Massimo Coppa

Ad un anno dal terremoto l’Aquila resta un cumulo di macerie


Inchiesta della Procura sul “mancato allarme” nonostanteil lavoro del tecnico GiulianiAD UN ANNO DAL TERREMOTO L’AQUILA RESTAUN CUMULO DI MACERIE
Oggi è esattamente un anno dal terremoto che ha devastato l’Aquila.Vorrei che i principali mezzi d’informazione dicessero chiaramente che, a prescindere dai casermoni senza fogne costruiti dal governo per ospitare i senza-tetto, la città è rimasta com’era dopo il sisma: devastata. Non è stato ricostruito NULLA: non è stato sistemato nemmeno un mattone e non sono neanche state rimosse le macerie.Invece, dalla propaganda dell’esecutivo, sembra che super-Berlusconi, insieme a super-Bertolaso, abbia magicamente risolto tutto, donando alla sfortunata città nuova vita.Oggi il quotidiano “Il Fatto” rivela che c’è un’inchiesta della Procura dell’Aquila sul mancato allarme per il terremoto. Si cerca, finalmente, di capire se il tecnico Giampaolo Giuliani avesse ragione. Giuliani aveva messo a punto un sistema basato sulle abnormi emissioni di gas radon che si sprigionano dal sottosuolo in prossimità di un grosso evento sismico. Rilevando enormi anomalie nella fuoriuscita di questo gas, il tecnico aveva ritenuto suo dovere morale e civile lanciare un ragionevole allarme.La vicenda è nota: fu subissato di insulti e minacce dal mondo scientifico ufficiale nazionale e, specialmente, da Bertolaso. Il “Fatto” riferisce che il capo della Protezione Civile, intercettato al telefono mentre parlava con un collaboratore, affermò: “Lo denuncio per procurato allarme e viene massacrato! Fai fare all’Istituto di Vulcanologia un comunicato che quello lì domani verrà  denunciato e con lui gli organi di stampa che riportano queste notizie”.Schiacciato il guastafeste con uno zelo degno di miglior causa, le autorità dormirono il sonno dei giusti. Fino al disastro.Quindi l’ipotesi di reato verte sul fatto che dal “procurato allarme” imputato a Giuliani si passò al “mancato allarme”, con conseguente omicidio colposo e lesioni gravi.