Massimo Coppa

Il Mossad uccide, il giornale celebra vendendo magliette di propaganda


Incredibile in Israele: un Paese “occidentale” e democratico, non una plaga di talebaniIL MOSSAD UCCIDE, IL GIORNALE CELEBRA VENDENDO MAGLIETTE DI PROPAGANDA
L’uccisione dell’armiere di Hamas, avvenuta a Dubai ad opera di un commando dei servizi segreti israeliani, ha suscitato nel mondo una polemica che non si è ancora affievolita.Mahmud al-Mabhuh è stato assassinato in albergo il 19 gennaio, in un modo a dir poco tortuoso e spettacolare: soffocato con un cuscino dopo essere stato tramortito con una scossa elettrica.A partecipare all’operazione, evidentemente ritenuta molto importante, sono stati almeno in 26. Molti dei loro volti sono noti, essendo stati ripresi dalle telecamere di sorveglianza dell’albergo, dell’aeroporto e di mezza Dubai (dove il Grande Fratello orwelliano è una realtà): ma di certo gli agenti segreti lo sapevano, e se ne sono disinteressati.Hanno usato documenti contraffatti basati su identità reali di persone inconsapevoli, persino israeliane; e sono passati anche per Roma.I governi di diversi Paesi europei (tra cui Francia, Gran Bretagna e Germania) hanno protestato duramente con gli ambasciatori israeliani, chiedendo conto e ragione dell’uso dell’identità dei propri connazionali. Ma, naturalmente, sono proteste che lasciano il tempo che trovano. Israele è sempre andato dritto per la sua strada, perseguendo quelli che ritiene essere i propri interessi, e solo gli Stati Uniti, talvolta, sono
riusciti a modificare qualche tratto della politica di Gerusalemme, facendo leva sugli aiuti militari ed economici, vitali per lo Stato ebraico.L’operazione di Dubai si è rivelata un’arma a doppio taglio per l’immagine di Israele. Ha confermato la politica delle eliminazioni fisiche degli avversari, cominciata dopo la strage alle Olimpiadi di Monaco del 1972, ed è quindi un indubbio deterrente. Però ha anche attirato su Israele molte critiche dalla comunità internazionale e dall’opinione pubblica mondiale, alienando pure qualche simpatia.È difficile accettare questi metodi da parte di un Paese democratico. Desta sconcerto e stupore che, però, in questo Paese, sostanzialmente occidentale e con istituzioni liberali, sia di fatto accettata la propaganda di azioni violente, omicide, illegali ed immorali, e che addirittura sia consentito inneggiare ad esse. Nella sezione “Store” del sito Internet del quotidiano “Jerusalem Post” (giornale da sempre conservatore ed amico dei “falchi” della politica israeliana) vengono pubblicizzate (con invio anche alla mailing list degli
iscritti) t-shirt del Mossad. E fin qui niente di particolare. Con curiosità ho dato un’occhiata agli articoli: innanzitutto perché ho sempre subito il fascino dei servizi segreti israeliani, e poi perché ci sono sconti del 50 % per gli iscritti della mailing list. Subito, però, mi sono reso conto che questi capi di abbigliamento non sarebbero andati bene, per me: e non perché non ci fosse la taglia giusta (cosa che capita spesso e volentieri, data la mia stazza), ma per la stessa natura delle rappresentazioni che campeggiano sulle magliette e sulle felpe. Accanto alla scritta “Mossad”, in una c’è una pistola, in un’altra un bersaglio. Quindi, si inneggia al lavoro sporco dell’agenzia, all’uso delle armi, agli omicidi mirati. Ma il colmo è la presenza di una maglia che esalta la controversa operazione di Dubai, con tanto di goccia di sangue che scorre da una stella di Davide. Un vero e proprio inno, sfacciato, ad operazioni che, seppur comprensibili in un’ottica di lotta senza quartiere al terrore, quantomeno non dovrebbero ricevere una pubblica promozione; ed a cura di un giornale, poi.