie.”
Da parte sua, l’ambasciatore italiano a Kabul, Ettore Sequi, assicura: “Non li abbiamo dimenticati, l'impegno per riaverli presto è grande: ogni giorno, più volte al giorno, ho contatti con le autorità afgane per cercare di capire, per cercare di scoprire quando l'interprete di Daniele Mastrogiacomo e il capo dello staff di Emergency a Lashkar Gah potranno finalmente rivedere i loro familiari e i loro amici” e aggiunge che nei prossimi giorni conta di riuscire a visitare Rahmatullah Hanefi in carcere.
Nell’appello per la liberazione di Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi, Emergency scrive:
Siamo angosciati per la sorte di Rahmatullah Hanefi, il responsabile afgano dell’ospedale di Emergency (omissis) Alcuni afgani, che lavorano nel posto in cui Rahmatullah Hanefi è rinchiuso, ci hanno detto che lo stanno interrogando e torturando “con cavi elettrici”.
Rahmatullah Hanefi è stato determinante nella liberazione di Daniele Mastrogiacomo, semplicemente facendo tutto e solo ciò che il governo italiano, attraverso Emergency, gli chiedeva di fare. Il suo aiuto potrebbe essere determinante anche per la sorte di Adjmal Nashkbandi (omissis) Ci hanno fatto capire che non ci sono accuse contro di lui, ma che sono pronti a fabbricare false prove.
Non è accettabile che il prezzo della liberazione del cittadino italiano Daniele Mastrogiacomo venga pagato da un coraggioso cittadino afgano e da Emergency. Abbiamo ripetutamente chiesto al Governo italiano, negli ultimi giorni, di impegnarsi per l'immediato rilascio di Rahmatullah Hanefi e il governo ci ha assicurato che l'avrebbe fatto. Chiediamo con forza al Governo italiano di rispettare le parola data.
Anche per me il caso Mastrogiacomo non è chiuso fino a quando Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi non torneranno a casa.
La vita, come ha affermato Ettore Sequi, non ha nazionalità.
Invito, perciò, a sottoscrivere l’appello di Emergency e a partecipare alle iniziative che si stanno svolgendo nella varie città per esprimere solidarietà ai due afgani e chiederne la liberazione.
A Milano, giovedì 29 marzo (dalle ore 18.30) ci sarà un presidio in via Mercanti;
a ROMA, sabato 31 marzo (dalle ore 14,30) ci sarà una MANIFESTAZIONE NAZIONALE in Piazza Navona;
a Gorizia, sabato 31 marzo (dalle ore 9.00 alle ore 19.00) ci sarà un punto informativo in Corso Verdi;
a Novara, sabato 31 marzo (dalle ore 14.30 alle ore 18.30) ci sarà un presidio in Corso Cavalotti;
a Ferrara, sabato 31 marzo (dalle ore 16.00) ci sarà un presidio in Piazza Trento e Trieste;
a Matera, sabato 31 marzo (pomeriggio) e domenica 1 aprile (tutto il giorno) ci sarà un punto informativo in Piazza Vittorio Veneto;
a Lodi, domenica 1 aprile (dalle ore 9.00 alle ore 13.00) ci sarà un punto informativo in Piazza Broletto mentre lunedì 2 aprile (alle ore 17.30) ci sarà incontro con il Prefetto di Lodi.
Altre manifestazioni verranno pubblicizzate, di giorno in giorno, sul sito di Emergency http://www.emergency.it
Segnalo, inoltre, un’iniziativa, letta sul blog “Person to person”, in cui si promuove la candidatura di Gino Strada al premio Nobel per la pace, per l’attività svolta in tutti questi anni da Emergency.
Condivido la proposta ed invito a sottoscrivere la petizione.
Sabato 31 marzo 2007
ore 14,30
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
Roma, Piazza Navona
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Girovagando in internet ho trovato molti siti e blog che stanno giustamente portando avanti una campagna per la libertà di Giovanni Battista Pinna, rapito in Sardegna il 14 settembre 2006.
Mi ha lasciato perplessa, però, il fatto che, nella quasi totalità dei casi, la questione di Pinna e quella di Mastrogiacomo vengono messe in contrapposizione, affermando che lo Stato si è mosso per Mastrogiacomo perché è un cittadino di serie A, mentre non si muove per Pinna perché non è un giornalista.
Addirittura alcuni propongono di inviare una e-mail a Gino Strada, quasi fosse da ritenere colpevole di essersi prodigato per Mastrogiacomo e non per Pinna e come se l’andamento e la soluzione di tutti i sequestri dipendessero da lui.
Francamente non comprendo questa contrapposizione dal momento che le due questioni sono completamente diverse. Nel caso di Pinna si tratta di una faccenda interna di investigazione e di ordine pubblico. Nel caso, invece, di Mastrogiacomo si è trattato di un problema di carattere internazionale in una zona di guerra; una questione in cui erano noti i rapitori ed in cui esistevano precise richieste e precisi ultimatum, pena la morte immediata dell’ostaggio. Tutti questi elementi sono inesistenti nel caso Pinna (qui gli inquirenti brancolano nel buio); per questo ho trovato pretestuosa la contrapposizione ed incomprensibile il fatto che molti hanno scritto che non potevano esprimere gioia per la liberazione di Mastrogiacomo.
La pretestuosità mi è stata, poi, confermata anche dal fatto che quasi tutti, nel lamentare la mancata solidarietà per Pinna, si sono guardati bene dall’esprimere la propria solidarietà non solo a Rahmatullah Hanefi e a Adjmal Nashkbandi (in fondo sono afgani, che gliene importa a loro?) ma neanche a Renato Vettrice (di Bovalino, in provincia di Reggio Calabria) di cui non si hanno notizie dal lontano 13 agosto 2005. Non solo, ma quasi nessuno, nel ricordare Titti (Giovanni Battista) Pinna, si è premurato di informare che esiste un appello da sottoscrivere per esprimere solidarietà e vicinanza ai suoi familiari … eppure le azioni volte a non far sentire soli i familiari delle persone scomparse sono molto importanti …
Ovviamente è sacrosanto pretendere giustizia in tutti i casi in cui le forze dell’ordine non hanno fatto piena luce e ritengo che i sequestri di persona non possano essere tollerati e debbano essere oggetto della massima attenzione da parte degli inquirenti. Penso, tuttavia, che non sia questo il modo giusto ed appropriato di condurre una campagna per le persone scomparse.
Trovo, invece, corretta l’impostazione del “Gruppo Abele” e di “Libera” che, dopo aver espresso la propria felicità per la liberazione di Mastrogiacomo, hanno aderito all’appello per la liberazione di Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi (pubblicizzato sul sito del Gruppo Abele), e contemporaneamente hanno chiesto di non dimenticarci di Giovanni Battista Pinna e di Renato Vettrice perché il sequestro di persona – messo in atto dalla criminalità organizzata, dalla violenza politica o dalla repressione delle dittature – resta tra i crimini più odiosi in quanto sottrazione violenta del bene più prezioso della vita di un uomo: la libertà.
Esprimo, perciò, tutta la mia solidarietà anche a Giovanni Battista Pinna, a Renato Vettrice ed alle loro famiglie (in particolare ad Antonella Vettrice ed ai suoi tre bambini) affinchè abbiano la forza necessaria per affrontare la difficile ed angosciosa situazione che li ha travolti loro malgrado … e mi unisco alla richiesta di un maggiore e fattivo impegno affinché Pinna e Vettrice (come anche tutte le eventuali altre persone sequestrate) vengano restituiti al più presto alle proprie famiglie e si ponga, così, fine allo smarrimento, all’ansia ed al panico che si provano quando si vive nell’incertezza e nell’attesa.
Le istituzioni devono darsi da fare al massimo per garantire risposte concrete ai cittadini, salvaguardare la libertà di tutti ed assicurare la giustizia.
Invito tutti a firmare e far firmare l’appello per Titti Pinna, perché non dobbiamo far mancare il nostro sostegno e la nostra vicinanza alla sua famiglia e affinché la sua famiglia si senta circondata da tanta, tantissima solidarietà.
Il direttore di Repubblica ha lanciato un nuovo appello al governo afgano affinchè “faccia tutto ciò che ritiene giusto, possibile e doveroso per impedire l'assassinio di Adjmal, l'interprete che lavorava da quattro anni con Daniele, da parte dei terroristi taleban”. Contemporaneamente ha chiesto al governo afgano “di riconsiderare la posizione di Rahmatullah, il capo del senjor staff di Emergency, che è in questo momento prigioniero, senza che si conoscano le ragioni della sua cattura, da parte dei servizi afgani. E che ha avuto un ruolo decisivo nelle fase delicatissima del rilascio di Daniele”
Propongo di mandare e-mail a tutti nostri amici invitandoli ad aderire agli appelli e ad inviare, a loro volta, altre e-mail ai loro amici.
E soprattutto, vorrei ricordare che DOMANI SABATO 31 MARZO, A ROMA CI SARÀ UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE IN PIAZZA NAVONA (dalle ORE 14,30,)
Ci saranno anche David Riondino, Vauro, Ascanio Celestini, Jacopo Fo, Furio Colombo, Franca Rame, Dario Fo, Beppe Grillo, Sandro Portelli, Antonio Tabucchi
È IMPORTANTE ESSERE NUMEROSI DOMANI A PIAZZA NAVONA!
Questa sera Gino Strada ha dichiarato: “Noi non abbiamo trattato con il governo afgano: lo ha fatto il governo italiano che ora deve chiedere il rispetto dell'accordo. Rahmatullah Hanefi è un uomo di Emergency; è in carcere a Kabul e il governo italiano è responsabile di tutto ciò che accadrà”
Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi (e, di conseguenza Emergency) stanno pagando per le critiche fatte dagli Stati Uniti sulla liberazione di Mastrogiacomo?
Buona serata a te, Suresh :-)
Testimoniamo la nostra solidarietà, chiediamo a gran voce il rispetto dei diritti umani …
Non lasciamoli soli!
Ciao, serena notte
Questo, ovviamente, non significa che non vada condannato il sequestro di un civile. Ma contemporaneamente occorre condannare con grande chiarezza, fermezza e senza tregua anche i civili afgani che vengono feriti, deturpati e uccisi … e questo massacro succede ogni giorno perché ogni giorno arrivano negli ospedali di Emergency molti civili afgani feriti e morti: vecchi, donne, ragazzi, bambini e bambini che devono ancora nascere se si considerano le donne incinte (l’ultimo caso di una donna ferita durante un bombardamento della Nato e che ha perduto il figlio di cinque mesi è di soli pochi giorni fa). Sono decine i civili uccisi soltanto in questi ultimi giorni, ma nessuno ne parla … nessuno si indigna perché la guerra deve andare avanti. Dall’inizio del 2007 al 21 marzo (cioè in circa tre mesi) si contano già almeno 230 civili morti (ed i feriti sono molti di più), contro circa 360 talebani o presunti tali … il che significa che poco meno della metà delle persone uccise sono civili. Queste sono cifre che non parlano di una missione di pace ma di una missione di guerra … di una guerra condotta nel peggiore dei modi perché colpisce fortemente la popolazione inerme.
Questa volta non sono usciti soldi dalle nostre casse perché i talebani non ne hanno bisogno: l’oppio rende molto di più di qualsiasi sequestro. E credo anche che non abbia molta importanza chiedersi se è meglio pagare o liberare prigionieri di guerra perché penso che la vita e l’integrità fisica di una persona non abbiano prezzo e la loro salvaguardia vada sempre perseguita.
Ciao, buon fine settimana anche a te :-)
L’undici settembre è stato, per gli Stati Uniti, solo un pretesto per inviare le proprie truppe prima in Afganistan e poi in Iraq … e temo che non sia finita qui, se si ha intenzione di “punire” tutti gli “Stati canaglia”. In realtà, dietro queste guerre ci sono ben altre motivazioni: economiche (petrolio, oleodotti, etc.) e strategiche.
La missione militare in Afganistan si è trasformata in uno stato permanente di guerra ed è fallita completamente: sia Bin Laden che il mullah Omar non sono stati ancora presi, i talebani si sono riorganizzati, aumenta ogni giorno l'insofferenza della popolazione verso le truppe straniere. Si è lontanissimi dal portare la democrazia, di favorire lo sviluppo economico, di tutelare i diritti umani, di debellare la produzione ed il commercio dell’oppio, di ricostruire il paese, di diffondere l’emancipazione ed il benessere …
Si è parlato tanto di missione di pace ma in realtà la pace non c’è mai stata: 1.500 morti nel 2002, 1.000 morti nel 2003, 700 morti nel 2004, 2.000 morti nel 2005, 6.000 morti nel 2006 … il costo in vite umane è stato altissimo … per non parlare del fatto che anche qui vengono usate armi all’uranio …
La missione militare italiana in Afghanistan costa all’Italia circa 300 milioni di euro all’anno (solo per le spese di mantenimento truppe e mezzi.) Pacereporter ha calcolato che mantenere 3 ospedali di standard occidentale, un centro di maternità, 27 cliniche e posti di pronto soccorso e un programma di assistenza sanitaria nelle carceri, costa a una Ong italiana 6 milioni di euro all’anno. E si chiede: “Quanti ospedali, scuole e orfanotrofi si potrebbero aprire in Afghanistan con le decine di milioni di euro spesi per pagare gli stipendi dei nostri soldati e i pieni di benzina dei nostri blindati?”
Ciao, buona notte e sogni d'oro :-)
Un abbraccio<br<cri:)
E' probabile che non fosse a conoscenza dell'appello: è una iniziativa partita da poco e poco conosciuta.
Buona serata e buon inizio settimana anche a te :-)