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IL MITO TRASVERSALE DI ENRICO MATTEI

Post n°2224 pubblicato il 11 Settembre 2025 da massimocoppa
 

IL MITO TRASVERSALE DI ENRICO MATTEI
Ieri il “Corriere della Sera” ed il “Sole 24 Ore” puntavano l’attenzione su un’opera ciclopica realizzata dall’impresa italiana Webuild in Etiopia: una gigantesca diga, finanziata interamente dal governo etiope, il cui nome è “Gerd”, acronimo di “Grand Ethiopian Renaissance Dam”, cioè “Diga del grande rinascimento etiopico”.
Tuttavia a quelli che, come me, soffrono di reflusso gastroesofageo clinicamente diagnosticato, quest’acronimo ricorda proprio il nome di questo disturbo, perché da alcuni anni è ufficialmente denominato “gastro-esophageal reflux disease”: “Gerd”, appunto...
Ma non divaghiamo.
Nelle parole consegnate al “Corriere” dall’amministratore delegato Pietro Salini, “l’opera permetterà di raddoppiare la capacità energetica del Paese, rendendo possibile l’esportazione di energia verso Sudan, Gibuti, Tanzania e Yemen. Si tratta di un progetto che risponde a una doppia esigenza: garantire l’accesso all’elettricità a quasi 130 milioni di persone e permettere lo sviluppo industriale, in secondo luogo la nuova diga trasforma l’Etiopia in un hub energetico per l’intera regione dell’Africa orientale. Si aggiunga che il nostro intervento non si è limitato alla diga: abbiamo costruito un ecosistema fatto da villaggi per 10 mila persone, scuole, ospedali, ponti, strade e una pista d’atterraggio. Abbiamo, insomma, portato infrastrutture e competenze in una delle regioni più remote del continente, dove prima c’erano soltanto strade sterrate e villaggi isolati. È un’eredità concreta che va oltre la diga”. E ancora: “È un’opera colossale. Abbiamo deviato il corso del Nilo Azzurro e costruito due dighe che formano un bacino lungo 172 chilometri, con strutture per la gestione controllata delle acque. Il progetto ha richiesto due grandi cantieri in un’area completamente priva di infrastrutture, dove hanno lavorato 25 mila persone, locali e italiani”.
Salini, su precisa richiesta di quale connessione ci possa essere con il cosiddetto “Piano Mattei”, ha anche affermato che “il Piano Mattei è una strategia concreta per costruire partenariati paritari con i Paesi africani. La recente visita della premier Meloni ad Addis Abeba ha sottolineato l’importanza dell’Etiopia come partner strategico nel Corno d’Africa. Il progetto Gerd, iniziato nel 2011, è in linea con gli obiettivi del Piano: portare acqua, energia, sanità e infrastrutture dove servono, con investimenti che generano sviluppo reale, perciò il coinvolgimento delle imprese italiane risulta strategico”.
In tutta franchezza, al di là delle suggestioni evocate dal nome del grande Enrico Mattei, spesso mi sono chiesto in cosa consista, CONCRETAMENTE, questo piano. Ma devo dire che ancora oggi, pur essendo io un lettore professionale di giornali, non l’ho capito. Sarà un mio limite.
Sul sito del governo italiano si legge che “il Piano Mattei per l’Africa è un piano di interesse nazionale varato dal Governo italiano con l’obiettivo di imprimere un cambio di paradigma nei rapporti con il Continente africano e costruire partenariati su base paritaria, superando la logica donatore-beneficiario e generando benefici e opportunità reciproche. Il Governo ha illustrato alle Nazioni africane l’impianto, i principi generali e le possibili aree di cooperazione in occasione del Vertice Italia-Africa del 29 gennaio 2024, che si è svolto per la prima volta al rango di Capi di Stato e di Governo. All’iniziativa hanno partecipato i rappresentanti di 46 Nazioni africane, oltre 25 Capi di Stato e di Governo, i tre Presidenti delle Istituzioni europee e i vertici delle Nazioni Unite, dell’Unione Africana, delle Organizzazioni internazionali, delle Istituzioni finanziarie e delle Banche multilaterali di sviluppo”.
Il futuro ci dirà se sono solo parole o se ci sia anche qualcosa di effettivamente concreto per l’Africa e per l’Italia.
Comunque sia, tutto quanto appena detto è solo la premessa per quello che voglio far notare: e cioè che a distanza di oltre sessant’anni è teoricamente ancora valido ed operante il controverso fascino di Enrico Mattei.
Innanzitutto domandiamoci: perché mai il governo italiano, di centro-destra, con una presidente del consiglio ex missina (per non dire ex neofascista), ed un partito, Fratelli d’Italia, che è appunto l’erede di Alleanza Nazionale e, quindi, del Movimento Sociale Italiano, ha scelto la figura di Mattei per battezzare una linea d’azione verso il continente africano?
Ma Mattei non era un mito della sinistra?
Sì, lo era. Dal punto di vista culturale ed emotivo il Partito Comunista se ne appropriò, seguito dai suoi eredi. Basterebbe ricordare il film a lui dedicato, “Il caso Mattei” di Francesco Rosi, con uno strepitoso Gian Maria Volonté.
Ma Enrico Mattei non era comunista, e nemmeno un uomo di sinistra. Fu partigiano, ma “bianco”: era cioè un partigiano cattolico, e successivamente confluì nella Democrazia Cristiana, di cui fu anche parlamentare.
Tuttavia era, innanzitutto, un patriota. Per risollevare l’Italia dalla dipendenza energetica dall’estero se ne inventò di tutti i colori: trapanò con l’Agip la Pianura Padana alla ricerca del metano, e lo trovò. Stipulò un clamoroso contratto petrolifero con l’Unione Sovietica ma, soprattutto, strinse partnership paritarie con Paesi africani e del Medio Oriente, pur di ottenere con la leggendaria ENI petrolio e gas e rompere l’asfittico abbraccio con le multinazionali americane ed inglesi dell’energia, le cosiddette “Sette Sorelle”. Le quali, secondo una vulgata che resiste ancora oggi (parzialmente confermata da recenti sentenze della magistratura), non lo perdonarono mai, sabotandone il jet privato e provocandone la caduta nei pressi di Bascapè, in provincia di Pavia, dove morì nel 1962 insieme al pilota e ad un giornalista americano.
Certo, nella sua vita ci furono anche ombre: fu praticamente fra i fondatori del finanziamento occulto ai partiti ed esercitava pressioni col giornale foraggiato dall’ENI, “Il Giorno”. Fu dunque un disinvolto utilizzatore di fondi pubblici con metodi discutibili e poco trasparenti. Ma era la sua visione complessiva dei problemi ad essere giusta ed a determinarne i fini, che erano sempre quelli del sostegno all’indipendenza energetica ed economica dell’Italia. Per questo, forse, oggi piace anche alla destra. Per essersi messo contro lo strapotere americano piacque anche alla sinistra. Per trattare i Paesi petroliferi come partner e non come subordinati, come invece facevano le “Sette Sorelle”, piacque al cosiddetto “Terzo Mondo” e trovò sempre porte aperte in quei luoghi.
Come si vede, oggi Enrico Mattei è un mito trasversale: anche se forse non piace più tanto alla sinistra, visto che, dopo essersi essa stessa appropriata del personaggio, oggi lo fa anche un governo politicamente opposto.

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