La sera su Marte

L'omicidio di un poeta


L'omicidio di un poeta Pubblicato da: suede68   il   2005-05-12 21:11:50   L'articolo e' stato letto 30 volte Modifica EliminaFinalmente Pino Pelosi parla! Dopo trent'anni l'assassino più discusso e controverso del paese rivela la sua Verità sull'omicidio che lo vide protagonista della morte del poeta, regista, lucido commentatore della società italiana, Pier Paolo Pasolini. Chiaramente la rivelazione non poteva che avvenire in televisione, medium attraverso il quale ormai le nostre vite prendono forma, senza il quale non esisteremmo davvero, in una trasmissione di Rai 3, che nonostante ai telegiornali avessero preannunciato avrebbe contenuto novità sconvolgenti, è stata incredibilmente mandata in onda alle 23 passate. Ora conosciamo una Verità, peraltro molto annunciata, che un po' tutti sospettavamo esistesse: non fu il solo Pelosi a mettere fine all'esistenza di Pasolini, lui fu testimone inerme e costretto ad assistere da un gruppetto di facinorosi che presero a sprangate, calci, pugni un uomo solo. Un branco di feroci vigliacchi insomma. Dopo il pestaggio, sotto minaccia della morte del padre e della madre, convinsero Pelosi al silenzio più totale e ad addossarsi interamente l'omicidio per legittima difesa. Ora che i genitori sono morti, Pelosi parla. Ma veniamo ai fatti per fare chiarezza: la sera del 1° novembre 1975, Pasolini si reca con la sua Alfa 2000 nei pressi della Stazione Termini, a Roma, per cercare uno dei suoi “ragazzi di vita”, con cui ogni tanto si accompagnava per prestazioni sessuali a pagamento. Trova Pelosi, un diciasettenne dedito alla prostituzione e piccoli reati, pattuiscono il prezzo, vanno a cena ed infine si dirigono verso l'idroscalo di Ostia. Dopo aver scambiato alcune chiacchiere, hanno un rapporto orale. Terminato ciò, Pelosi scende dalla macchina e si allontana per urinare. La prima versione fu che Pasolini lo seguì e cercò di violentarlo, per cui la reazione smisurata e senza traccia (nelle immagini dell'arresto lo si vede lindo come una mammoletta, quando, viste le foto del cadavere, come minimo avrebbe dovuto presentare un qualche schizzo di sangue sugli abiti) che portò all'omicidio per legittima difesa e alla successiva fuga dal luogo, con immediato arresto per eccesso di velocità. La versione di oggi, più credibile, è che, sceso dalla macchina Pelosi, l'auto fu circondata da un gruppetto di tre o quattro persone, di cui uno si staccò dal branco per tenerlo fermo e minacciarlo, Pasolini estratto a forza dagli altri e malmenato fino all'incoscienza. La morte fu determinata dal passaggio dell'auto dello stesso Pasolini, guidata da Pelosi terrorizzato, sul corpo steso a terra del poeta. Un caso, un malaugurato incidente. Probabilmente Pasolini sarebbe morto ugualmente, perché aveva una forte emorragia cerebrale in corso, delle lesioni gravissime in tutto il corpo, comunque, per non rimanere nel dubbio, ci fu anche questo passaggio dell'auto che gli fece letteralmente esplodere il cuore per compressione della gabbia toracica. I processi diedero ragione al Pelosi che finì in carcere per nove anni. Si parlò subito di omicidio politico; di omicidioa sfondo sessuale; di omicidio per intolleranza verso un omosessuale; di omicidio perché Pasolini era una voce forte e scomoda e ci si accontentò di un ragazzino impaurito, senza cercare i mandanti, nonostante gli intellettuali di destra e sinistra chiedessero a gran voce la verità. Oggi Pelosi dichiara che, mentre assisteva al linciaggio, sentiva chiaramente il branco gridare “Porco comunista!” e la Procura di Roma riapre il caso. Allora vale forse la pena rileggere alcune righe del poeta, perché il ragionevole dubbio che la Verità e la matrice dell'omicidio siano sempre state da cercare nella sua opera di denuncia è forte. Il processo Dunque: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione con la CIA, uso illecito di enti, come il SID, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacità di punirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell'Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani (responsabilità. questa, aggravata dalla sua totale inconsapevolezza), responsabilità della condizione, come si usa dire, paurosa delle scuole, degli ospedali e di ogni opera pubblica primaria, responsabilità dell'abbandono «selvaggio» delle campagne, responsabilità dell'esplosione «selvaggia» della cultura di massa e dei mass media, responsabilità della stupidità delittuosa della televisione, responsabilità del decadimento della Chiesa, e infine, oltre a tutto il resto, magari anche distribuzione borbonica di cariche pubbliche ad adulatori. [...]  L'immagine di Andreotti o Fanfani, di Gava o Restivo, ammanettati tra i carabinieri, sia un'immagine metaforica. Pier Paolo Pasolini, da “Il Corriere della Sera”, 24 agosto 1975.