Massimo Coppa

Il “NO” greco è una ribellione nel nome della dignità


Adesso temo la reazione mortale dei “creditori”IL “NO” GRECO È UNA RIBELLIONE NEL NOMEDELLA DIGNITÀ
Una volta tanto l’aggettivo “storico” non sarà sprecato: la Grecia ha effettivamente compiuto una scelta storica nel referendum sull’Austerity, dicendo “NO” alla dittatura dei bilanci in pareggio, “NO” ad un’Europa a trazione tedesca, “NO” a politiche economiche che la stanno strangolando.In queste ore si stanno versando fiumi di inchiostro e di bit per commentare quanto accaduto. È difficile che io possa aggiungere qualcosa di originale. Però vorrei notare che la questione oscilla tra due poli: tecnicismi esasperati che in pochi possono capire, e diatribe ideologiche e demagogiche.Innanzitutto è onesto precisare che ai greci non è stato formulato un quesito chiaro ed univoco, tant’è vero che il governo di Atene può ancora olimpicamente (è proprio il caso di dire) affermare – contro ogni premessa – che non è detto che la Grecia uscirà dall’euro. Figuriamoci, quindi, cosa possano aver capito gli elettori greci, già frastornati da una crisi che li tormenta da anni e che ormai ha raggiunto punti drammatici!Diciamo che questa consultazione è stata impostata su principi ideologici, e come tale i greci l’hanno percepita. Che cosa, dunque, ci dice l’esito del referendum? Ci dice che il popolo greco rivendica con forza il diritto ad un’esistenza dignitosa, che non sia quella di uno scolaro messo continuamente sotto esame da maestri lontani e con la puzza sotto il naso; ci dice che l’economia ed il denaro devono tornare a servire gli esseri umani, e non devono essere questi a sottostare alla schiavitù del denaro; ci dice che il capitalismo ed il mercato non sono una condizione storica eterna ed inevitabile, ma che possono e devono essere superati in nome di un superiore ideale umano; ci dice che il governo attuale e, soprattutto, i giovani greci non hanno alcuna colpa se, negli anni passati, gli aiuti sono stati dilapidati; ci dice che si vuole ripartire da zero.Questo, naturalmente, non dovrebbe significare che i debiti non saranno onorati: persino l’Italia ha crediti verso la Grecia per 35 miliardi di euro! Però bisognerà analizzare come questi debiti siano stati contratti: a nessun governo dovrebbe essere consentito di accettare condizioni-capestro impossibili da onorare.A questo punto ci vorrà un passo in avanti da parte di tutti: la Grecia dovrà impegnarsi a restituire i prestiti, ma i creditori dovranno accettare tempi lunghi ed una restituzione parziale, magari senza interessi. Di bilancio in pareggio, ovviamente, non se ne dovrà più parlare, ed anzi questa fissazione del 3 % del rapporto tra debito e PIL dovrà essere abbandonata da tutti.Bisognerà di nuovo ricorrere alla spesa pubblica, ovviamente senza farla andare fuori controllo, per promuovere crescita, occupazione, domanda. Bisogna tornare alle politiche keynesiane, insomma, ad un’economia che metta al centro non un astratto bilancio, ma il benessere e la dignità delle persone.La mia paura è che questo interessante e rispettabilissimo esperimento greco sarà sabotato a tutti i livelli; temo che l’Unione Europea germanocentrica, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale ed i cosiddetti “poteri forti” faranno di tutto per distruggere la Grecia, così da poter poi dire: “Avete visto? Quegli stupidi irresponsabili hanno combinato solo guai”, mentre sarebbe più corretto dire: “Avete visto? Hanno pensato di mettere in discussione la nostra autorità mondiale e noi li abbiamo puniti come si deve. Sia di esempio a tutti”.