Massimo Coppa

Coronavirus, la psicosi fa più vittime della malattia


CORONAVIRUS, LA PSICOSI FA PIU’ VITTIME DELLA MALATTIA
La psicosi da Coronavirus sta facendo più vittime della malattia. Nel momento in cui osserviamo scrupolosamente i precetti dettati dalle autorità e suggeriti dagli esperti, oltre che dal buonsenso, onestamente non vedo l’utilità di torturarsi quotidianamente facendo una full immersion nelle notizie relative alla diffusione del contagio. Ne ho proprio le scatole piene del fatto che, ovunque ci si giri, non si faccia altro che parlare di Coronavirus. Si vede che siamo una generazione che non ha mai patito alcuna difficoltà. Sarei stato proprio curioso di sapere come avrebbero reagito i nostri nonni e bisnonni, che hanno dovuto affrontare due guerre mondiali in venti anni, una dittatura e, ovviamente, la miseria, la fame ed anche la pestilenza (basti pensare alla terribile influenza cosiddetta “Spagnola”). È proprio tipico di una popolazione di privilegiati impazzire di fronte al problema del Covid-19. Ma l’irrazionalità non ha mai aiutato nessuno; anzi, peggiora tutto, perché ci fa perdere lucidità e ci fa commettere errori. Vedo ogni giorno persone che, fino ad ieri, erano quadratissime, ironiche e apparentemente sagge, perdere totalmente la trebisonda. I mass media non aiutano. Giornali, telegiornali, siti Internet d’informazione e, ovviamente, i social network tracimano di notizie sul Covid-19. Specialmente i social sono poi veicolo di diffusione di fake news: notizie talmente assurde da puzzare di falso da cento miglia, ma che vengono totalmente bevute da milioni di persone, che poi si regolano di conseguenza ed assumono atteggiamenti di panico. Anche gli organi di informazione professionali hanno la loro colpa: innanzitutto perché da molti anni, ormai, nel loro DNA c’è la drammatizzazione di ogni notizia, fosse anche l’arrivo di un acquazzone. Già Bertolt Brecht ammoniva che “in tutta evidenza, i giornali non sanno distinguere un incidente di bicicletta dal crollo di una civiltà”. Quella che gli studiosi delle comunicazioni di massa chiamano “dramatis personae” è diventata la normalità per i media, che vogliono attirare lettori e spettatori. Anche la titolistica non aiuta: i titoli sono sempre ad effetto e, devo dire, spesso non rispecchiano per niente il contenuto dell’articolo o del post, che è magari molto meno grave. Siccome, poi, da almeno vent’anni, la scuola e l’università italiane sono morte, ecco che la maggior parte delle persone è priva degli strumenti critici e culturali per valutare obiettivamente le situazioni. In un Paese dove assume proporzioni enormi l’analfabetismo secondario (cioè l’incapacità di comprendere un testo scritto anche di media complessità) e dove si figura agli ultimi posti nel mondo per numero di libri letti all’anno, si diventa preda di ogni refolo di sciocchezza. Un popolo dove la “prevalenza del cretino” è realtà da anni (come insegnavano Fruttero & Lucentini) non può avere alcuna speranza di fronte a qualsiasi problematica, figuriamoci di fronte ad un problema grave e sfuggente quale può essere un virus. Neanche le autorità hanno le idee chiare: basti pensare alla querelle sull’attività sportiva all’aperto. Il governo dice che si può fare; la Regione Campania no. È chiaro (almeno per chi conosce gli elementi base del diritto, e specialmente la gerarchia delle fonti normative) che un presidente di Regione non può emanare una norma più restrittiva di quella del governo su un tema relativo alle libertà personali; ma non solo l’ordinanza resta vigente, per quanto il governo ha appena dichiarato che, tutto sommato, forse la Campania ha pure ragione e si pensa di estendere a tutta Italia quest’altro divieto. Come se fare attività fisica non fosse, per molte persone, un’esigenza di salute! Basti pensare ai diabetici, agli ipertesi, agli obesi… In conclusione: siamo diventati un popolo ignorante, credulone, vigliacco ed irrazionale. Un poker di qualità che non ci aiuterà per niente ma, anzi, ci danneggerà profondamente.