Massimo Coppa

Catalogna, gli opposti fanatismi stanno portando al disastro


Che differenza con il referendum scozzese!CATALOGNA, GLI OPPOSTI FANATISMI STANNO PORTANDO AL DISASTRO
In merito a quanto sta accadendo a Barcellona ed in Catalogna, vorrei premettere subito che tutta la vicenda appare nata con opache motivazioni, diverse da quelle ufficialmente propagandate, ed è stata gestita anche peggio: in un modo talmente maldestro da far pensare che sia stato dolosamente voluto. Si ha come l’impressione che i leader politici catalani abbiano forzato la questione per sfuggire ad un calo di popolarità e a diverse inchieste vertenti su gravi ipotesi di corruzione: di aver rilanciato, cioè, e di essere addirittura arrivati a rovesciare il banco, per proseguire nella metafora da casinò, pur di darsi una riverniciata di eroismo. Non può essere valido un referendum che non preveda un quorum minimo di partecipanti, meglio ancora se costituito dalla maggioranza assoluta dei votanti o, addirittura, da una maggioranza ancor più ampia. Una comunità decide di staccarsi da uno Stato e diventare indipendente: non è una cosa da poco, è una scelta storica. Nel contempo, però, il governo di Madrid, con il pugno di ferro applicato nel giorno della votazione dell’abborracciato referendum, ha mostrato davvero insospettabili pulsioni pseudo-franchiste: inspiegabili, dato che il dittatore Franco è morto nel 1975 e la democrazia è pienamente operativa dal 1978; nel frattempo, per ragioni temporali ed anagrafiche, si è avuto un ampio (se non totale) ricambio della classe politica e dei funzionari responsabili dell’ordine pubblico e della gestione delle forze di polizia. Evidentemente, però, non è cambiata la mentalità: forse ha ragione chi ritiene che il franchismo sia uno stato mentale rimasto sotto traccia nel DNA delle autorità spagnole. Sono inaccettabili le scene viste domenica, in questo mondo dove i cellulari con telecamera ed i social network mostrano apparentemente tutto quel che succede. È incredibile la civiltà mostrata dai manifestanti catalani: non c’è stato da parte loro alcun atto di forza, ma solo una resistenza pacifica, non-violenta, come insegnava Gandhi. In compenso la Guardia Civil, in assetto antisommossa, ha preso a manganellate, calci, pugni e spintoni ragazze, persone anziane e manifestanti inermi: complimenti, credevo che queste azioni fossero appannaggio di regimi dittatoriali, non certo di una democrazia e di uno Stato dell’Unione Europea! Che differenza enorme con quanto accaduto in Scozia nel 2014: con grande civiltà ed il consenso di Londra, gli scozzesi hanno avuto modo di scegliere, con un referendum, se restare in Gran Bretagna o diventare uno Stato autonomo. Hanno vinto gli unionisti, ma tutto si è svolto nel migliore dei modi. Perché questo non può accadere in Spagna? Perché si sono scontrati due fanatismi: quello dei maggiori leader indipendentisti catalani e quello dei centralisti madrileni. Ho sempre saputo e constatato di persona che i catalani non si sentono spagnoli, e tecnicamente non lo sono, a partire dalla lingua e dalle tradizioni. La forte autonomia concessa loro potrebbe non essere obiettivamente più sufficiente. Ma solo in questi giorni ho scoperto che non tutti i catalani sono disposti a separarsi da Madrid: per questo ci voleva un referendum organizzato bene, seriamente. Il problema è che il governo centrale non ha mai dato spiragli in questo senso: l’intransigenza di Madrid, alla fine, ha creato una consultazione semi-clandestina che, ovviamente, non ha alcun valore giuridico. E tuttavia non può essere liquidata con la violenza, perché cerca di sopprimere la legittima aspirazione di una comunità che vuole diventare popolo.