Massimo Coppa

Gli Stati Uniti fanno la voce grossa con la Siria, ma ne farebbero volentieri a meno


L’inconfessabile segreto del mondo occidentale: visti i precedenti, meglio il regime laico di Assad ad un’altra vittoria degli estremisti islamici…GLI STATI UNITI FANNO LA VOCE GROSSA CON LA SIRIA, MA NE FAREBBERO VOLENTIERI A MENO
La determinazione con la quale gli Stati Uniti intendono “dare una lezione” al regime siriano è solo apparente.L’inconfessabile segreto condiviso dalla superpotenza americana e dal mondo occidentale è che, in realtà, dopo quanto accaduto in Egitto, la dittatura di Assad, per quanto odiosa, sembra preferibile ad una vittoria dei ribelli che, in estrema sintesi, sono estremisti islamici ampiamente infiltrati da Al Qaida.La parentesi democratica egiziana, e la terribile delusione che ne è seguita, ripropongono un vecchio problema: la democrazia è possibile in Medio Oriente? A partire dagli anni Ottanta del Novecento, dovunque si sia votato liberamente il risultato è stato che i partiti islamici sono andati al potere. Questo ha comportato risultati inaccettabili per la coscienza contemporanea, e successivamente si è dovuto applaudire all’intervento dei militari e dell’establishment filo-occidentale che, per debellare la deriva verso la legge islamica, ha praticamente dovuto chiudere l’esperimento democratico. Cosa, però, che non è stata sempre possibile e che, comunque, indubbiamente ripugna alla coscienza di ogni sincero democratico. Tuttavia questi sono i fatti.Questo schema si è ripetuto quasi sempre uguale, a partire dall’Algeria, dove l’estremismo islamico è stato represso a suon di decine di migliaia di morti: prova generale di cosa accade quando un partito islamico va al potere. La Libia di Gheddafi era preferibile all’anarchia estremista che c’è adesso in quel Paese, rendendolo un buco nero situato proprio di fronte alle coste italiane. Quando, nel 2006, nella Striscia di Gaza si è votato liberamente, ha vinto Hamas: vale a dire, ancora estremisti islamici. La fine della dittatura di Mubarak in Egitto ha portato ancora gli islamici al governo: hanno dato vita ad una serie di iniziative inaccettabili che, dopo un anno, li ha resi invisi alla maggioranza degli egiziani, i quali hanno letteralmente applaudito al recente
colpo di Stato militare. Un paradosso che fa comprendere come un partito confessionale che conquisti la maggioranza porti con sé, fatalmente, il pericolo della fine della libertà individuale. Si è fatta una guerra per “liberare” l’Iraq dal laico Saddam Hussein, grande nemico dei militanti islamici, con la conclusione che gli sciiti, maggioranza della popolazione, ora hanno il potere e che, già solo per questo, hanno spostato il Paese verso l’Iran e, quindi, contro tutti i valori della democrazia rappresentativa occidentale.Ma perché la gente, quando può, vota per i partiti islamici? Persino in Afghanistan le simpatie per i talebani sono tornate altissime. Questo è un aspetto da chiarire. In realtà succede perché si aderisce ad un voto di protesta: Hamas vinse a Gaza perché la gente era stufa della corruzione di Al Fatah, la formazione erede di Arafat; in Egitto si rigettò l’ipotesi di un potere che, dopo trent’anni, si preparava a passare di padre in figlio, creando di fatto una dinastia. Quindi, quando si vota per una forza politica di ispirazione religiosa si intende rigettare le vecchie forze politiche, laiche ma corrotte, e dare forza a persone che si presentano come oneste, pure, devote, ed oltretutto impegnate in una estesa rete di assistenza sociale e di carità verso i bisognosi. Però il rovescio della medaglia è che, poi, questi partiti vogliono imporre la legge islamica, realizzando il vecchio precetto dell’Islam: una religione, cioè, che si mischia con il governo dello Stato e con la libertà delle persone. Una cosa che, di fatto, accadeva anche con il Cristianesimo: ci sono voluti secoli di lotte, rivoluzioni e teorizzazioni per confinare Cristo solo nel cuore delle persone, e per separare lo Stato dalla Chiesa. Questo, nell’Islam, a livello teorico ancora non è successo: ed è la
vera tragedia irrisolta di questa religione, che mischia potere temporale e potere spirituale.Con queste premesse e questi esempi recenti, le capitali occidentali hanno considerato che, tutto sommato, il potere laico degli alauiti siriani è preferibile all’ennesima vittoria dei musulmani combattenti: che certo non porterebbe alla democrazia, visto che il potere verrebbe conquistato dopo 28 mesi di sanguinose battaglie.Purtroppo Damasco ha commesso l’incredibile errore di usare le armi chimiche, provocando una strage di bambini. Il mondo non può far finta di niente: grandissima ipocrisia, perché se i bambini fossero morti “accidentalmente” sotto un bombardamento con armi convenzionali le reazioni sarebbero state più blande.Per questo motivo Washington, di certo, non vuole impegnarsi in una vera guerra, in un’invasione: per salvare la faccia darà solo una lezione a Damasco usando i missili e, forse, qualche incursione aerea. Ma senza esagerare, perché se il clan degli Assad cade, allora anche la Siria diventerà uno “Stato fallito” dove il terrorismo islamico troverà una solida base nel cuore del Medio Oriente.