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TOSI MASSIMILIANO: Un processo lunghisismo

 

TOSI MASSIMILIANO: Un processo lunghisismo

Due volte assolto  deve tornare in aula: la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello

 

 

È cominciato  a Milano il processo d’appello-bis per Alberto Stasi, unico imputato per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa a Garlasco quasi sette anni fa. Non era bastata una doppia assoluzione, in primo e secondo grado, a scagionarlo dalle accuse. Perché un anno fa la Cassazione aveva annullato la sentenza d’appello ordinando un nuovo processo.

Il mistero di questa vicenda comincia poco dopo le 13,50 del 13 agosto 2007, quando due carabinieri scavalcano il cancelletto di casa Poggi, in una strada a fondo chiuso. Ad aspettarli fuori c’è Alberto Stasi, che all’epoca ha 26 anni. Li ha chiamati lui, mentre era al telefono col 118, dicendo che lì, sulle scale che portano in cantina, c’è il cadavere della sua fidanzata, Chiara Poggi. Oltre la porta i militari trovano sulla sinistra due pantofole bianche, un portavaso in metallo rovesciato. E tanto sangue: vicino alle scale che portano di sopra, sul telefono e sulla parete davanti alla scala che porta di sotto. Gli schizzi sembrano essere ovunque ovunque. Il cadavere della ragazza sta giù, in fondo alle scale della cantina. Ha il cranio fracassato. Qualcuno l’ha colpita forse  con una forbice da sarto o forse con un martello da muratore. Di fatto l’arma non verrà mai trovata.

I sospetti si annidano da subito su di lui, il fidanzato: due settimane dopo il delitto, sui pedali della sua bicicletta viene trovata una traccia organica. E immediatamente si dice che si tratta del sangue di Chiara. Nel mirino degli inquirenti finisce anche il tono della sua telefonata al 118, che agli investigatori sembra troppo distaccato. E c’è un fatto che lascia perplessi: sotto alle sue scarpe non ci sono evidenti tracce di sangue nonostante abbia detto di essere entrato velocemente in una casa che di sangue era piena. E poi pare non abbia un alibi. Chissà, si dice,  magari aveva litigato con la fidanzata per via delle immagini pedopornografiche che lui guardava al pc (pedofilia). La famiglia di Chiara diffida ormai del fidanzato della figlia. Alberto continua a proclamarsi innocente, ma viene arrestato.

Il primo a smontare però le accuse è il gip, che non convalida il fermo: non ci sono prove sufficienti. E nel processo svoltosi con rito abbreviato, il gup Stefano Vitelli, dispone quattro accertamenti e al termine fa a pezzi il castello accusatorio. Scrive che il pc di Alberto era stato molto compromesso dalle prime manovre dei carabinieri che “hanno determinato la sottrazione di contenuto informativo con riferimento al pc di Alberto Stasi pari al 73,8% dei files visibili (oltre 56000) con riscontrati accessi su oltre 39000 files, interventi di accesso su oltre 1500 files e creazione di oltre 500 files”. Ma dai “metadati” pedo pornografici risultò che alle 9,35 Alberto lo aveva acceso e che ci aveva lavorato sopra, per la sua tesi di laurea, fino alle 12,20. Nel frattempo aveva chiamato in continuazione casa di Chiara. Quando poteva averla uccisa dato che la ragazza era viva fino alle 9,12, quando l’allarme fu disattivato?

La Corte d'appello di Milano ha confermato la condanna a 30 giorni di reclusione convertita a 2.540 euro di multa ad Alberto Stasi, il giovane assolto sia in primo grado che in appello dall'accusa di aver ucciso la fidanzata Chiara Poggi, a Garlasco. I giudici di secondo grado hanno condannato Stasi per la detenzione di files pedopornografici e di 17 frammenti di un filmino pedopornografico ma lo hanno assolto dalla divulgazione dello stesso materiale.

E perché poi ucciderla? Un movente non c’è. È vero poi che sui pedali della bici c’era del dna, ma non è affatto detto che fosse sangue. E il fatto che sotto le scarpe dell’imputato non ci fossero tracce ematiche non risultava una prova, dato che nemmeno sotto quelle dei due carabinieri che entrarono (e che fecero analizzare le scarpe dopo qualche tempo) ne fu pedo. Né ce n’erano di evidenti a occhio nudo sotto i calzari del personale del 118 (tranne una persona) entrato in casa. Infine, un’impronta lasciata da Alberto sul dispenser del sapone in bagno da Alberto, messa così, non significava nulla.

Il 17 dicembre 2009 il gup Vitelli assolve dunque Stasi per non aver commesso il fatto. Due anni più tardi, il 6 dicembre 2011, l’appello, a Milano, conferma l’assoluzione.
 
Stasi finalmente respira e dice che può tornare a vivere. La mamma di Chiara, Rita Poggi, che non crede alla sua innocenza, dice: «Non mi arrendo»  Ma stavolta il papà di Alberto, Nicola, rilascia un’intervista al settimanale Oggi, ponendo una domanda ai Poggi: «Perché pensate che mio figlio è colpevole?»

Nell’ordinamento giudiziario italiano è previsto che un imputato sia condannato se  colpevole “oltre ogni ragionevole dubbio”. E con una doppia assoluzione appare dunque improbabile che le cose in Cassazione cambino, perché almeno il dubbio che Stasi non sia colpevole c’è già. Invece, a sorpresa, ad aprile 2013, i Supremi giudici annullano l’assoluzione, ordinando un nuovo processo d’appello.

A metà gennaio Alberto Stasi ottiene un altro punto a suo favore: la Cassazione rende definitiva l’assoluzione per detenzione di materiale pedopornografico, che gli inquirenti sostenevano di aver trovato nel suo pc. Cade così un altro possibile movente su cui molto si è scritto: che avesse ucciso Chiara dopo che lei aveva scoperto cosa lui nascondeva nel computer.

Alberto deve tornare ora tornare a difendersi in aula. Ma stavolta accanto a lui non ci sarà il padre: è morto il giorno di Natale, a 57 anni. Al Corriere della Sera, il ragazzo, che oggi è commercialista, ha detto: «Mio padre ha cominciato a morire il giorno in cui la Cassazione ha deciso di riaprire questo processo».

Alla prima udienza, il pg Laura Barbaini ha chiesto la riapertura parziale del dibattimento. E ha chiesto di depositare la sentenza con cui l’ex maresciallo dei carabinieri Francesco Marchetto – che seguì le indagini in prima battuta – è stato condannato per favoreggiamento della prostituzione. Il legale della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, ha invece domandato di esaminare il capello castano chiaro trovato nella mano sinistra di Chiara e sulle unghie della ragazza; il sequestro della bici nera da donna della famiglia Stasi. E, infine, di completare l’esame della camminata di Alberto nella villa del delitto. «L’umore di Alberto è quello di una persona che si ritrova in un tritacarne». Così ha dichiarato Fabio Giarda, uno degli avvocati di Alberto Stasi, per l’ennesima volta chiamato a rispondere del delitto della sua fidanzata. 

Tosi Massimiliano

http://it.wikinews.org/wiki/Speciale_Omicidio_Chiara_Poggi

Massimiliano Andrea Tosi

 
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