E’ il segno di un disgusto assai diffuso verso il modo italiano di fare politica o è l’ennesima evoluzione di un atteggiamento occidentale che parte dagli anni Settanta?URNE DESERTE, ASTENSIONISMO RECORDSecondo l’istituto di studi milanese “Cattaneo”, se l’affluenza alle urne calasse sotto il 70 % avremmo un serio problema di legittimità e tenuta delle istituzioni democratiche italiane.Bene: il dato alle 22.00 di ieri ci dice che, mediamente, in Italia ha votato il 47 % degli aventi diritto. Dove vivo io, siamo addirittura intorno al 34 %. Percentuali da referendum, insomma…Difficile immaginare che oggi si verifichi un’impennata negli afflussi ai seggi: si vota fino alle 15.00, ma è lunedì mattina, cioè una giornata lavorativa.Che significa, questo? È un dato che si iscrive nella tendenza, documentata già dagli anni Settanta del Novecento, alla disaffezione per il voto e l’impegno politico che si verifica nei Paesi occidentali avanzati (gli Stati Uniti in testa)? O c’è qualcosa di più, qualcosa di tipicamente italiano?La campagna elettorale appena conclusasi, l’ho già scritto, non si è certo caratterizzata per la discussione sui problemi concreti. A nulla è valso che si trattasse di elezioni amministrative locali: non solo non si è parlato della crisi economica, della disoccupazione o della pressione fiscale; non si è discusso nemmeno della sanità, del bilancio degli enti locali, dei servizi, della viabilità. Nulla.Berlusconi ha impostato il tutto come un referendum sulla sua persona, e l’opposizione è stata ben contenta di seguirlo su questa strada.Che vuol dire, dunque, che la gente non è andata a votare? E’ una bocciatura di tutto un modo di fare politica, è il segno di un disgusto talmente forte che non trova sfogo nemmeno nel voto alternativo, di protesta, anche estremo. È un segnale di allarme fortissimo, è una delegittimazione delle istituzioni che, certamente, danneggia innanzitutto il concetto stesso di democrazia partecipativa popolare.
Urne deserte, astensionismo record
E’ il segno di un disgusto assai diffuso verso il modo italiano di fare politica o è l’ennesima evoluzione di un atteggiamento occidentale che parte dagli anni Settanta?URNE DESERTE, ASTENSIONISMO RECORDSecondo l’istituto di studi milanese “Cattaneo”, se l’affluenza alle urne calasse sotto il 70 % avremmo un serio problema di legittimità e tenuta delle istituzioni democratiche italiane.Bene: il dato alle 22.00 di ieri ci dice che, mediamente, in Italia ha votato il 47 % degli aventi diritto. Dove vivo io, siamo addirittura intorno al 34 %. Percentuali da referendum, insomma…Difficile immaginare che oggi si verifichi un’impennata negli afflussi ai seggi: si vota fino alle 15.00, ma è lunedì mattina, cioè una giornata lavorativa.Che significa, questo? È un dato che si iscrive nella tendenza, documentata già dagli anni Settanta del Novecento, alla disaffezione per il voto e l’impegno politico che si verifica nei Paesi occidentali avanzati (gli Stati Uniti in testa)? O c’è qualcosa di più, qualcosa di tipicamente italiano?La campagna elettorale appena conclusasi, l’ho già scritto, non si è certo caratterizzata per la discussione sui problemi concreti. A nulla è valso che si trattasse di elezioni amministrative locali: non solo non si è parlato della crisi economica, della disoccupazione o della pressione fiscale; non si è discusso nemmeno della sanità, del bilancio degli enti locali, dei servizi, della viabilità. Nulla.Berlusconi ha impostato il tutto come un referendum sulla sua persona, e l’opposizione è stata ben contenta di seguirlo su questa strada.Che vuol dire, dunque, che la gente non è andata a votare? E’ una bocciatura di tutto un modo di fare politica, è il segno di un disgusto talmente forte che non trova sfogo nemmeno nel voto alternativo, di protesta, anche estremo. È un segnale di allarme fortissimo, è una delegittimazione delle istituzioni che, certamente, danneggia innanzitutto il concetto stesso di democrazia partecipativa popolare.