Massimo Coppa

Un fratello morto ed un altro grave in una casa stracolma di libri e la cosa mi turba non poco...


UN FRATELLO MORTO ED UN ALTRO GRAVE IN UNA CASA STRACOLMA DI LIBRI e la cosa mi turba non poco...
Sul “Mattino”, quotidiano di Napoli, del 18 giugno, nelle pagine delle notizie provenienti dalla provincia, mi è balzato all’occhio un evento luttuoso successo a Pozzuoli.Un uomo anziano è morto e la salma è stata scoperta in stato di avanzata decomposizione. Non è una notizia così inusuale: nell’anomia e nella solitudine del mondo moderno succede, anzi, abbastanza spesso di venire a conoscenza di vite che si spengono in solitudine e nella generale indifferenza degli altri.Ma questa volta il caso è veramente particolare.Il cadavere era incastrato tra una libreria ed una parete. Poco lontano i soccorritori, chiamati dai vicini di casa a causa del puzzo fortissimo, hanno trovato un altro anziano, fratello del defunto, a cui aveva cercato di prestare soccorso restando a sua volta intrappolato.Per sette giorni il sopravvissuto non ha mangiato, né bevuto, impossibilitato a muoversi a causa degli spazi ristretti.I soccorritori hanno dovuto farsi strada in un inferno perché i due fratelli, che vivevano soli ed erano entrambi affetti da varie patologie, erano degli accumulatori compulsivi… di LIBRI!La casa era stracolma di libri, sistemati dovunque: non solo, cioè, nelle librerie (loro luogo deputato), ma anche sui mobili, per terra ed in ogni dove. Per raggiungere il fratello agonizzante e l’altro morto i sanitari del 118 hanno dovuto spostare libri per venti minuti!Perché questa notizia mi ha colpito? Innanzitutto per la natura dell’oggetto accumulato compulsivamente: mai mi era capitato di sentire che si trattasse di libri. Chissà qual era, esattamente, la molla di questa passione portata all’estremo? Li leggevano anche, questi libri?La cosa ha riflessi profondi sulla mia psiche, e per vari motivi.Innanzitutto, io stesso vivo in una casa rimpinzata di libri (e dischi), anche se, per fortuna, ci si può muovere ancora al suo interno (in realtà molto poco, nella mia stanza). Sono un bibliofilo, o forse un bibliomane o un bibliofolle: non l’ho capito ancora, ed in verità non desidero interrogarmi approfonditamente sulla questione.Non ho figli, per cui talvolta mi sento angosciato all’idea della fine che farà la mia biblioteca quando io sarò morto. Beninteso, avere dei figli non è garanzia di conservazione: spesso sento di splendide raccolte svendute o mandate al macero dagli eredi.Arturo Pérez-Reverte, nel romanzo “Il club Dumas”, da cui è stato tratto il film “La nona porta”, con Johnny Depp, attribuisce al protagonista del libro, Lucas Corso, un cinico e spietato cacciatore di libri antichi, la consapevolezza, dovuta all’esperienza, “che, alla morte di un bibliofilo, ventiquattr’ore dopo che era uscito di casa il feretro, se ne andava anche la biblioteca”. Cioè, ci pensa già la vedova a fare piazza pulita, figuriamoci i figli…Per questi motivi, il fatto accaduto agli anziani fratelli di Pozzuoli mi ha turbato, ma anche affascinato. Trovo che ci sia poesia nel fatto che si possa essere accumulatori compulsivi di libri: mi sembra una cosa così strana, così fuori dal tempo e dal mondo attuali, che provo tenerezza per questo disordine mentale, forse anche perché riconosco in me un germe della follia di questi poveri cristi ed avverto i prodromi della solitudine intensa che caratterizzerà la mia vecchiaia (ove mai ci arrivassi), come ha contrassegnato la loro. Li sento, insomma, oscuramente fratelli alla mia modesta e nevrotica persona.