Massimo Coppa

Da quarant’anni Pier Paolo Pasolini manca all’Italia


DA QUARANT’ANNI PIER PAOLO PASOLINI MANCA ALL’ITALIA
Nella notte tra il primo ed il 2 novembre del 1975, or sono dunque esattamente 40 anni, Pier Paolo Pasolini moriva di morte violenta nello squallidissimo scenario dell’Idroscalo di Ostia. Concludeva così, con una morte incredibilmente simbolica, che trascendeva la volgarità delle apparenze, una vita tutta spesa all’insegna della poesia, della lotta politica, della passione. Io sono cresciuto nel mito di Pasolini: quando morì avevo solo sei anni, ma la mia povera madre ne era una grande estimatrice (pur non essendo simpatizzante della sinistra o del Partito Comunista), e guardava con purezza alla figura di quest’uomo; considerandone cioè la statura intellettuale e morale, non la sua omosessualità. Oggi, forse, vivere apertamente la propria omosessualità può essere meno impegnativo, drammatico e totalizzante di una volta; ma ai tempi di Pasolini essere omosessuali ed ammetterlo pubblicamente significava avere indubbiamente coraggio ed accettare di essere sempre guardati in tralice da moltissime persone. Crescendo ho studiato Pasolini per conto mio, arrivando a leggerne praticamente tutti gli articoli (riuniti in varie raccolte) ed i principali romanzi, e guardandone alcuni film. Credo che Pasolini sia stato un gigante del pensiero italiano contemporaneo; e la cosa che penso più spesso è che manca a tutti noi (o dovremmo sentirne la mancanza) una mente così lucida, così analitica, una personalità così scomoda e nemica dell’ipocrisia, dell’ortodossia, del perbenismo. Egli era scomodo per tutti: per la Democrazia Cristiana, per la Chiesa, per il potere di ogni ordine e grado; era scomodo perché non controllabile ed imprevedibile. Inoltre non aveva peli sulla lingua e denunciava tutto ciò che non andava: e negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso – come oggi – erano tante le cose che non filavano per il verso giusto. Pasolini fu scomodo anche per la sinistra: del resto fu persino espulso dal PCI, che a posteriori mi sembra un titolo di grandissimo merito. Più di tutti era capace di guardare lontano e precorrere i tempi: vide con chiarezza tutte le contraddizioni e gli scandali del capitalismo, del consumismo, dello sradicamento dalle campagne, dell’inurbazione massiccia; ma vide anche, con decenni di anticipo sugli altri, che il comunismo sovietico era finito, che si era trasformato in dittatura disumana. Quel che è certo è che Pasolini non piaceva al mondo istituzionale: e con questo intendo dire che non piaceva al potere, ma nemmeno alle cosiddette “opposizioni”. Anche in questa circostanza è da ricercarsi la motivazione per cui le indagini sul suo assassinio furono presto derubricate ad un “omicidio fra froci”, e furono superficiali, sbrigative, raffazzonate: un cumulo di negligenze e di omissioni (peraltro così frequenti, un tempo, per i delitti politici) di cui questo Paese dovrà vergognarsi per sempre. E’ assurdo credere alla versione secondo cui un uomo nel pieno della sua maturità, atletico ed in ottima forma, possa essere stato letteralmente massacrato da un ragazzetto minorenne qual era Pino Pelosi (per la verità giudiziaria unico responsabile del fatto). La sua morte ha privato l’Italia di una voce di cui, personalmente, sento il bisogno e che non mi stancherò mai di rimpiangere. Mi domando spesso cosa direbbe di questo Paese, oggi, Pasolini. Mi domando specialmente cosa Pasolini direbbe sull’effimero che oramai comanda e dirige le nostre vite, sul velinismo, sulla televisione spazzatura, sui social network vetrina di ogni vanità, sull’eclissi di ogni valore, sul renzismo.NOTA: cinque anni fa avevo già pubblicato questo post; l’ho ripubblicato adesso, sfrondandolo di qualche passaggio obsoleto ed arricchendolo di qualche dettaglio. E’ un esperimento: mi par vero che, nonostante siano passati altri cinque anni, nulla sia cambiato ma, anzi, tutto sia peggiorato. Mi sbaglio?