IT’S THE ECONOMY, STUPID!
La durezza intrinseca delle cose e dei fatti, a quanto pare, può ancora offrire resistenza agli slogan, alle costruzioni ideologiche ed alle sparate propagandistiche.
Anche lo sforzo congiunto di una presidenza degli Stati Uniti e di una enorme massa di sostenitori acritici e creduloni, alla fine, cozza con la realtà.
È quanto sta accadendo a Donald Trump: i suoi roboanti annunci di dazi sulle importazioni negli Usa hanno dapprima incontrato le critiche degli economisti, quindi quelle degli esperti e degli addetti ai lavori della finanza ed infine quelle degli industriali tra i quali, incredibile a dirsi, i dirigenti della Tesla, l’azienda di Elon Musk, che hanno chiaramente detto alla Casa Bianca che i dazi avrebbero affossato definitivamente la casa costruttrice, già in crisi anche per il boicottaggio di moltissimi consumatori in odio a Musk.
Ma, soprattutto, la Borsa americana e, di già, l’economia reale del Paese hanno detto chiaramente che, così, non si migliora la vita di nessuno ma, anzi, si riaccenderà l’inflazione dei prezzi, perché si cercherà di scaricare sui consumatori l’aumento di ogni merce importata, facendo pagare, di fatto, i dazi agli acquirenti finali.
Insomma, un disastro. Incredibile a dirsi, anche Trump lo ha capito: infatti ha smesso di annunciare e smentire tasse d’ingresso a questo e quello, a giorni alterni. Qualcuno lo ha (forse) finalmente convinto che così provoca solo guai e fa crollare i mercati finanziari. Infatti ieri ha confermato il 25 % di tassi sulle auto importate negli Stati Uniti, forse giusto per non perdere completamente la faccia, ma ha messo in stand by la maggior parte degli altri dazi minacciati.
Non c’è niente di strano o di nuovo, in questo: resta solo il continuo, sbigottito stupore che gli effetti deleteri di una politica fatta di annunci di misure assurde siano chiari a tutto il mondo tranne che al cerchio magico dei trumpiani.
“It’s the economy, stupid!”: è l’economia, stupido, come recitava un fortunato slogan clintoniano contro Bush senior per il quale ultimo, oggi, proviamo una nostalgia infinita. Non sapendo che cosa sarebbe diventato il Partito Repubblicano americano con Trump, non ci siamo resi conto, all’epoca, che Bush senior era non solo enormemente superiore a quello che sarà il figlio, ma addirittura a distanze siderali dal presidente attuale, sembrando davvero uno statista gigantesco.
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